Donne in politica sono ancora l’eccezione e non la regola - QdS

Donne in politica sono ancora l’eccezione e non la regola

Raffaella Pessina

Donne in politica sono ancora l’eccezione e non la regola

giovedì 13 Ottobre 2022

Calano le presenza rosa all’Ars: 10 elette (18 nella precedente legislatura). Josè Marano (M5s) al QdS: “Leggi inutili se la mentalità non cambia”

ROMA – Le donne in politica continuano ad essere l’eccezione e non la regola. Alla fine della competizione elettorale per il rinnovo del parlamento siciliano su 70 deputati eletti le donne sono una decina: situazione peggiorata rispetto alla passata legislatura quando le presenze femminili a Sala d’Ercole erano 18 su 70 (quasi il 26%), mentre nei consigli regionali italiani la media è stata del 34,2 per cento.

Il commento di Josè Marano

Ci sarà da sperare che la giunta regionale formata dal presidente Renato Schifani possa contare su una congrua percentuale di presenza femminile. Il Quotidiano di Sicilia ha sentito telefonicamente José Marano, una delle poche deputate riconfermate a Palazzo dei Normanni: “Il problema della presenza delle donne in politica è tutt’altro che semplice – ha detto Marano – Noi possiamo fare tutte le leggi che vogliamo, ma se la mentalità non cambia, le donne dovranno sempre dimostrare di essere brave il doppio degli uomini. Non parliamo poi dei posti ‘di comando’: in Sicilia ad esempio, dalla prima legislatura ad oggi, solo un paio di volte la vice presidenza dell’Assemblea regionale è stata affidata ad una donna. Ci vorrà ancora del tempo prima che possa raggiungere una parità vera in politica”.

Tra l’altro il trend siciliano è contrario a quello di altre regioni. Secondo l’Istat, infatti, nel 2021 la percentuale di donne elette nei Consigli regionali è aumentata (22,3% era 22% nel 2020). Questo risultato è legato all’incremento della presenza femminile nel rinnovato Consiglio regionale della Calabria (19,4% era 9,7% nel 2020). Il nuovo obiettivo, secondo la Strategia Nazionale per la Parità di genere 2021-2026 è di raggiungere nel quinquennio una media nazionale del 40% di presenza femminile nei consigli regionali.

L’Italia indietro rispetto alle altre nazione europee

L’Italia resta peraltro indietro su questo fronte rispetto alle altre nazioni europee, perché sempre secondo il rapporto Istat “Sdgs 2022” nel 2021 la quota complessiva di donne nel Parlamento europeo è pari al 39%, (in diminuzione rispetto al 2019 quando era 41%). La delegazione italiana di donne è del 39,5%, un valore ancora lontano da quello raggiunto dai Paesi come la Finlandia e la Svezia (entrambe 57,1%), la Francia, il Portogallo e la Spagna (rispettivamente 49,4%; 47,6% e 44,1%). Ma la quota di donne elette nel Parlamento nazionale è del 35,4%: un livello superiore alla media dei Paesi Ue27 (33,1%; nel 2021).

Su questo argomento il Partito democratico al suo interno ha intavolato una polemica da parte di Alessia Morani, componente della direzione Dem, “Da giorni stiamo discutendo della prima donna capo di partito e di coalizione che con tutta probabilità sarà incaricata dal Presidente Mattarella di formare il prossimo governo. Si tratta di Giorgia Meloni, una donna di destra che è arrivata laddove noi della sinistra non siamo mai riuscite” mentre “nel nostro schieramento stiamo discutendo di una débâcle elettorale il cui esito catastrofico si estrinseca anche nella mancanza di donne elette”.

La decisione di nominare due donne capogruppo del Pd – ha aggiunto – è “una toppa peggiore del buco”: è “ineludibile” un segnale di svolta e sono le donne a dover essere protagoniste del cambiamento. Ciò che salta all’occhio e lascia attonite è il totale scarico di responsabilità: è sempre colpa di qualcun altro se mancano le donne elette nel Pd. È colpa nell’ordine: delle correnti, dei territori, tra un po’ sarà il destino cinico e baro. Solo il 30% di elette e nessuna capolista al sud per il Pd sono un arretramento politico e culturale clamoroso. Forse non è chiaro, ma il 30% di donne elette attiene alla credibilità del Pd – dice Morani -. Se diciamo di essere un partito che pratica la parità tra i generi e poi ogni volta non lo facciamo, abbiamo un serissimo problema di credibilità. Occorre che le donne accantonino la loro innata ritrosia al conflitto e facciano le battaglie per conquistarsi i ruoli che meritano. Non deve essere un uomo che decide che le capigruppo del Pd saranno donne per darci un contentino post elettorale. Devono essere le donne che decidono di esserci, di buttarsi nella mischia e conquistarsi il proprio ‘posto nel mondo’”.

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