Tremonti il sovietico, viva il posto fisso - QdS

Tremonti il sovietico, viva il posto fisso

Carlo Alberto Tregua

Tremonti il sovietico, viva il posto fisso

martedì 27 Ottobre 2009

La flessibilità aumenta le occasioni di lavoro

La poltrona di Quintino Sella (1827-1884), il non dimenticato ministro delle Finanze del governo Rattazzi, è occupata attualmente e provvisoriamente dal ministro Tremonti, buona intelligenza seppure furbesca. L’interrogativo è perché abbia esclamato urbi et orbi: “Il posto fisso è un valore”? Che cavolo voleva dire, di che valore si tratta, come si combina questa esternazione con l’andamento di tutto il mondo sviluppato verso un mercato flessibile? Un mercato nel quale le porte girevoli consentono una facile uscita dai rapporti di lavoro e un’altrettanta facile entrata?
Non pensiamo per nulla che Tremonti sia diventato sovietico, né memore dei regimi comunisti, i quali prevedevano che tutti i cittadini fossero dipendenti dello Stato, con i risultati disastrosi che tutti conosciamo.
Si è trattata, a noi sembra, di un’uscita demagogica, più per creare turbativa all’interno del Partito democratico, che non per dare un’indicazione politica al popolo italiano.

Prima, Giacomo Brodolini (1920-1969), che fece approvare lo statuto dei lavoratori (legge del  1970), poi Gino Giugni (1927-2009), quindi Marco Biagi (1950-2002) hanno fatto approvare sensibili riforme del mercato del lavoro. Biagi ha inserito il principio della flessibilità che non coincide per nulla con quello della precarietà.
Infatti, in un mercato del lavoro che funzioni, la domanda e l’offerta si debbono equivalere. Per cui, i governi nazionali e regionali, devono creare le condizioni di un equilibrio che consenta a qualunque lavoratore-professionista di cambiare mestiere e a qualunque impresa di cambiare il proprio dipendente.
Si dirà, nel Mezzogiorno queste condizioni non ci sono. Chi è dentro un posto di lavoro se lo tiene stretto. Vero, ma questa situazione è frutto dell’incapacità di un ceto politico che basa la raccolta del consenso sul clientelismo e non sulla realizzazione di progetti strategici di alto profilo.

 
D’altra parte, chi lavora a qualunque livello, dall’operatore ecologico (netturbino) al dirigente di dipartimento, ha l’obbligo di formarsi continuamente per apprendere le cognizioni professionali necessarie ad accrescere le proprie competenze ed essere pronto a rispondere ad offerte di lavoro sempre più qualificate che compaiono sui quotidiani.
Un’azienda di ponti telefonici deve assumere 100 tecnici in Sicilia ma non li trova. Un’azienda di serramenti di Grammichele (Ct) cerca ingegneri ed architetti specializzati, ma non li trova. Ci sono centinaia di aziende che cercano personale qualificato, ma non lo trovano. La nostra stessa azienda assume immediatamente 10 venditori professionisti, ma non li trova.
Al contrario vi sono migliaia di precari pubblici senza competenze, entrati nella Pa per raccomandazione e non per concorso, fottendo in tal modo gli altri siciliani che non hanno avuto il cattivo politico a raccomandarli. 
 
Di che parla il sovietico Tremonti, che cazzata dice, quali consensi vuole acquisire? Tanto nessuno gli crede, capiscono che si tratta di un fanfarone che spara minchiate come il coniglio al margine del bosco.
Il ministro dell’Economia sa benissimo che la flessibilità aumenta le occasioni di lavoro. Il posto fisso, invece, le fa diminuire. Fa specie vedere il presidente del Consiglio che gli tiene il sacco, pur sapendo che una declamazione di questo genere è contraria a una linea liberale e riformista di un governo di centro destra.
Per ciò stesso, il Cavaliere avrebbe dovuto chieder le dimissioni del prode Giulio. Il quale, non sembri azzardato, ha urlato per prendere le distanze proprio dal suo capo, come per altro in precedenza aveva fatto Fini. Se l’Uomo di Arcore vuole tenere la nave in rotta deve chiarire ai suoi sodali che possono parlare di tutto, ma il tutto deve stare dentro la linea politica del programma di governo approvata dagli italiani nell’aprile 2008.

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