A fare chiarezza sul fenomeno sono i risultati di uno studio prospettico, primo al mondo, condotto su 152 pazienti e coordinato da Arianna Di Stadio
Le alterazioni dell’olfatto rappresentano uno dei sintomi più comuni della sindrome da Long Covid. Tra il 20% ed il 25% dei pazienti lamenta, infatti, disturbi dell’olfatto anche dopo un anno dall’infezione da Sars-CoV-2.
A fare chiarezza sul fenomeno sono i risultati di uno studio prospettico, primo al mondo, condotto su 152 pazienti e coordinato da Arianna Di Stadio, professore associato di Otorinolaringoiatria all’Università di Catania. Alla ricerca, pubblicata sulla rivista scientifica ‘Brain Sciences’, ha partecipato Angelo Camaioni, direttore del Dipartimento testa-collo e della Uoc Otorinolaringoiatria dell’azienda ospedaliera San Giovanni-Addolorata.
I risultati dello studio
Nel dettaglio i risultati chiariscono che ben il 32,8% dei pazienti ha presentato anosmia (perdita dell’olfatto, Ndr), il 16,4% iposmia (parziale riduzione del senso dell’odorato), il 6,6% parosmia (allucinazione olfattiva)/cacosmia (erronea percezione di un odore reale) e il 32,8% una combinazione di iposmia e parosmia. Solo il 4,6% ha sofferto esclusivamente di cefalea, mentre l’1,4% cefalea e confusione mentale come sintomi d’esordio. In particolare, la cefalea era riportata dal 50% dei pazienti e la confusione mentale dal 56,7%.
Caratteristiche comuni sindrome Long Covid
“L‘alterazione dell’olfatto e il coinvolgimento cognitivo sono caratteristiche comuni della sindrome da Long Covid. La confusione mentale – spiega Camaioni nello studio – spesso descritta come ‘brain fog’, potrebbe influenzare l’olfatto alterando il ricordo degli odori o attraverso un meccanismo condiviso di neuroinfiammazione. Abbiamo indagato la confusione mentale, la cefalea e la funzione cognitiva in pazienti adulti con disfunzione olfattiva persistente dopo infezione da Sars-CoV-2. Questo studio trasversale multicentrico ha arruolato 152 adulti che riferivano disfunzione olfattiva afferenti a 3 centri terziari specializzati in disturbi olfattivi da Covid-19. Criteri di inclusione sono stati l’alterazione olfattiva dopo infezione da Sars-CoV-2 persistenti per oltre 6 mesi dall’infezione, età maggiore di 18 anni e inferiore a 65 anni”. I PAZIENTI ESAMINATI (CONTINUA QUI LA LETTURA)
Dallo studio sono stati esclusi pazienti con alterazione dell’olfatto, cefalea, o disturbi mnemonici precedenti all’infezione. I pazienti sono stati esaminati tramite esame olfattometrico, esame endoscopico nasale, scale di valutazione delle cefalea, valutazione della cognitivi, Mini Mental State Examination (Mmse). La disfunzione olfattiva è stata stratificata e classificata in base alla severità del deficit e in base alla presenza o meno di distorsione dell’olfatto (parosmia, cacosmia). I dati inerenti l’olfatto, la cefalea, la confusione ed il Mmse sono stati analizzati per valutare eventuali connessioni.
“I pazienti che riferivano cefalea, confusione mentale, o entrambe – evidenziano i ricercatori – mostravano un rischio significativamente maggiore di soffrire di anosmia e/o iposmia se confrontati con la controparte senza sintomi neurologici. Nessuno dei pazienti ha riportato un punteggio ridotto al Mmse. Nella nostra coorte di pazienti post-Covid con sintomi olfattivi persistenti oltre i 6 mesi, la cefalea ed il coinvolgimento cognitivo erano associati con deficit olfattivi più severi, coerentemente con meccanismi neuroinfiammatori mediatori di una varietà di sintomi nei pazienti con sindrome Long Covid”.