“Caro compagno, mi dia del lei” - QdS

“Caro compagno, mi dia del lei”

Carlo Alberto Tregua

“Caro compagno, mi dia del lei”

mercoledì 08 Marzo 2023

Riportiamo una celebre frase di Palmiro Togliatti, il quale aveva l’amabile abitudine di rivolgersi ai suoi compagni di partito con “Caro compagno, mi dia del lei”.
Quel leader comunista non amava la promiscuità nonostante professasse una teoria quasi religiosa di eguaglianza, in quanto riteneva che questa fosse una qualità di rispetto fra tutte le persone, ma non certo di confidenza. Mentre allora, nel Partito comunista, si confondevano eguaglianza e confidenza, per cui tutti si davano del tu per una sorta di collegamento ideologico molto diverso dall’ideale.

L’incipit è necessario per sottolineare come l’abitudine di darsi del tu sia esplosa nella nostra era, soprattutto in questo primo ventennio del ventunesimo secolo. Ognuno non vede l’ora di acquisire una falsa e provvisoria confidenza con gli altri, dandogli del tu, anche quando ci si trovi fra colleghi della stessa categoria, per esempio quella dei giornalisti.

Se darsi del lei o del voi (durante il fascismo o nelle lingue inglese e francese) potrebbe costituire elemento divisivo, non è certo dandosi del tu che tale divisione o separazione diminuisca e porti a una sorta di falsa fratellanza.
Si tratta proprio di questo: il bisogno di sentirsi fratelli o sorelle, anche quando mancano i requisiti di omogeneità, di cultura, di pari valutazione di fatti e circostanze.
Come se darsi del tu costituisse una premessa per fare cose assieme, anche quando vi è divergenza nei modi di pensare e in quelli di fare.
Non è facile apprezzare l’argomentazione in rassegna perché contraria a un andazzo generale ormai acquisito in gran parte della gente.

Tuttavia, riteniamo nostro dovere sottolineare che l’effettiva congiunzione di diversi modi di vedere passi attraverso il rispetto delle altrui valutazioni e il confronto per far emergere non chi abbia ragione (o torto), ma quale sia la migliore argomentazione e i migliori elementi a dimostrazione di una tesi o di un fatto.

Non si tratta di gettare nel cestino abitudini che possono sembrare buone, bensì di valutarle per quello che sono, sottolineandone i limiti umani, culturali e professionali.
Proprio in questo versante hanno fallito negli ultimi decenni i partiti politici che dovrebbero essere i destinatari del consenso del Popolo. Dopo averlo ricevuto ne fanno quello che vogliono, quasi sempre contrario al mandato ricevuto.
Fra tutti i componenti dei partiti è invalso l’uso del tu per sottolineare la “colleganza” e la partecipazione allo stesso progetto. Almeno così sperano.

In altre parole il darsi del tu sembrerebbe una specie di collante tra le persone, le quali anziché misurarsi sui punti di vista con adeguate argomentazioni ritengono con superficialità di trovare punti di unione solo per il fatto che esista questa forma di “colleganza”.
Insistiamo su questo punto perché ci sembra nodale nella gestione di una Comunità, la quale dovrebbe avere i pilastri nel rispetto e nell’osservanza dei principi etici, secondo i quali nessuno può sentirsi al di sopra di qualche altro.

Altro punto nodale è l’osservanza dei doveri, prima, ma molto prima, dei diritti. Lo ripetiamo in modo quasi ossessivo e frequente, ricordando che se tutti facessero il proprio dovere, ognuno – d’altra parte – avrebbe soddisfatto il proprio diritto. Per cui non vi sarebbe bisogno di reclamare diritti, nel momento stesso in cui tutti gli altri facessero il proprio dovere.

I principi etici cui si dovrebbe informare una Comunità non sono sostenuti da un’adeguata informazione, con la conseguenza che ognuno va per il suo verso, senza seguire il corso degli eventi che deve essere regimentato alla luce dei valori prima richiamati.

Non ci sembra di far perdere tempo ai lettori, richiamando la loro attenzione su quanto abbiamo scritto perché i pilastri di una società devono essere solidi e funzionali al suo andamento corretto, limpido, che consenta a tutti di vivere secondo i propri modi vedere.
I quali però devono essere sempre confrontati con l’interesse generale, superiore a quello individuale, che deve restare sempre subordinato.

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