La Fiera delle crudità - QdS

La Fiera delle crudità

Antonino Lo Re

La Fiera delle crudità

Giovanni Pizzo  |
martedì 14 Maggio 2024

Li troverete la vera Katanè, pura e cruda. Perché Catania è così, greca, cruda

Se siete, viaggiatori o meno, nella bellissima, lavica, Catania vi consiglio un passaggio dalla Fiera, il mercato degli ambulanti catanesi sotto la chiesa della Madonna del Carmine. Li troverete la vera Katanè, pura e cruda. Perché Catania è così, greca, cruda, sfrontata, carnale, senza orpelli ed infingimenti più consoni a Palermo. Catania è un grande mercato, di persone e merci, di lavoro ed ingegno, di chi sbarca il lunario e di chi fa grandi imprese.

Passando per uno dei passaggi principali della Fiera ti fermano due colonne di cassette di plastica in stile tardo dorico davanti ad un Carrozzone di salumi e formaggi. Sulle colonne, atte a fermare il traffico pedonale con astuzia commerciale, troneggiano due forme, una di caciocavallo stagionato ed una di freschissimo primosale, è un invito a fermarsi ad assaporare il caglio ancestrale e a comprare dal vociante empatico salumiere. Più avanti vengo intimato con voce degna di Sanremo: dottò ma lei lo conosce il mare? Con il braccio teatrale mi mostra una cassa di gamberoni fluorescenti contornati da zoccole, il termine catanese per le cicale di mare. Lo conosco il mare, ma l’artista pescivendolo insinua sapientemente il dubbio nella mia mente, mi sovviene quanto è profondo il mar di Lucio Dalla, e rifletto su quella simbiosi etnea tra il fuoco vulcanico ed acque dello Jonio della Magna Grecia.

Più avanti in mezzo al cammino ci sta un banco dove si muovono liberi ma prudenti, se non impauriti, dei teneri coniglietti tra gabbie di cardellini. La loro morbida pelosità mi intenerisce, se ne accorge un altro ambulante che mi guarda e mettendosi un indice sulla guancia mi apostrofa: Signò chisti so’ buoni in agrodolce, a morte loro. Il mio sentimento per i teneri coniglietti subisce un rinculo verso la dura e cruda realtà della vita. Catania è così, verace come una vongola, e non illanguidita come un’ostrica con promesse di perle. Catania non promette, ti vende ciò che ha, che siano carni in via Plebiscito o altre carni a San Berillo.

Tutto si scambia in questa città, dalle merci ai voti, agli amori che devono trovare sempre un perché, un sinallagma. Quello che colpisce in uomini e donne, più nelle seconde, è una carnalità forte, lontana dalle figure normanne, dalle Angeliche dei Burattini della lingua d’Oc. È brancatiana Catania, con donne sensualmente potenti e maschi profumati ed incedenti, che sembrano tutti il  Bell’Antonio. Avanzo per la fiera e mi accingo verso la Chiesa della Collegiata, il mio punto d’approdo è il caffè Prestipino in faccia al Liotro a fianco alla Porta Uzeda. In fondo si scorge l’Etna con l’apice innevato ed una corona di nuvole. La signora Franca mi risveglia: ma sempre qua è, mi fa piacere rivederla, si pigghia na granitina con mandorla tostata? A’ vole a brioche?

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