Cassazione taglia le intercettazioni - QdS

Cassazione taglia le intercettazioni

Carlo Alberto Tregua

Cassazione taglia le intercettazioni

mercoledì 30 Giugno 2021

Serve giustizia “giusta” e rapida

Con una sentenza di novembre 2019 la Corte di Cassazione si era pronunziata sul ricorso presentato da tale Vito Antonio Cavallo, condannato in appello, confermando il divieto di utilizzare i risultati delle intercettazioni di conversazioni in procedimenti diversi da quelli per il quale i dialoghi captati erano stati autorizzati.

Tale sentenza è diventata un faro per le successive, in quanto si tratta di un orientamento fermo del Supremo Consesso a sezioni riunite, il quale indica ai processi quali prove a carico degli imputati assumere e quali no.
Ad essere gratificati da tale orientamento sono stati due processi con imputati siciliani per i quali i giudici si sono espressi a loro favore.
Si tratta del maxiprocesso per corruzione elettorale e voto di scambio del fascicolo “Caputo Salvatore +86”. Il giudice per l’udienza preliminare, Valeria Gioeli, ha rivelato che una serie di intercettazioni analoghe a quelle prima citate non poteva essere utilizzata e pertanto ha disposto il proscioglimento del maggior numero di imputati, lasciandone 18 invece degli 87 indagati.

Fra coloro che sono usciti dal processo, salvo ulteriori azioni della Procura, vi sono l’ex presidente della Regione, Totò Cuffaro, l’assessore regionale Toto Cordaro, Alessandro Aricò, Mario Caputo, Alessandro Pagano e Angelo Attaguile.

Su un altro processo che aveva imputati eccellenti, è caduta la mannaia della sentenza della Corte di Cassazione. Infatti, la Corte d’Appello, presieduta da Alfredo Sicuro, ha pronunziato la sentenza di assoluzione nei confronti di Francantonio Genovese e Franco Rinaldi, che dovevano rispondere di associazione finalizzata alla corruzione elettorale, con la formula “perché il fatto non sussiste”.

I due, che erano stati condannati in primo grado a 4 anni e 2 mesi Genovese, e a 3 anni e 4 mesi Rinaldi, ovviamente hanno tirato un grosso respiro di sollievo.
Anche in questo caso, l’assoluzione è stata motivata dal divieto di utilizzare le intercettazioni di conversazioni in procedimenti diversi da quelli per i quali i dialoghi captati erano stati autorizzati.

Qualcuno potrebbe obiettare che si tratta di questioni procedurali che non entrano nel merito delle accuse. Tuttavia, i processi si formulano in base a prove, cioé documenti, testimonianze, intercettazioni e altre. Nessun fatto o atto estraneo ad essi può influenzare la sentenza.

Ovviamente, i magistrati del Collegio sanno ben valutare e interpetrare le prove addotte dall’accusa e dalla difesa, per poi formarsi un convincimento che genera la sentenza adottata secondo scienza e coscienza.

Le intercettazioni sono uno strumento importante per dimostrare le tesi accusatorie, però devono essere conformi alla procedura. Per le intercettazioni, le Procure spendono centinaia di milioni l’anno, affidando i relativi servizi a società specializzate del settore. è evidente che chi ascolta tali intercettazioni, avendo avuto istruzione su ciò che va rilevato, non sempre riesce a captare il vero senso di ciò che ha ascoltato.

La Giustizia deve avere il suo corso, essere obiettiva ed essere esercitata in un tempo ragionevole, in modo da assolvere o condannare gli imputati senza ritardi. Purtroppo così non è, per cui vi sono cittadini, presunti innocenti, che restano sotto processo fino alla sentenza definitiva per molti anni, spesso superando il decennio.

Per accorciare i tempi dei processi, soprattuto quelli penali, è in corso una riforma della ministra della Giustizia, Marta Cartabia, che però incontra difficoltà di ogni genere a causa dell’ex ministro della Giustizia, Alfonso Bonafede, contrario alla questione della prescrizione, la cui sospensione è un vulnus del diritto dei cittadini.

D’altra parte, è veramente disdicevole che sei processi penali su dieci non arrivino a conclusione per effetto della prescrizione. Occorre perciò un bilanciamento con la necessità di arrivare a sentenza presto, evitando che i processi cadano nel nulla dopo che al contribuente sono costati cifre rilevanti per le indagini, per l’attività della Procura e per quella dei magistrati giudicanti.

C’è da augurarsi che la riforma Cartabia sia approvata rapidamente, anche perché senza tale riforma una parte dei fondi europei del Pnrr non arriveranno.

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