Le ex Province nel pantano politico-istituzionale dopo anni di annunci spot, chiacchiere e pasticci - QdS

Le ex Province nel pantano politico-istituzionale dopo anni di annunci spot, chiacchiere e pasticci

Giovanna Naccari

Le ex Province nel pantano politico-istituzionale dopo anni di annunci spot, chiacchiere e pasticci

mercoledì 29 Luglio 2020

Commissariamenti senza fine e tanta confusione, il futuro degli Enti intermedi è ancora tutto da decifrare. I costi da sostenere, soltanto per mantenere gli apparati sono stati utilizzati, nel 2018 (ultimo dato disponibile sul portale Siope) 415 milioni di euro di spesa corrente

Lo stato d’incertezza in cui continuano a navigare le ex Province regionali, trasformate dopo la riforma targata Rosario Crocetta in Città Metropolitane e Liberi Consorzi comunali, potrebbe terminare a inizio 2021, quando sindaci e consiglieri dei 390 Comuni dell’Isola andranno alle urne per dare una guida politica agli Enti intermedi, commissariati da circa un decennio, e ritrovare il filo della gestione dei servizi, perso dopo anni di caos legislativo.

Lo ha annunciato l’assessore alle Autonomie locali e alla Funzione pubblica Bernardette Grasso. Le elezioni dei Consigli e dei vertici dei nuovi Enti, che avrebbero dovuto assicurare una ripartenza sia per le funzioni, sia per il personale, sono state rinviate più volte, lasciando navigare a vista gli Enti in questione con commissariamenti che sono andati avanti di proroga in proroga.

Alle ex Province, viste le disposizioni nazionali contenute nella legge Delrio (56/2014), la politica regionale avrebbe dovuto fornire gli strumenti per la riduzione dei costi degli apparati e per snellire i servizi dell’Amministrazione, ma il futuro all’insegna dell’economia e dell’efficienza, è rimasto sepolto sotto le varie norme varate durante la precedente legislatura: dopo l’abolizione degli Enti con la legge 8/2014, sono state approvate le disposizioni per Città Metropolitane e Liberi Consorzi comunali con la legge 15/2015 e, infine, la legge 17/2017 ha un ritorno all’elezione diretta dei presidenti e dei consiglieri. Quest’ultima però è stata dichiarata illegittima dalla Corte costituzionale, perché in contrasto con la normativa nazionale. E tutto è rimasto bloccato.

Per colmare il vuoto legislativo, due anni fa con il Governo Musumeci l’Ars ha approvato la legge 23/2018 che ha stabilito le consultazioni di secondo livello, mandando alle urne i sindaci e i consiglieri dei 390 Comuni dell’Isola. Nei Liberi Consorzi di Agrigento, Caltanissetta, Enna, Ragusa, Siracusa e Trapani le elezioni riguarderanno presidenti e consigli, mentre nelle Città Metropolitane di Palermo, Catania e Messina verranno eletti solo i Consigli, poiché il sindaco coincide con il primo cittadino del Comune capoluogo.

Intanto, resta il commissariamento. Le elezioni per i nuovi organi delle ex Province sono previste sessanta giorni dopo l’elezione dei sindaci e dei Consigli comunali, quindi a seguito della tornata elettorale programmata per il prossimo autunno.

Nel frattempo però, come testimoniano i dati della piattaforma Siope (Sistema informativo delle operazioni degli Enti pubblici), al 2018 (ultimo dato disponibile) le spese correnti degli Enti intermedi siciliani hanno fatto raggiungere la ragguardevole cifra di 415 milioni di euro, così suddivisi: Libero Consorzio comunale di Agrigento 33 milioni di euro; Libero Consorzio comunale di Caltanissetta 26 milioni; Città Metropolitana di Catania 81 milioni; Libero Consorzio comunale di Enna 17 milioni; Città Metropolitana di Messina 56 milioni; Città Metropolitana di Palermo 99 milioni; Libero Consorzio comunale di Ragusa 27 milioni; Libero Consorzio comunale di Siracusa 46 milioni; Libero Consorzio comunale di Trapani 30 milioni.

Niente male per degli Enti che, almeno sulla carta, non dovrebbero esistere più già da anni.

bernardette grasso

L’assessore alle Autonomie locali, Grasso “Le elezioni di secondo livello si faranno”

Per comprendere meglio quale sarà il futuro delle ex Province regionali abbiamo interpellato l’assessore regionale alle Autonomie locali, Bernardette Grasso.

Quando si terranno le elezioni per i vertici e i Consigli di Città Metropolitane e Liberi Consorzi?
“Il Governo regionale più volte aveva fissato le elezioni, poi il Parlamento ha deciso di rinviarle ad aprile, prima delle elezioni amministrative. Con l’emergenza epidemiologica si sono spostate le elezioni in autunno e si è deciso che subito dopo i tempi tecnici si terranno le elezioni per le ex Province, penso a gennaio. Intanto, cerchiamo di dare a questi Enti un assetto politico, ringraziando i commissari, che stanno facendo un lavoro egregio nel mandare avanti le varie attività. Non so se le elezioni di secondo livello siano la strada giusta, sono stata firmataria, nella passata legislatura, della legge che ripristinava l’elezione diretta, poi impugnata dalla Corte Costituzionale perché in contrasto con la legge Delrio. Oggi occorre una riforma per rimettere in piedi le ex Province con nuove funzioni, ma occorrono risorse. Come sostiene il presidente Musumeci, la Regione deve programmare, pianificare e alle Province deve trasferire nuove funzioni e risorse. Noi oggi, come Regione, stiamo cercando di far sopravvivere questi Enti, soprattutto per garantire i servizi, la manutenzione di strade e scuole che spetta loro per legge”.

Qual è la situazione attuale e come immagina il futuro?
“Oggi la situazione è critica. Il Governo Musumeci, al suo insediamento, ha trovato le Province quasi tutte in dissesto, perché nella precedente legislatura erano state abolite solo a parole, con una norma, ma di fatto erano rimaste lì con tutte le funzioni, i dipendenti e al collasso dal punto di vista economico. La Lege Crocetta ha creato un’instabilità istituzionale da un lato, con l’abolizione delle ex Province e la nomina dei commissari e, dall’altro, il disastro economico perché lo Stato, da quando la Sicilia ha abolito questi Enti, non ha più trasferito le risorse, ma ha chiesto il concorso al risanamento della finanza pubblica, così come ai Comuni. L’anno scorso erano quasi tutte in dissesto, ma abbiamo chiuso un accordo con lo Stato per recuperare 100 milioni in più. In totale quindi abbiamo 200 milioni di euro, 100 previsti dall’accordo oltre ad altri 100 milioni dal bilancio della Regione, e 540 milioni da ripartire in cinque anni secondo l’accordo con lo Stato per la manutenzione straordinaria di edifici scolastici e strade provinciali. Ci siamo dunque fatti carico, dal punto di vista economico, di un trasferimento a valere sul bilancio regionale e siamo riusciti a diminuire il concorso alla finanza pubblica, ma sicuramente lo Stato deve ripristinare il fondo destinato. Non deve dimenticare che ha un obbligo e che non deve gravare sulla Regione”.

In che altri modi sta intervenendo la Regione?
“Quest’anno nella Legge di Stabilità ho eliminato il divieto di mobilità dei dipendenti, stiamo cercando di garantire le Province con le risorse di 540 milioni. Tante strade provinciali che erano all’interno del Patto per il Sud sono state inserite nel programma dell’assessorato regionale alle Infrastrutture. Si sta lavorando per ridare fiato a Enti intermedi che ritengo di vitale importanza, così come è emerso anche a livello nazionale in altre regioni e in Commissione Autonomie locali. Ricordiamoci che abbiamo oggi una riforma scriteriata che costa alla Finanza regionale 100 milioni di euro, che sarebbero potuti andare ai Comuni”.

Come si lavora per la riapertura delle scuole?
“Sulla riapertura delle scuole c’è un’interlocuzione tra Città Metropolitane, Liberi Consorzi e assessorato all’Istruzione. Per quanto riguarda la manutenzione degli edifici, abbiamo già trasferito le risorse alle ex Province”.

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Un commento

  1. Filippo Franzone ha detto:

    In tutto questo marasma c’è da considerare che non è completo l’iter delle Leggi prodotte: rimangono ancora in sospeso le migrazioni dei comuni di Gela, Piazza Armerina, Niscemi e Licodia Eubea.
    L’art. 45 della LR 15/15 non è ancora applicato, le comunità sopra citate hanno prodotto due delibere consiliari ed un referendum CONFERMATIVO per comune, proprio come previsto dalle Leggi vigenti, però ad oggi l’ARS ed il Governo regionale fanno finta di niente, con l’assordante silenzio della stampa regionale che su questa vicenda ha sempre sottaciuto la verità.
    Gela e Niscemi hanno deciso di uscire dal Libero Consorzio di Caltanissetta per aderire alla Città Metropolitana di Catania; Piazza Armerina lascia Enna per la Città Metropolitana di Catania; Licodia Eubea lascia la Città Metropolitana di Catania per aderire al Libero Consorzio di Ragusa.
    In questa vicenda sono state calpestate le volontà popolari, beffardamente la politica regionale fa subire a queste coraggiose comunità:

    LA VIOLAZIONE DEL PRINCIPIO DI LEGALITÀ;
    LA VIOLAZIONE DEL PRINCIPIO DEMOCRATICO;
    LA VIOLAZIONE DEL PRINCIPIO AUTONOMIE LOCALI.

    il principio di legalità, il principio di autonomia, proprio come avveniva nelle dittature latino-americane degli anni ’70.
    La vicenda oggi è arrivata al TAR, attualmente il procedimento è congelato, in attesa dell’indizioni delle elezioni delle ex province.
    In altri territori d’Italia si sarebbe gridato sin da subito allo scandalo, da noi invece all’arroganza della politica si aggiunge il silenzio della stampa.

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