Cessazione dell’attività professionale e tassazione compensi: il Fisco risponde - QdS

Cessazione dell’attività professionale e tassazione compensi: il Fisco risponde

Salvatore Forastieri

Cessazione dell’attività professionale e tassazione compensi: il Fisco risponde

venerdì 13 Maggio 2022

L’Agenzia delle Entrate: “Posizione Iva aperta fino a quando non riscuote tutti i crediti”. Quelli riscossi dopo la chiusura mantengono natura di redditi derivanti da arti e professioni

ROMA – La questione riguardante la tassazione dei compensi riscossi del professionista dopo che ha cessato la propria attività ed ha chiuso la posizione Iva è stata sempre oggetto di dubbi interpretativi e di ampio dibattito. Alcuni ritenevano pure che i compensi riscossi dopo la cessazione dell’attività potessero essere considerati fuori ambito Iva e, dal punto di vista reddituale, “compensi occasionali”.
Ora, con la risposta all’interpello n. 218 del 26 aprile scorso, l’Agenzia delle Entrate fa chiarezza sulla discussa questione.

L’Agenzia delle Entrate fa chiarezza

L’Agenzia ha spiegato, infatti, il sistema impositivo da applicare, nei casi anzidetti, sia per quel che concerne l’Iva, sia per quel che riguarda le imposte sui redditi.
Ha ricordato quanto in precedenza evidenziato con le risoluzioni n. 11 del 16/2/2007 e n. 282 del 20/8/2009.
Secondo la prima risoluzione “l’attività del professionista non si può considerare cessata fino all’esaurimento di tutte le operazioni, ulteriori rispetto all’interruzione delle prestazioni professionali, dirette alla definizione dei rapporti giuridici pendenti, e, in particolare, di quelli aventi ad oggetto crediti strettamente connessi alla fase di svolgimento dell’attività professionale”.

L’attività cessa fatturando tutte le prestazioni svolte

Secondo quella successiva “La cessazione dell’attività per il professionista non coincide, pertanto, con il momento in cui egli si astiene dal porre in essere le prestazioni professionali, bensì con quello, successivo, in cui chiude i rapporti professionali, fatturando tutte le prestazioni svolte e dismettendo i beni strumentali. Fino al momento in cui il professionista, che non intenda anticipare la fatturazione rispetto al momento di incasso del corrispettivo, non realizza la riscossione dei crediti, la cui esazione sia ritenuta ragionevolmente possibile (perché, ad esempio, non è decorso il termine di prescrizione di cui all’art. 2956, comma 1, n. 2 del codice civile) l’attività professionale non può ritenersi cessata”.

Posizione Iva aperta fino a quando non riscuote tutti i crediti

In materia di Iva, quindi, conformemente a quanto già precisato con le citate, l’Agenzia delle Entrate ha fornito la sua interpretazione secondo la quale, in caso di cessazione dell’attività professionale, la posizione Iva deve rimanere aperta fino a quando non si concludono tutte le operazioni, anche di natura squisitamente finanziaria, conseguenti all’attività svolta, compresa la riscossione di compensi non ancora pagati dai clienti, seppure escludendo quelli non più esigibili, come nel caso di crediti già colpiti da prescrizione.

In alternativa, per chiudere la partita Iva, il contribuente professionista può anticipare il “momento impositivo”, emettendo fattura e versando tutta l’imposta relativa alle operazioni di dismissione dei beni strumentali ed ai compensi ancora da riscuotere.

In materia di Imposizione diretta, escludendo la possibilità di considerare i compensi riscossi dopo la chiusura della partita Iva come “occasionali”, visto che mancano i requisiti per considerarli tali, l’Agenzia ha precisato che i compensi riscossi dopo la cessazione dell’attività mantengono la loro natura di redditi derivanti da arti e professioni e, come tali, sono da dichiarare nel periodo d’imposta nel quale si verifica la riscossione oppure, prima, inserendoli tra i redditi (professionali) dell’ultimo anno di attività.

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