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Il bacio sulla guancia e il pizzo per “stare sereni” in cantiere, dietro una delle estorsioni del clan Scalisi

Il bacio sulla guancia e il pizzo per “stare sereni” in cantiere, dietro una delle estorsioni del clan Scalisi
Operazione Primus contro il clan Scalisi, un episodio di estorsione e richiesta pizzo ad Aci Sant’Antonio

Uno dei più clamorosi episodi di estorsione messi in atto dal clan Scalisi nell’Acese, emerso dopo la maxi operazione Primus.

Un due-tre per cento di pizzo per stare sereno e non avere problemi in cantiere: sono state queste, più o meno, le parole con cui il 27enne Andrea Stissi, un paio di mesi fa, avrebbe tentato di imporre un’estorsione a una coppia di imprenditori edili incaricati dei lavori di riqualificazione di una scuola ad Aci Sant’Antonio.

L’uomo, che è ritenuto un esponente del clan Scalisi, è finito in carcere insieme a un’altra ventina di persone accusate di fare parte del gruppo che ad Adrano rappresenta la cosca Laudani. A suo carico, nelle ultime settimane, è arrivata un’ulteriore richiesta di misura cautelare scaturita dalla denuncia fatta dalle vittime.

Clan Scalisi, l’incontro e la richiesta di pizzo in cantiere ad Aci Sant’Antonio

Gli investigatori che indagavano sugli Scalisi si sono imbattuti quasi per caso nel tentativo di estorsione.
A inizio novembre, infatti, gli agenti del commissariato di Adrano hanno assistito a distanza a un dialogo tra Stissi e una delle vittime. Insospettiti da quel contatto, hanno chiesto agli imprenditori di presentarsi negli uffici.

Dopo una prima resistenza, gli imprenditori hanno ammesso ciò che era accaduto il giorno precedente, spiegando di avere incontrato Stissi all’esterno di un supermercato. Il 27enne li avrebbe avvicinati e rivolgendosi a uno dei due si sarebbe prima informato sulla riconducibilità a loro di un’impresa e poi sul prossimo avvio di alcuni lavori nel territorio di Aci Sant’Antonio.

Stando al racconto delle vittime, Stissi avrebbe spinto affinché la coppia accettasse di pagare un pizzo in misura proporzionale all’importo dell’appalto che supera il milione di euro. Il 27enne avrebbe proposto un aggio per l’organizzazione mafiosa compreso tra il due e il tre per cento, tenendo a sottolineare come si trattasse di un prezzo di favore se confrontare alle condizioni imposte al Nord, dove – a suo dire – si arriva anche al sette o all’otto percentuale.

Stissi, infine, avrebbe specificato che pagare il clan di Adrano avrebbe garantito alle vittime di evitare che gruppi criminali di Aci Sant’Antonio potessero avvicinarsi all’area del cantiere. Dal canto loro, l’imprenditore – nonostante l’insistenza dell’interlocutore – avrebbe rifiutato il contatto e l’incontro si sarebbe risolto con un bacio sulla guancia e il suggerimento di tirarsi indietro dall’appalto.

“Vicini all’azienda”

L’appalto che è stato bandito da Invitalia in primavera riguardano la demolizione e ricostruzione dell’immobile di via Mario Rapisardi nella frazione di Lavinaio.

Il cantiere sarebbe dovuto partire a dicembre, ma l’inizio dei lavori è slittato ed è stato rimandato a gennaio. Il ritardo, però, come dichiarato dal sindaco di Aci Sant’Antonio Quintino Rocca al Quotidiano di Sicilia, non è legato alla vicenda penale. “È stato necessario riorganizzare l’attività didattica per le classi che frequentano quell’istituto, ma dopo le feste si potrà partire – spiega il primo cittadino – Da parte mia e di tutta l’amministrazione va la massima vicinanza agli imprenditori e un plauso alla loro scelta di denunciare gli estorsori, che qui come altrove vanno contrastati e il modo migliore per farlo è stare accanto a chi subisce queste richieste”.

Per Rocca, quanto emerso dalle indagini condotte dalla Procura di Catania non deve rimanere confinato alle aule dei tribunali. “La politica e tutta la cittadinanza deve fare da scudo a chi resiste alle pressioni mafiose”, conclude il primo cittadino santantonese.

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