L'economia circolare per far decollare l'Italia - QdS

L’economia circolare per far decollare l’Italia

Rosario Battiato

L’economia circolare per far decollare l’Italia

martedì 29 Novembre 2016

I numeri dell’Enea sui benefici derivanti dal riutilizzo dei materiali: “Creare un’Agenzia nazionale per l’uso efficiente delle risorse”. La Sicilia resta indietro: la percentuale del riciclo è ferma al 10% a fronte di una differenziata all’11%

PALERMO – L’economia circolare si prepara a far decollare il Paese. Un modello di sviluppo basato su questa prerogativa potrebbe creare oltre 500mila posti di lavoro, permettendo benefici per l’ambiente e il sistema produttivo. I numeri sono dell’Enea che poi ha ricordato, in una nota pubblicata nei giorni scorsi, che a livello internazionale “la Commissione europea stima che l’eco-progettazione, la riduzione della produzione di rifiuti e il loro riutilizzo possono generare risparmi pari a 600 miliardi di euro per le imprese (l’8% del fatturato annuo) e ridurre le emissioni di gas serra di 450 milioni di tonnellate l’anno”. Come fare? C’è un piano.
A presentare il futuro dell’economia circolare in Italia ci ha pensato Federico Testa, presidente Enea, in occasione del convegno “Innovazione e competitività: la via italiana alla circular economy”. Sono quattro i punti da affrontare: “creazione di un’Agenzia nazionale per l’uso efficiente delle risorse sull’esempio di Germania, Giappone e Stati Uniti; semplificazione normativa con un focus specifico sulla prevenzione e il riciclaggio dei rifiuti; sinergia tra PA, ricerca e imprese; trasferimento di tecnologie per l’innovazione del sistema produttivo nazionale”.
Per Testa “il nostro Paese è pronto per la transizione verso un’economia circolare che garantirebbe una crescita economica sostenibile e nuovi posti di lavoro in chiave green” e da questa considerazione  parte “la nostra proposta di un manifesto programmatico dell’economia circolare che si esplicita in un Piano di azione incentrato sulla creazione di un’Agenzia nazionale per l’uso efficiente delle risorse”.
L’Enea, in questo quadro, potrebbe gestire il coordinamento, divenendo punto di riferimento per imprese e pubblica amministrazione.
L’Italia, infatti, non è ferma. In campo ci sono già istituzioni, enti di ricerca e imprese, ma le iniziative restano spesso isolate. Lo ha confermato Roberto Morabito, direttore del dipartimento sostenibilità dei Sistemi produttivi e territoriali dell’Enea, che inoltre ha spiegato come sia necessario “individuare soluzioni tecnologiche ottimali per la chiusura dei cicli produttivi; semplificare il quadro normativo con un’attenzione specifica alla cosiddetta legislazione end of waste e al regolamento Reach (regolamento dell’Unione europea adottato per migliorare la protezione della salute dell’uomo e dell’ambiente dai rischi delle sostanze chimiche, ndr) sulla cessazione dello status di rifiuto; incrementare la collaborazione tra imprese, ricerca e pubblica amministrazione; accrescere l’innovazione del tessuto produttivo”.
Per la Sicilia c’è ancora molto lavoro da fare. A partire dai rifiuti: attualmente la percentuale di riciclo dell’Isola è ferma al 10% a fronte di una raccolta differenziata che si aggira intorno all’11%.
Ben nove regioni italiane hanno già raggiunto o superato l’obiettivo del 50% fissato dall’Ue per il 2020. Anche nel campo della produzione di biogas tramite materiale di scarto la Sicilia arranca: nell’ultimo rapporto Gse soltanto il 2% della produzione rinnovabile isolana arriva da questo settore.
Eppure sarebbero molteplici gli ambiti da cui attingere: colture dedicate, frazione organica del rifiuti solido urbano e sottoprodotti. Anche in Sicilia ci sono dei progetti interessanti (ne abbiamo parlato facendo riferimento al team marsalese “Wine to power” lo scorso 15 novembre con il servizio “L’energia dal vino, opportunità per il settore”), ma c’è ancora da lavorare per allargare la rete.

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