Coronavirus, smartworking, imprese siciliane ancora impreparate - QdS

Coronavirus, smartworking, imprese siciliane ancora impreparate

Serena Giovanna Grasso

Coronavirus, smartworking, imprese siciliane ancora impreparate

mercoledì 08 Aprile 2020

Unioncamere: nell’Isola solo un’azienda su dieci (13%) dotata di sistemi di cybersecurity, una su quattro di cloud (23%). Il Trentino Alto Adige è la regione che riesce ad accogliere in modo più efficiente le sfide del lavoro agile: infatti, ben una realtà imprenditoriale su due è fornita di strumenti che proteggono dagli attacchi informatici e assicurano connessione ai dati aziendali da remoto. Si conferma ancora il gap Settentrione-Mezzogiorno

PALERMO – In questa fase di emergenza, le imprese italiane stanno facendo un grande sforzo per garantire il prosieguo delle attività anche a distanza, dove questo è possibile, attraverso l’uso dello smartworking. Purtroppo però, non tutte sono adeguatamente attrezzate sotto il profilo tecnologico per assicurare una connessione ai dati aziendali da remoto e un’adeguata protezione dagli attacchi informatici. Questo è quanto accade in particolar modo nelle regioni del Mezzogiorno.

Infatti, secondo i dati diffusi da Unioncamere, relativi alle 18 mila imprese che hanno svolto online il test di maturità digitale attraverso i Punti impresa digitali (Pid), al Sud ed in particolare in Sicilia si osserva la situazione di maggior affanno. Proprio nella nostra regione è possibile osservare l’incidenza più contenuta a livello nazionale di imprese dotate di strumenti di cybersecurity che garantiscono sicurezza nella gestione dei dati, mediante un’adeguata protezione dagli attacchi informatici (13%, poco più di un’impresa su dieci, contro una media nazionale del 29%). Non va tanto meglio neppure in merito alla dotazione di sistemi cloud, necessari ad ottenere una più agile transizione delle attività svolte all’interno degli uffici in modalità “smart”: infatti, ne risulta fornita poco meno di un’impresa siciliana su quattro (23%, contro una media nazionale del 35%); in questo caso, fa peggio solo il Molise (22%).

Come ormai d’abitudine, le realtà territoriali che rispondono meglio si trovano nell’Italia settentrionale: nel dettaglio, le imprese più equipaggiate si registrano nel Nord-Est per quanto riguarda l’adozione di strumenti di cybersecurity (37% del totale) e nel Nord-Ovest per quanto, invece, attiene all’uso di sistemi cloud (40%). A livello regionale, le imprese del Trentino Alto Adige sono le più strutturate a raccogliere la sfida del lavoro “smart”: infatti, una su due ha dichiarato di avere sistemi di cloud (51%) e di protezione dei dati per le connessioni da remoto (50%). Per quanto riguarda le imprese dotate di sistemi cloud, una buona copertura, seppur distante dall’eccellenza del Trentino Alto Adige, si registra anche in Lombardia (42%), Liguria (40%), Umbria (39%) e Toscana (37%).

Mentre relativamente alle imprese fornite di strumenti di cybersecurity, un’incidenza particolarmente elevata si registra anche in Emilia Romagna (39%), Umbria e Marche (entrambe le regioni con il 36%), Lombardia e Piemonte (in entrambi i casi con il 34%). Sardegna (31%) e Campania (30%) sono le regioni con l’incidenza maggiormente elevata di imprese con sistema cloud per il Mezzogiorno. Relativamente alla dotazione di strumenti di cybersecurity per il Mezzogiorno “spiccano” le imprese allocate in Molise (24%) e Sardegna (21%).

Dunque, complessivamente possiamo affermare che le imprese italiane non sono ancora pronte alla sfida dello smartworking, naturalmente con i vari differenti gradi di impreparazione a livello regionale. E ancora una volta si conferma il profondo gap che divide Mezzogiorno e Settentrione, così come avviene in tanti altri ambiti.

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