Dissesto idrogeologico, speso il 25% dei fondi, “Ma siamo la Regione che ha avviato più cantieri” - QdS

Dissesto idrogeologico, speso il 25% dei fondi, “Ma siamo la Regione che ha avviato più cantieri”

Rosario Battiato

Dissesto idrogeologico, speso il 25% dei fondi, “Ma siamo la Regione che ha avviato più cantieri”

venerdì 22 Novembre 2019

La Corte dei Conti “censura” le gestioni del passato. Con il Governo Musumeci passi avanti, ma si deve fare di più. Maurizio Croce: “Partiti 91 cantieri per 126 milioni di euro”. Il bilancio del fondo nazionale e i dati dell’Ispra: in Sicilia sette emergenze negli ultimi sei anni

PALERMO – I soldi ci sono, il dissesto pure. Due concetti destinati a non doversi incontrare mai come due rette parallele, perché di fatto i soldi dovrebbero appunto servire a mettere in sicurezza il territorio e quindi a depotenziare il rischio idrogeologico, che però, invece, in Sicilia si incrociano sempre più spesso perché i fondi, pur essendoci, restano soltanto teorici con i cantieri, quando si riesce a farli, che restano lentissimi. E la prevenzione, che è anche la riduzione del consumo di suolo, continua a restare un sogno lontano. Un problema quello della mancata prevenzione che per la verità riguarda tutto il Paese, come dimostrano i tragici fatti dei giorni scorsi, quando Venezia è stata sommersa da un metro e novanta di acqua. Un caso emblematico dell’incapacità delle istituzioni, a tutti i livelli, di governare il territorio nonostante siano stati spesi quasi 6 miliardi di denaro pubblico per costruire il faraonico “Mose”, mai entrato in funzione.

È un Paese dove si interviene (o meglio, si promette di intervenire) sempre a tragedia avvenuta, come è accaduto solamente ed esattamente un anno fa – era il novembre 2018 – in provincia di Palermo quando l’esondazione del fiume Milicia costò la vita a nove persone. Un fatto che si aggiunge a quelli ben noti del messinese verso la fine degli anni dieci del duemila, ma che non sembra smuovere le coscienze di chi dovrebbe intervenire. Secondo Erasmo D’Angelis, già a capo della struttura di missione di Palazzo Chigi contro il dissesto, durante il governo Renzi, e attualmente segretario generale dell’Autorità di bacino distrettuale del Centro Italia, la Sicilia avrebbe 800 milioni di euro contro il dissesto attualmente bloccati per mancanza di piani.

PIANO STRALCIO: I SOLDI CI SONO
Il ritornello è sempre lo stesso: i soldi ci sono e vanno soltanto spesi. In questo passaggio, tuttavia, si annida praticamente il grande problema degli ultimi decenni, cioè l’avvio dei cantieri, quindi quel momento in cui i fondi stanziati di fatto si tramutano in opere concrete. Anche per il ministro Costa il punto è chiaro: “occorrono progetti esecutivi per aprire i cantieri e mettere in sicurezza il Paese. I fondi ci sono e vanno spesi”. Il Piano Stralcio ha messo sul piatto 315 milioni di euro nel 2019 per finanziare “progetti esecutivi di tutela del territorio dal dissesto idrogeologico e prevede 263 interventi in tutte le regioni”. In campo ci sono 11 miliardi di euro per il triennio, 2019-2021, nell’ambito del Piano nazionale Proteggi Italia. Per quanto riguarda il 2019, alla Sicilia sono toccati poco meno di 21 milioni di euro per 12 progetti. Otto i comuni coinvolti nel messinese, una delle zone più a rischio, per azioni di consolidamento di costoni rocciosi o fiumare, poi gli altri nel palermitano (2), nel trapanese (1) e nell’ennese (1).

LA PREVENZIONE CHE AIUTA
Lo scorso luglio era stato dato il via libera a oltre 144 milioni di euro per 54 interventi nei comuni siciliani finalizzati alla mitigazione del rischio idrogeologico e per la riduzione di erosione costiera. Ad agosto 70 milioni di euro, provenienti da rimodulazioni delle risorse del “Patto per il Sud – Fondo Sviluppo e Coesione”, erano stati destinati per 19 opere in centri abitati per prevenire fenomeni franosi; 20 milioni per interventi su fiumi e torrenti; ulteriori 16 milioni per la pulizia di un centinaio di torrenti e fiumi. Alcuni cantieri sono effettivamente partiti, altri invece non possono più aspettare: in settimana l’associazione Marevivo ha lanciato un nuova allarme per la spiaggia di Eraclea Minoa, dove “un’altra fascia di boschetto è sparita ed è crollato un ristorante ancora presente in spiaggia; Eraclea Minoa non può più aspettare gli interventi programmati dalla Regione siciliana”.

Che non ci sia un solo minuto da perdere lo sa bene Maurizio Croce – già assessore al Territorio del governo Crocetta e attualmente commissario straordinario contro il dissesto idrogeologico – che, proprio nei giorni scorsi, ha fatto riferimento all’importanza della prevenzione, nel senso della pulizia e ordinaria e straordinaria dei fiumi, ma anche alla necessità di ridurre il consumo di suolo.

UN TERRITORIO AD ALTO RISCHIO
La storia recente non lascia spazio a dubbi quanto a pericolosità del territorio siciliano. Nel 2017, secondo quanto riportato dall’annuario ambientale dell’Ispra publicato a marzo, la Sicilia è stata protagonista di uno dei quindici eventi alluvionali più forti dell’anno, accaduto tra 21 e 23 gennaio, col coinvolgimento di sei province, determinando danni per 30,8 milioni di euro.

Sempre nel 2017, sono stati ben 12 gli eventi franosi siciliani che risultano tra i 172 più pericolosi dell’anno. Allargando il raggio d’azione, tra il 2000 e il 2015, il dissesto in Sicilia ha fatto registrare 168 eventi, 58 morti e danni per circa 4 miliardi di euro. Nel mirino soprattutto le arterie viarie: 9 mila episodi di dissesto tra il 2002 e il 2016 che hanno fatto registrare danni per 50 milioni di euro all’anno.

IL BILANCIO DEL FONDO NAZIONALE
Nelle scorse settimane è stata diffusa la relazione sul “Fondo per la progettazione degli interventi contro il dissesto (2016-2018)” approvata dalla Sezione centrale di controllo della Corte dei conti, che ha preso in esame le modalità di funzionamento e di gestione del Fondo, la governance e le responsabilità dei soggetti attuatori e l’efficacia delle misure emanate.

La Corte, pur riferendosi alla situazione nazionale, ha comunque evidenziato alcune criticità che è possibile attribuire anche agli storici ritardi della Sicilia come l’inadeguatezza delle procedure e la debolezza delle strutture attuative, passando per l’assenza di adeguati controlli e monitoraggi. I giudici contabili, in particolare hanno denunciato “uno scarso utilizzo delle risorse” riferito certo – va detto per dovere di cronaca – al periodo antecedente all’insediamento del Governo Musumeci: nel 2017 l’Isola è stata destinataria di 15,9 milioni di euro per la progettazione di 71 interventi, ma “il Commissario straordinario – si legge nella relazione – ha comunicato di aver posto in essere complessivamente 18 procedure di gara”, appaltando servizi di architettura e ingegneria per poco più di 6 milioni di euro.

I NUMERI DEL RENDIS
Secondo i dati del ministero dell’Ambiente, riportati nel Repertorio nazionale degli interventi per la difesa del Suolo gestito dall’Ispra, tra il 1999 e il 2017, la Sicilia ha ricevuto, tramite fondi ministeriali, oltre 660 milioni di euro, riuscendo a concludere soltanto un intervento su due (51%) e spendendo complessivamente il 44% delle risorse (306 milioni su 661).

Maurizio Croce: “Partiti 91 cantieri per 126 milioni di euro”

PALERMO – Maurizio Croce, già assessore al Territorio nella passata amministrazione, è il Commissario di governo contro il dissesto idrogeologico nella Regione siciliana. Il suo bilancio della spesa è particolarmente positivo.

In questi giorni si parla tanto di fondi e di mancata spesa, di cantieri congelati e tutto il resto. Come sta la Sicilia da questo punto di vista?
“Stiamo molto meglio rispetto al resto d’Italia, perché siamo tra le regioni che hanno avviato più cantieri rispetto ad altri, prendendo come riferimento i Patti per il Sud. Bisogna considerare che nel corso del 2019 abbiamo avviato 91 cantieri per circa 126 milioni di euro, un risultato che fa chiaramente riferimento alle procedure avviate nel corso del 2018”.

Il Rendis dice che un intervento su due in Sicilia non è completato. Certo si tratta di altri fondi e di altre amministrazioni, ma esiste un problema di spesa?
“Il Rendis è uno strumento statico, nel senso che per avere il vero quadro degli interventi bisognerebbe dotarsi di uno strumento più dinamico in grado di cogliere in tempi rapidi gli aggiornamenti”.

La Sicilia comunque resta nel mirino del dissesto. Cosa fare?
“Per il governo Musumeci la messa in sicurezza del territorio è una delle priorità. Non a caso c’è un miliardo ad hoc destinato dei fondi 2014/2020. È un segno di responsabilità anche se dettato dal fatto che la Sicilia, rispetto ad altre realtà, è chiaramente in misura maggiore nel mirino del rischio naturale, tuttavia c’è uno sforzo concreto. Anche il 25% dei fondi spesi, rispetto a un plafond così sostanzioso, è un segnale di avanzamento”.

Monitoraggio sugli interventi

Dodici bandi sul sito del Commissario. Ancora pochi lavori e molti progetti

PALERMO – Ci sono 12 bandi attivi sul sito del Commissario di governo contro il dissesto idrogeologico nella Regione siciliana, alcuni relativi a progettazioni e studi, altri per gli interventi veri e propri. Scadrà il 13 gennaio un bando da 427 mila euro, importo complessivo a base di gara, per l’affidamento di indagini geologiche, geotecniche, e di altri studi e attività di campo, inclusa progettazione e coordinamento di sicurezza in fase di progettazione, per gli “Interventi finalizzati alla mitigazione del rischio da crollo dalle pareti di Monte Gallo”.

Il 16 dicembre è la data ultima per partecipare a un bando da circa 308 mila euro, come importo complessivo a base di gara, per l’affidamento di studi e indagini, progettazione relativa agli “Interventi di riequilibrio litoraneo ed adeguamento delle opere di protezione della spiaggia in località Canneto” nel Comune di Lipari. Circa 77 mila euro sono destinati all’appalto, in scadenza sempre il 16 dicembre, per l’affidamento della progettazione definitiva ed esecutiva relativa al “Consolidamento della Via Santuario” nel comune di Alessandria della Rocca, in provincia di Agrigento.

Altri interventi, sempre relativi a progettazione e/o indagini geologiche, scadranno l’11 dicembre – 62 mila euro a Capizzi, in provincia di Messina –, mentre 2,8 milioni di euro, con scadenza il 10 dicembre, riguardano l’appalto per l’affidamento degli “interventi urgenti di ripristino della funzionalità della via Quaranta a Bisaquino, provincia di Palermo”.

C’è tempo fino al 9 dicembre per partecipare al bando di circa 90 mila euro per indagini e progettazione di un intervento a Palma di Montechiaro, nell’agrigentino. Un intervento da 3 milioni di euro riguarda, con scadenza al 6 dicembre, l’affidamento dei lavori di “ripascimento artificiale del litorale in erosione della frazione marina di Eraclea Minoa a protezione del viale Eracle, via Artemide, viale Minosse”, sempre in provincia di Agrigento.

Un altro milione di euro, con scadenza al 2 dicembre, è per l’affidamento dei lavori di “mitigazione rischio idrogeologico del pendio a valle della via Cremona e via Lo Presti nel Comune di Salemi (TP)”.

Circa 700 mila euro, con scadenza al 25 novembre, sono destinati all’appalto per i lavori di “consolidamento e messa in sicurezza versante ovest del quartiere S. Maria nel Comune di Agira (EN)”. Scadranno verso la fine di novembre anche altri due appalti per servizi destinati alla progettazione.

I dati dell’Ispra
In Sicilia 7 emergenze negli ultimi sei anni

PALERMO – Nel corso degli ultimi sei anni, cioè dal maggio 2013 a quello 2019, in tutta Italia, secondo l’Ispra, sono stati dichiarati 87 stati d’emergenza in seguito a siccità, alluvioni e frane, con danni per 9,4 mld accertati dai relativi Commissari.

La Sicilia ha avuto la sua parte: 7 emergenze e 82 mln riconosciuti, su un totale di 9,4 mld, con un importo richiesto dalla Regione pari a 624 mln. Numeri che sembrano andare oltre anche quelli che sono i dati potenziali registrati del rischio idrogeologico isolano.
Il 4% del territorio è a rischio alluvione, una statistica che vale circa un migliaio di kmq e che interessa circa 20 mila persone. Per quanto riguarda la pericolosità da frana, ci sono circa 1.500 kmq coinvolti e circa 120 mila siciliani che vivono all’interno di questo perimetro.

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