La golden share, la quota d’oro metaforicamente vantata da Totò Cuffaro in alcune aziende sanitarie, da sola non sarebbe bastata. La capacità d’influenza di un politico passa anche dal poter contare sulle persone giuste all’interno degli uffici. È attorno a queste relazioni che il potere si sviluppa ed è per questo che a ogni tornata legislativa la corsa a occupare i posti di sotto-governo è qualcosa che va oltre il prestigio e le dimostrazioni di forza.
Nell’ultima inchiesta sugli appalti, per cui si attende di capire se il giudice per le indagini preliminari disporrà un nuovo arresto per l’ex presidente della Regione, e con lui per imprenditori e pubblici funzionari – mentre per Saverio Romano bisognerebbe eventualmente ottenere l’autorizzazione della Camera –, a spiccare non è soltanto la tracotanza di chi contava di poter condizionare l’esito delle procedure ma anche il modo in cui le commissioni si sarebbero mosse per dare cornice legale agli accordi presi sotto banco.
Due sono i casi che spiegano tali dinamiche. Tra loro speculari, per via dei differenti contesti in cui gli appalti sono stati indetti, hanno in comune il fatto di rendere ancora più eclatante la totale opacità con cui le gare spesso si svolgono. Un mondo in cui la magistratura ha più volte posto l’attenzione ma che resta quasi inscalfibile e da cui ogni giorno passano giri vorticosi di denaro.
Appalti, politici e commissioni di gara, il caso dell’ausiliariato a Siracusa
La prima vicenda è quella che interessa i servizi di ausiliariato all’Asp di Siracusa. Nel 2024, l’Azienda sanitaria guidata da Alessandro Caltagirone, manager definito da Cuffaro “un amico nostro”, ha affidato un appalto da dieci milioni di euro. Ad aggiudicarselo è stata la Dussmann, che – secondo la Procura – avrebbe beneficiato dell’impegno del politico per superare la concorrenza.
I carabinieri del Ros hanno monitorato i ripetuti incontri tra Cuffaro e due responsabili dell’impresa, Mauro Marchese e Marco Dammone. Per i magistrati, Cuffaro non sarebbe stato l’unico interessato: a sponsorizzare la Dussmann sarebbe stato anche il deputato Saverio Romano. In cambio Marchese e Dammone avrebbero dato disponibilità a migliorare le condizioni contrattuali di alcuni lavoratori e a coinvolgere come subappaltatrice la ditta dell’imprenditore Sergio Mazzola, anche lui indagato.
Pressioni contrarie
A complicare le cose, tuttavia, sarebbe stato un elemento che i protagonisti della presunta turbativa non avevano preso in considerazione: a interessarsi all’appalto sarebbe stato il direttore sanitario dell’Asp Salvatore Madonia, che si sarebbe mosso come sponsor della Pfe. In questo caso va detto che sia la Pfe che Madonia non sono toccate dalle indagini. Contattato dal Quotidiano di Sicilia, il direttore sanitario ha dichiarato: “Non ho nulla da commentare. Gli sviluppi processuali, in cui confido, chiariranno tale circostanza”.
Nelle carte dell’inchiesta, tuttavia, viene ricostruita la posizione scomoda in cui per diversi mesi si sarebbero trovati i tre componenti della commissione giudicatrice e la responsabile unica del progetto. Tutti indagati, sarebbero stati tra l’incudine e il martello: da una parte le richieste di Caltagirone, dall’altro i presunti desiderata di Madonia.
Attraverso il trojan inoculato nel cellulare del presidente della commissione, il Ros ha registrato i contatti con Madonia. In un caso, il direttore sanitario avrebbe convocato il presidente nel proprio ufficio presentandogli un referente della Pfe. “Lo conosci questo amico mio?”, sarebbero state le parole del direttore sanitario.
“Madonia – si legge negli atti dell’inchiesta – evidentemente in ragione della delicatezza degli argomenti da trattare e soprattutto della verosimile natura illecita degli stessi, decideva di escludere in radice qualsiasi potenziale rischio di essere intercettato: dopo aver invitato Russo e, a seguire, il terzo, a lasciare il telefonino, li conduceva addirittura nel bagno del suo ufficio”.
Le mosse di Madonia avrebbero messo la commissione tra due fuochi. Indecisi su come comportarsi, i singoli componenti avrebbero più volte modificato i punteggi da assegnare all’offerta tecnica delle singole imprese, finendo per stilare una graduatoria provvisoria – mancante dei punteggi scaturiti dall’offerta economica – in cui Pfe era in testa, ma con un vantaggio di pochi decimali rispetto a Dussmann. Così la commissione avrebbe deciso che a fare da ago della bilancia fossero i ribassi.
“L’intera conversazione appariva davvero sorprendente quanto a spregiudicatezza e a totale arbitrarietà cui ricorrevano i commissari al solo esclusivo fine di avvantaggiare questa o quella società”, si legge in un passaggio della richiesta di misura cautelare.
L’approccio pilatesco con cui i commissari si sarebbero mossi derivava dalla percezione della pericolosità della dinamica venutasi a creare. Qualcuno, tra chi contava, rischiava di rimanere deluso. “Va beh, noi non stiamo cugghiennu (ricevendo, ndr) neanche un centesimo”, provava a smorzare la tensione uno dei componenti.
La gara al Consorzio di bonifica
Nonostante il diretto interessato abbia tenuto a rimarcare di non essere indagato, sottolineando l’omonimia che lo lega al cugino imprenditore, a Giuseppe Capizzi – sindaco di Maletto e costruttore con già diverse grane giudiziarie – viene dedicato un intero paragrafo nell’informativa finale consegnata alla Procura di Palermo.
Il Ros ha approfondito l’iter di affidamento della progettazione e dei lavori per l’ammodernamento delle reti di distribuzione del comprensorio Jato. L’appalto, dell’importo di oltre 11 milioni di euro, è stato indetto dal Consorzio di bonifica della Sicilia Occidentale, guidato da Giovanni Tomasino. Anche in questo caso si tratta di un uomo di Cuffaro.
L’ex presidente avrebbe avuto rapporti privilegiati con i cugini Capizzi. A far da tramite tra il sindaco di Maletto e l’ex presidente della Regione sarebbe stato un architetto originario di Niscemi. “Incaricato dal primo – si legge nell’informativa – come persona a totale disposizione di Cuffaro per l’esaudimento di qualsiasi necessità propria o di propri familiari”. Gli investigatori hanno fotografato un incontro al bar tra Cuffaro, Capizzi e lo stesso Tomasino. In un’altra circostanza, Cuffaro avrebbe fatto sapere di preferire di parlare con il sindaco di Maletto nella propria tenuta di campagna a San Michele di Ganzaria.
Per la gara relativa alle condutture idriche, Cuffaro avrebbe fatto leva su Tomasino. Il resto, poi, sarebbe stato compito dei singoli componenti della commissione.
Il bando, indetto con il criterio dell’offerta economicamente più vantaggiosa, prevedeva l’assegnazione di un massimo di 80 punti per la parte tecnica e 20 per quella economica. “I criteri individuati dalla stazione appaltante per la valutazione delle offerte tecniche appaiono in larga parte ancorati all’apprezzamento, meramente discrezionale, da parte componenti della commissione”, si legge nella relazione del Ros.
Di contro, all’offerta economica sarebbe stato riservato “un ruolo del tutto marginale e potenzialmente irrilevante ai fini dell’aggiudicazione finale della gara”. Ciò sarebbe dipeso anche dalla scelta della formula con cui attribuire i punteggi derivanti dai ribassi: la metodologia di calcolo avrebbe scoraggiato ribassi eccessivi “con conseguente forte limitazione di una concorrenza basata sul prezzo”.
A tutto ciò si sarebbe poi aggiunto l’esito della valutazione tecnica. Prima dell’apertura delle buste economiche, infatti, l’impresa del sindaco di Maletto – il Consorzio stabile progettisti costruttori – aveva già 9,4 punti di vantaggio sulla seconda. Uno scarto talmente ampio che, secondo il Ros, “ha, di fatto, reso pressoché ininfluente la successiva fase di apertura dell’offerta economica”.
Comunque va detto che subito dopo in graduatoria ci stava la I.G.C. Costruzioni, il cui amministratore è il 34enne Giuseppe Capizzi. Ovvero il cugino del sindaco di Maletto, nonché una delle persone che parlavano in maniera più intima con Cuffaro.

