Il voto, i nuovi equilibri etnei e l’ipotesi elefante “scatenato” - QdS

Il voto, i nuovi equilibri etnei e l’ipotesi elefante “scatenato”

Melania Tanteri

Il voto, i nuovi equilibri etnei e l’ipotesi elefante “scatenato”

giovedì 29 Settembre 2022

Chi vince e chi perde a Catania: M5s primo partito in città, Fratelli d’Italia guida in provincia. Sammartino fa il pieno di preferenze. Lombardo torna a dare le carte. E De Luca...

CATANIA – Trionfo del Centrodestra con Fratelli d’Italia, primo partito in provincia con quasi il 17%, perdita di consensi per il Pd, che si ferma al 10%, e mantenimento di una percentuale a due cifre da parte del Movimento 5 stelle (che nella Città dell’Elefante è addirittura primo partito con oltre il 16% delle preferenze). Il voto a Catania rispecchia quello regionale nelle percentuali più o meno aderenti a quelle registrate nelle nove province, con qualche distinguo, dovuto principalmente ai nomi dei candidati che, nella loro storia politica, hanno rappresentato dei campioni di preferenze.

A cominciare dal più votato in terra etnea, Luca Sammartino che ha superato i 21 mila voti, confermando il primato della precedente tornata regionale quando, però, ne prese 32 mila di voti. Sammartino forse paga il passaggio alla Lega (che a Catania-città si ferma all’8 per cento, superata anche dagli autonomi di Lombardo al 10) e la forte concorrenza da parte di Fratelli d’Italia, partito dell’ex sindaco Pogliese (eletto al Senato), ma resta comunque il campione delle preferenze in provincia di Catania. Ed è proprio tra le fila di Fratelli d’Italia che si ritrovano altri neo deputati che hanno ottenuto tantissimi voti: Gaetano Galvagno, ad esempio, che si conferma deputato di punta del partito di Giorgia Meloni in salsa catanese e che riconquista un seggio all’Ars con quasi 14 mila suffragi.

Senza considerare il peso che continua ad avere Forza Italia: all’ombra dell’Etna il partito di Berlusconi supera il 14% delle preferenze (11% nel capoluogo di provincia), riuscendo a portate all’Ars l’ex assessore alle infrastrutture della Regione, Marco Falcone e l’acese Nicola D’Agostino, confermato con quasi diecimila voti nonostante il cambio di partito.

Spicca poi il voto degli autonomisti che a Catania sfiorano il 10% e riescono a fare eleggere all’Ars altri due campioni di preferenze, il nipote di Raffaele Lombardo, Giuseppe, ex assessore catanese ai servizi sociali, nonché il presidente del Consiglio comunale, Giuseppe Castiglione che dovrà lasciare Palazzo degli Elefanti per un posto a in Sala da Ercole. Due pedine piazzate nella sua città da parte dell’ex presidente della Regione, Raffaello Lombardo che ha detto più volte che non sarebbe sceso più in campo direttamente, ma che alcuni rumors vorrebbero interessato alla poltrona di primo cittadino di Catania.

Già, perché il voto di domenica scorsa, in particolare quello regionale, potrebbe aprire nuovi scenari sul futuro sindaco della città etnea e sul cambio della guardia della prossima primavera, quando il commissario straordinario Federico Portoghese, nominato in sostituzione del dimissionario Pogliese, sarà sostituito da un sindaco eletto. Che, a questo punto, potrebbe essere un esponente del centrodestra nella nuova composizione – e qui ritornano in pole i nomi di Valeria Sudano e dello stesso Raffaele Lombardo, ma anche di esponenti di Fratelli d’Italia. O essere a trazione opposta.

La batosta presa dalla sinistra, dal Pd in particolare, a Catania come altrove, infatti potrebbe rimescolare le carte. E se da un lato molti sembrano pronti a stracciare la tessera, in aperta polemica con la segreteria regionale e con quella nazionale, dall’altra, si potrebbe consolidare la coalizione che ha corso unita all’Ars, magari con altri innesti.

L’esperimento Pd, Sinistra italiana e Verdi, insieme sotto l’egida della lotta alla difesa dei diritti, delle fasce deboli e dell’ambiente, potrebbe riproporsi per la corsa a Palazzo degli Elefanti. E magari esprimere il suo nome. Non solo Matteo Iannitti, già candidato nel 2013, ma soprattutto Emiliano Abramo, candidato alle ultime Politiche alla Camera da indipendente ma nel Pd, e già candidatosi sindaco nel 2018. La volontà di andare avanti su questa strada, d’altronde, traspare dalle parole di Abramo che, con un messaggio, sembra garantire il proprio impegno su Catania insieme ai neo alleati, per cercare di modificare una storia che, guardando Roma e Palermo, sembrerebbe già scritta. Ma mai come in politica il condizionale è un obbligo.

“Torneremo nei quartieri dei comizi e degli incontri – scrive sul proprio profilo Facebook – staremo in periferia. Insomma ripercorreremo al contrario tutti i luoghi di questa campagna elettorale per dire grazie e per confermarvi il sano orgoglio di continuare a rappresentare al meglio la fiducia raccolta anche nel prossimo futuro. Andiamo avanti, insieme, accettando le prossime sfide con la convinzione di poter vincere la prossima tappa del nostro percorso”. Occhio però all’outsider: Cateno De Luca, il secondo candidato presidente più votato, anche a Catania piace. Il quasi 16% ottenuto dalle sue liste alle elezioni di domenica lo dimostra e lo stesso ex sindaco sembra interessato a Palazzo degli elefanti.

Tonfo del Pd in provincia e in città. E gli iscritti “stracciano” le tessere

CATANIA – Tessere stracciate, addii eccellenti, necessità di ripensarsi profondamente. Mentre si osserva il risultato della disaffezione. Della base prima di tutto. Il voto di domenica scorsa non ha soltanto decretato il trionfo del Centrodestra, la sopravvivenza del Movimento 5 Stelle e l’amore dei siciliani per i provocatori. Ma anche il tonfo dei democratici. Di un partito, il Pd, che oggi è costretto a ripensare se stesso. Ma che all’ombra dell’Etna potrebbe non contare sui tanti che ne hanno rappresentato volto e storia. Il primo tra i nomi eccellenti a comunicare che non rinnoverà la tessera è Giovanni Caloggero. Ex presiente di Arcigay, da anni responsabile dei diritti civili del Pd etneo, Caloggero lascia. Tra proteste e proposte. E lo comunica su Facebook. “Come si evince dalle informazioni sul mio profilo, non appare più la dizione ‘responsabile dipartimento Diritti Civili del PD di Catania’, avendo deciso di non rinnovare più la mia iscrizione al Pd – scrive. Coerentemente a quanto preannunciato diverse settimane fa, passo questo che faccio con grande dispiacere ma con rispetto per me stesso”.

Non è il risultato – deludente – del partito a portare Caloggero all’addio. Ma ben altro. “Ritengo, infatti, non conciliabile con le mie idee l’appartenenza a una qualsiasi realtà dove l’interesse del singolo è prioritario rispetto a quello della comunità di riferimento – scrive. Potrei aggiungere molte altre motivazioni ma per fair play preferisco bypassare”. L’addio potrebbe non essere definitivo. Si attende il congresso che, come annunciato dallo stesso Letta si svolgerà in primavera. “Se ne riparlerà dopo il congresso nazionale che spero sia un Congresso di rifondazione del partito, di ricostituzione di valori e non solo di cambio di nomi. Prima idee, valori, progetti, dopo solo dopo si scelgono le persone che più si identificano in quei valori. Se ne riparlerà anche dopo un congresso in Sicilia che in sintonia con quanto sopra detto, scelga una nuova segreteria oggi felice del proprio successo personale mentre dovrebbe preoccuparsi delle sorti del partito. Io con partiti dominati dai poteri personali, dai signori delle tessere etc… non ci sto”.

Tra i commenti al post di Caloggero molti “colleghi” di schieramento, tra cui quello del segretario provinciale della Cgil Giacomo Rota. “Anche io non rinnovo la tessera” – afferma. Segue quello di una consigliera di quartiere piddina, Maria Grazia Felicioli: “Anch’io ho già comunicato la mia non appartenenza al partito”. E chissa quanti seguiranno.

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