Un confronto su questioni strutturali e non contingenti: ospite di questo Forum con il QdS, alla presenza del direttore Carlo Alberto Tregua, il presidente del Consiglio nazionale dell’Ordine dei giornalisti, Carlo Bartoli. Tra le tematiche affrontate, la qualità dell’informazione e gli obblighi dei giornalisti verso i lettori, contenuti nel nuovo Codice deontologico.
Non abbassare mai la guardia sui pericoli dei social network
“La professione giornalistica sta vivendo un momento delicato. C’è da considerare, per esempio, il calo degli iscritti all’Albo, che prosegue da una decina d’anni in maniera molto lenta. Negli ultimi cinque anni siamo passati da 104.794, nel 2021, a 103 mila nel 2022 e 99.687 nel 2023. Nel 2024 il dato è risalito di poche unità e nel 2025 siamo arrivati a 100.707”.
“Dal punto di vista territoriale, siamo di fronte a situazioni tutto sommato omogenee, anche se spesso vi è una scarsa rappresentanza dei giornali del Sud nelle grandi vetrine televisive nazionali. Le decisioni delle redazioni, da questo punto di vista, sono insindacabili, ma ciò sottolinea una dimensione culturale povera, perché l’Italia è molto più ricca. Il dibattito si allargherebbe molto di più con temi e suggestioni diverse. Il Sud, però, risente anche della pesante crisi che ha investito le imprese editoriali. I quotidiani nel Mezzogiorno, in confronto ad altre parti d’Italia, sono di meno. Questo è il vero problema. La Sicilia tutto sommato non è la peggiore: ha quattro quotidiani, che di questi tempi non sono pochi. In alcune regioni non ce n’è nemmeno uno. In Toscana, per esempio, ci sono soltanto due quotidiani”.
“In questo scenario, il Consiglio nazionale dell’Ordine dei giornalisti ha un compito molto difficile, anche perché riscontriamo nelle istituzioni una grande sottovalutazione della professione: si punta a introdurre delle norme che colpiscono chi fa giornalismo regolare, con inasprimento di pene, mentre niente si fa sul resto, su chi spesso diffonde false informazioni. Ci viene obiettato un interesse di casta, che lo facciamo per difendere i nostri interessi. Ma ciò che sta avvenendo nel panorama dei social, in qualche modo, sta facendo nascere maggiori consapevolezze sui rischi che comporta la cattiva informazione. Adesso, per esempio, c’è per la prima volta un Disegno di legge che vorrebbe introdurre il reato di deep fake, altrimenti privo di sanzione. Sui social vi sono spesso i rischi maggiori: se parte una campagna che mi accusa di essere un ladro, io posso cercare di difendermi, ma è comunque una difesa debole contro la viralità della rete. Questi contenuti falsi si possono costruire in maniera industriale e quantitativamente molto elevata. Quindi si diffonde il pensiero che, se lo dicono tutti, ci sarà un fondo di verità. Vox populi, però, non è vox dei”.

L’importanza del nuovo Codice deontologico
“Per garantire ai cittadini un’informazione sempre più qualificata abbiamo approvato il nuovo Codice deontologico delle giornaliste e dei giornalisti all’unanimità, proprio per dimostrare quanto sia un tema importante, che non può essere deciso a maggioranze e minoranze, ma deve coinvolgere e convincere tutti. Il nuovo Codice è nato dall’esigenza di semplificare e di stare al passo con i tempi: c’erano una serie di carte che si sono sovrapposte nel tempo ed era diventato complicato stare dietro a tutti questi documenti. Il vecchio Testo Unico era di gran lunga il testo di deontologia più lungo del mondo. Quindi occorreva fare sintesi, dare chiarezza e asciuttezza. Il Codice deve dire cosa non puoi fare e che cosa devi fare, gli obblighi e i divieti. L’abbiamo aggiornato perché c’erano una serie di aspetti che erano totalmente superati, essendo cambiate le leggi e la società. Per esempio, al tempo del Testo unico c’era il cosiddetto Codice della privacy italiano, adesso è entrato in vigore il regolamento europeo. C’è insomma, una maggiore focalizzazione sul tema della deontologia”.
“C’è infine un ultimo aspetto a cui tengo molto: abbiamo immaginato il nuovo Codice deontologico non come un documento immutabile ma in continua evoluzione. Ci rendiamo conto che la realtà cambia, quindi questo tipo di documento deve essere sempre aggiornabile. È un Codice che vuole stare, per alcuni aspetti come l’intelligenza artificiale, sempre al passo con i tempi, rimanendo disponibile a essere modificato e aggiornato, ma restando saldamente ancorato ai principi fondamentali del giornalismo”.
“In merito alla divulgazione del nuovo Codice, i Consigli regionali si stanno attivando e si sono attivati con tanti corsi professionali per spiegare esattamente in cosa consiste, qual è stata l’intenzione e qual è l’interpretazione da dargli”.
Riservare i sostegni economici a chi tutela davvero i cittadini
“Fare buona informazione significa anche aumentare il livello culturale dei cittadini. Il tema dell’ignoranza delle persone e della loro conseguente facilità nell’essere manipolate riguarda anche le fasce della popolazione con una cultura maggiore, perché tramite i social e il web passano messaggi assolutamente privi di connessione con la realtà effettiva. Come si distingue ciò che è vero da ciò che non lo è? Il cittadino deve imparare a fare il suo mestiere di cittadino: quante volte sentiamo dire ‘L’ho letto su Facebook?’. Se ci si fida di ciò che c’è scritto sui social, spesso i nodi vengono al pettine”.
“In generale, la lettura sul web è più difficile: il giornale online si presta a essere letto in situazioni di movimento, di scarsa attenzione. La fruizione è molto più faticosa. Il ‘tutto gratis’ è solo apparente, perché veniamo poi profilati e bombardati di pubblicità deformanti. Si arriva fino all’espressione del voto, che può essere manipolabile. Lo abbiamo visto con la Brexit e non solo. Questo apre scenari inquietanti”.
“La legge del 2000, che stabilisce che i siti internet non ricevono contributi pubblici e stanno sotto una certa soglia di fatturato sono esentati dalla registrazione in Tribunale, prevede però che essi debbano iscriversi al Roc e che comunque devono avere un direttore responsabile. È una sorta di semplificazione per le testate piccole e quelle amatoriali. Non voglio generalizzare, ci sono siti che fanno comunque un buon lavoro. Però occorre sempre considerare a chi si mette in mano l’informazione, anche se con poca audience. L’informazione non può essere censurata, ma gli incentivi vanno dati a fronte di una qualità. Se si fa solo copia e incolla di qualcosa non è accettabile che tali realtà siano sostenute con contributi pubblici. Ogni Regione ha sue leggi e su questo punto l’Ordine deve sicuramente fare una battaglia di principio. Anche nei momenti più importanti e ufficiali, nelle audizioni a Camera e Senato, l’abbiamo detto: bisogna riservare i sostegni e i finanziamenti alla qualità dell’informazione”.
Pro e contro dell’intelligenza artificiale
“Sul tema dell’intelligenza artificiale il Codice deontologico è chiaro: l’Ia può essere utile nella costruzione, perché può gestire una serie di dati anche importanti, può fare raccolte. Però è e deve essere strumento di lavoro preparatorio all’inchiesta o all’articolo. Se si ricorre all’intelligenza artificiale per scrivere gli articoli e magari non si riguardano nemmeno, allora abbiamo di fronte un grosso problema. Il punto non è soltanto il danno che si fa al lettore, che è un danno importante, ma anche quello che si fa a sé stessi. Spesso l’intelligenza artificiale riempie vuoti con la fantasia, quindi si scrivono cose false. Ci sono una serie di cause che portano a pesanti conseguenze da un punto di vista economico, non solo penale. Occorre fare attenzione e non affidarsi troppo a tale strumento”.
“In occasione della mia rielezione a presidente dell’Ordine nazionale dei giornalisti, nel maggio scorso, una collega ha fatto una richiesta all’Ia per farsi scrivere un pezzo piccolo su questa notizia. L’articolo in questione informava effettivamente sulla mia rielezione, ma sbagliando i miei anni e indicando il nome sbagliato del vice presidente. Questa è la cosa più pericolosa: se l’intelligenza artificiale sbaglia tutto, questo salta agli occhi; ma quando sbaglia alcune cose, diventa complicato, trovare l’errore e bisogna andare a rivedere tutto. Se l’Ia è utilizzata nella fase preparatoria è un conto. Deve essere non soltanto verificato, ma rielaborato tutto quello che viene fuori. L’intelligenza artificiale, inoltre, non può essere utilizzata per costruire immagini e video che non corrispondono alla realtà e il suo utilizzo deve essere sempre dichiarato. Questo, in ogni caso, non esime dalla responsabilità il direttore, però almeno mette in guardia che è un contenuto un po’ più critico dal punto di vista della fruizione”.

