In Sicilia le aziende autorizzate a prelevare le risorse idriche pagano circa un euro su almeno 50 euro di ricavi. Il Dipartimento regionale dell’Energia: “Le nostre tariffe tra le più alte d’Italia”
Per incassare un centesimo di canone, la Regione deve cedere più di cinque litri di acqua. La stessa che poi sugli scaffali dei supermercati quasi mai viene pagata meno di 15 centesimi al litro. Qualcosa come 75 volte di più. È solo una delle tante fotografie che vengono fuori dall’analisi delle concessioni minerarie relative alle acque minerali in Sicilia, un giro d’affari che garantisce alle aziende titolari introiti milionari a fronte di impegni economici contenuti nei confronti della Regione.
Quando mancano pochi mesi alla scadenza dei termini – a meno di proroghe – dello stato di emergenza nazionale per la siccità, dichiarato la scorsa primavera dal governo Meloni, nell’isola il tema acqua continua a tenere banco. L’attenzione generale resta rivolta – giustamente – a quelli che sono i principali problemi: la riduzione delle precipitazioni e le inadeguate condizioni delle condotte idriche. Tuttavia, per quanto il governo Schifani cerchi di mantenere separate le questioni, lo sfruttamento da parte di privati delle risorse idriche presenti nelle viscere della Sicilia in un’era in cui in più province si inizia a fare i conti con i razionamenti, resta un tema importante dal punto di vista economico ma, soprattutto, politico.
Il Quotidiano di Sicilia ha confrontato i canoni previsti dalla normativa per lo sfruttamento delle falde con i bilanci delle società produttrici. Dalla visione d’insieme…