Ecco perché esistono “due Italie”. Enti virtuosi con i costi standard - QdS

Ecco perché esistono “due Italie”. Enti virtuosi con i costi standard

Carlo Alberto Tregua

Ecco perché esistono “due Italie”. Enti virtuosi con i costi standard

mercoledì 24 Luglio 2019

La legge 42/2009 ha introdotto il principio di costi e fabbisogni standard in tutti gli enti regionali e locali, sostituendoli ai cosiddetti costi storici.
Sulla materia si è pronunciata la Corte costituzionale, alla quale era stato rivolto il quesito se fossero ancora in conformità alla Magna carta i costi storici. La Consulta ne ha confermato la legittimità e non si può che prenderne atto.

Tuttavia, vogliamo ricordare che i costi storici sono anacronistici perché significa ripetere pedissequamente una situazione che si è verificata nel passato, senza adattarla ai continui mutamenti delle necessità gestionali di Regioni ed Enti locali.
Continuare a formulare i relativi bilanci sulla base dei costi storici impedisce la modernizzazione dell’organizzazione aziendale di tali enti e prosegue lo spreco, in quanto viene impedita la razionalizzazione dei costi.
È un tipico caso in cui la legge formale non corrisponde alle esigenze effettive per soddisfare i bisogni dei cittadini.

Le polemiche di questi giorni fra i due Presidenti delle Regioni Lombardia e Veneto, Fontana e Zaia, e il Presidente del Consiglio, per la verità non hanno alcuna consistenza. Ci spieghiamo. Il professore Giuseppe Conte sostiene che non si possono avere due Italie attraverso gli accordi sulle autonomie richieste dalle due Regioni appena citate, cui si è aggiunta l’Emilia Romagna mediante delibera del Consiglio.
Ma le due Italie di fatto esistono: basta verificare il reddito pro capite, il Pil pro capite, il tasso di disoccupazione, soprattutto quello giovanile, il parametro relativo alle infrastrutture, l’assenza di una economia circolare al Sud che invece è applicata generalmente al Nord, la ricchezza estesa in quest’ultimo territorio che fa da contrappunto alla povertà estesa nel Mezzogiorno. Ecco alcuni degli indici che certificano la presenza di due Italie.
La responsabilità di questo stato di cose è in primo luogo delle deputazioni meridionali che nel Parlamento non sono state capaci, in questi settant’anni, di ottenere sufficienti risorse per migliorare lo stato economico del Sud. Ma vi è anche la grave responsabilità dei Presidenti delle Regioni e dei sindaci.
Per esempio, prendiamo la Sanità. Nelle due regioni Lombardia e Veneto, essa è di un livello nettamente superiore di quello delle regioni meridionali come Sicilia e Campania.
Siccome l’organizzazione del servizio è affidata alla responsabilità di quegli Enti, non si può che certificare come le regioni meridionali non sono state capaci di funzionare adeguatamente come hanno fatto quelle del Nord.
Un dato dimostra ciò che scriviamo: la Regione siciliana spende ogni anno all’incirca duecento milioni per pagare le cure cui i siciliani si sottopongono nelle regioni del Nord. Perché questo esodo? Perché evidentemente la qualità del servizio sanitario dell’Isola, nel suo complesso, non è adeguato, pur presentando macchie di eccellenza.
La questione di migliorare l’efficienza dei servizi in regioni e comuni è essenziale perché non è più possibile continuare a coprire le inefficienze e le incapacità gestionali dei dirigenti meridionali mediante maggiori risorse finanziarie, che sono uno spreco.

Cosicché, il principio generale dell’equità e della responsabilità secondo cui le Regioni e i Comuni debbano spendere in modo efficiente e razionale è incontestabile.
Un governo serio, che mirasse ad ottenere il miglior risultato della spesa pubblica, dovrebbe far approvare una legge che premiasse Regioni ed Enti locali più efficienti e inducesse gli altri a diventare efficienti.
Lo strumento c’è ed è appunto quello citato della legge sui costi e fabbisogni standard.
Il governo dovrebbe pubblicare una graduatoria di Regioni ed Enti locali che spendessero con i migliori risultati. E poi, invitare gli enti in fondo alla graduatoria ad adeguarsi, conferendo loro risorse finanziarie non più in base ai vecchi e superati costi storici ma con i parametri degli enti virtuosi.
In questo modo, si farebbero risaltare meriti e demeriti, con la conseguenza che tutti dovrebbero (potrebbero) correre per diventare più bravi.

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