Per il tram a Palermo non bastano 20 anni - QdS

Per il tram a Palermo non bastano 20 anni

Gaspare Ingargiola

Per il tram a Palermo non bastano 20 anni

sabato 08 Novembre 2014

“Presunte anomalie e difformità” sono state evidenziate dall’Autorità nazionale anticorruzione

PALERMO – Consulenze legali da centinaia di migliaia di euro, varianti milionarie, ritardi ed errori tecnici nei progetti, procedure burocratiche anomale. E il Rup dell’epoca, Domenico Caminiti, che decide di autosospendersi dalla carica di direttore generale dell’Amat. È la conseguenza della tranciante relazione sul tram di Palermo stilata dal presidente dell’Autorità nazionale anticorruzione, Raffaele Cantone, che ha fatto emergere, parole sue, “presunte anomalie e difformità” nelle procedure di gestione dell’appalto e di apertura dei cantieri. I fatti emersi sono talmente gravi da averlo convinto a trasmettere le carte alla Procura e alla Corte dei Conti. Tutto questo, proprio quando manca poco più di un anno al termine dei lavori, fissato per dicembre 2015.
L’ITER – La storia del tram del capoluogo ebbe inizio nel 1996 quando il Comune e la Provincia regionale di Palermo sottoscrissero un accordo di programma sul trasporto pubblico che includeva le tre linee denominate Roccella, Leonardo da  Vinci e Calatafimi (quest’ultima spezzettata in seguito in Linea 3A e 3B). Il 30 gennaio 1997 il tram venne ammesso a finanziamento dal Cipe e l’Amat bandì la gara per la progettazione definitiva aggiudicandola l’11 marzo 1998 a un raggruppamento temporaneo d’imprese con cui, il 7 luglio di quell’anno, siglò il relativo contratto per un importo di 1,59 miliardi di lire.
Per i servizi di consulenza, controllo e sorveglianza sulla progettazione il 12 gennaio 1999 l’Amat indisse una seconda gara aggiudicata a un altro raggruppamento temporaneo per un importo di 3,9 miliardi di lire. Il 6 aprile del 2000 l’azienda di via Roccazzo affidò agli avvocati Cacace e Orlando una consulenza legale da 300 milioni di lire per la preparazione della gara. Il 27 dicembre 2002, arrivò l’accordo fra il ministero dei Trasporti, il Comune e l’Amat per l’erogazione delle somme, successivamente modificato nel 2003 e nel 2006. Ma nel gennaio del 2003 ci si accorse che il progetto originario, risalente ormai a cinque anni prima, non era più attuale e andava aggiornato. Nel frattempo, il 6 giugno 2003 Domenico Caminiti venne nominato Rup del progetto. E così, il 29 marzo 2004, una società privata fu incaricata di riprogettare la terza linea e il deposito Roccella al costo di 370 mila euro.
Passò un altro anno e il 4 marzo 2005 il Rup convalidò il progetto definitivo, che nell’arco di una settimana venne approvato in linea tecnica ed economica dal Ministero. Costo stimato: 216 milioni  di euro, più 18 milioni a carico dell’Amat per la manutenzione. Poco prima, a febbraio, il Cda dell’azienda autorizzò Caminiti a stipulare altri tre contratti di consulenza legale per la nuova gara, il successivo contratto e gli espropri. Agli avvocati Armao, Cacopardo e Cacace furono assegnati complessivamente 150 mila euro. La gara venne aggiudicata da un’Ati, composta anche dalla Sis, per 192 milioni di euro più Iva: il 60% a carico di Roma, il 40% su piazza Pretoria, all’Amat la manutenzione. Il contratto fu sottoscritto il 6 giugno 2006, prevedendo una durata dei lavori di cinque anni.
LA VARIANTE – Ma ecco spuntare i primi problemi. Il progetto esecutivo, infatti, non venne presentato dall’Amat nei termini contrattuali stabiliti, ossia marzo 2008. Inoltre, in sede di stesura vennero effettuate numerose modifiche, che si tradussero in varianti sostanziali per un costo ulteriore di 81,8 milioni di euro, in particolare per quanto riguarda lo spostamento dei sottoservizi, compito che però spetterebbe alle aziende che possiedono le reti (l’Amap, gli operatori telefonici, elettrici o del gas, ecc…) ma che venne addossato all’Amat facendo schizzare i costi a 25 milioni di euro contro i 3,6 iniziali. Sta di fatto che l’opera, a quel punto, non valeva più 192 milioni ma 322,5.
A quel punto il Comune decise di intervenire e, sulla scorta di un parere dell’Ufficio Legale, si diede comunque il via ai cantieri, anche se l’Amat, come detto, non aveva ancora presentato il progetto esecutivo con tanto di varianti.
Nel 2011 il Governo capì che qualcosa non quadrava e bloccò i finanziamenti, finché, a dicembre, l’Amat non tirò fuori l’esecutivo. E così si arriva così alla cronaca di questi giorni.
 

 
Ministero tenuto all’oscuro delle scelte effettuate
 
PALERMO – Per il presidente dell’Autorità nazionale anticorruzione, Raffaele Cantone, le varianti non sono “dettagli” ma “migliorie, alcune delle quali, certamente apprezzabili dal punto di vista tecnico, sembrano modificare le originarie soluzioni tecniche previste nel definitivo”.
Ma ci sono anche “errori tecnici” legati a una “carente valutazione dello stato dei luoghi”.
Né il Cda né il Rup avrebbero dovuto autorizzare varianti o pagamenti tenendo il ministero all’oscuro di tutto e per questo viene contestato “il ruolo accentratore e monocratico” dello stesso Domenico Caminiti, “specie nella gestione delle varianti, a causa delle quali l’appalto ha subito ritardi e un notevole incremento di spesa che, in parte, secondo i segnalanti, sarebbero conseguenti a una cattiva progettazione nonché gestione delle problematiche dei sottoservizi e dell’appalto in genere”.
Per Cantone “le numerose criticità” riscontrate nel corso dell’analisi dei documenti discenderebbero dalla scelta di non seguire “la normativa sui lavori pubblici ma la disciplina di cui al Dlgs 158/95”.
Una scelta “dalla quale però non emergono profili di illegittimità” e che si ritiene “ammissibile da un punto di vista giuridico” mentre da un punto di vista tecnico “si rileva che l’applicazione della normativa sui lavori pubblici avrebbe permesso una gestione standard dell’appalto senza avere l’esigenza di dover ideare una peculiare strategia di appalto e predisporre specifiche linee guida, peraltro poste a cura di onerosi consulenti legali esterni”.
Il magistrato, all’interno della relazione, ammette comunque che “le procedure poste in essere hanno garantito l’economicità e l’efficienza nell’esecuzione del contratto e le criticità individuate non hanno comportato pregiudizio per il pubblico erario”.
Tuttavia, non è un caso che l’Amat abbia chiesto in seguito la rimozione di Caminiti dal ruolo di Rup. L’ingegnere era poi diventato direttore generale della partecipata, ma la relazione di Cantone lo ha convinto a farsi da parte, lasciando l’incarico per evitare possibili strumentalizzazioni.
Il sindaco del capoluogo, Leoluca Orlando, ha affermato di aver apprezzato il gesto (“il suo incarico era ormai inopportuno”) e ha assicurato che i lavori procederanno regolarmente.

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