Il primo cittadino palermitano ospite del QdS. Settimane decisive per il destino finanziario dell’Ente, ancora in bilico tra Piano di rientro e rischio dissesto
Intervistato dal direttore Carlo Alberto Tregua, insieme al vice presidente Filippo Anastasi, il sindaco di Palermo e presidente di Anci Sicilia, Leoluca Orlando, risponde alle domande del QdS.
Alla fine del suo secondo mandato, qual è il voto che si dà dopo dieci anni come sindaco?
“Mi do dieci per la qualità della visione e un altro dieci per l’impegno profuso, ma mi rimetto al giudizio dei cittadini sui risultati ottenuti. Ho preso una città con due aziende fallite, l’Amia e l’Agesci e abbiamo fatto un lavoro pazzesco per farle uscire dalle secche. Il secondo mandato doveva essere il mandato del raccordo ed è iniziato a esserlo, con la conquista del riconoscimento dell’Unesco per la Palermo arabo-normanna e con il titolo di capitale della Cultura, la forte espansione dell’aeroporto e l’esplosione del turismo. Poi, nel 2020 è arrivata la mazzata della pandemia sanitaria”.
Gli ultimi mesi sono stati particolarmente difficili, soprattutto nel rapporto con il Consiglio comunale. Qual è la sua ricostruzione politica di quanto avvenuto all’interno dell’ormai ex maggioranza?
“La pandemia sanitaria è stata un’emergenza che abbiamo subito, invece il terremoto politico è stato indotto. La maggioranza con cui sono stato eletto ha seguito le disposizioni di Renzi e mi ha abbandonato. Negli ultimi due anni ho avuto il sostegno di dieci consiglieri su quaranta in Consiglio comunale, che non si è comportato secondo logiche di opposizione, ma facendo semplice ostruzionismo. Non hanno cambiato le delibere proposte, ma le hanno bocciate, lasciando inevase decine di documenti che potrebbero far propri, prendendosene i meriti. Tutto questo ha bloccato un miliardo di euro di opere pubbliche, poiché, non approvando il Piano triennale, non si può procedere con l’avvio dei cantieri. Abbiamo 80 milioni di euro ottenuti per il centro storico, anch’essi bloccati. Non ci sono le delibere approvate per sbloccare le risorse. Ma questo è solo un aspetto di un quadro complesso più ampio, che riguarda il sistema delle Autonomie locali”.
Il Comune sta attraversando, dal punto di vista economico-finanziario, un momento delicato…
“Per evitare il dissesto, ho proposto un Piano di riequilibrio dei conti al Consiglio comunale, che l’ha approvato con l’astensione delle opposizioni. Hanno votato contro i renziani e la Lega. Abbiamo così ottenuto i soldi del 2021, quelli del 2022 e siamo rientrati nel decreto definito Salva Napoli, che ci ha fornito altri 180 milioni da liquidare in vent’anni, mentre Napoli ha ottenuto un miliardo e 300 milioni e Torino un miliardo e 100 milioni. Questa differenza è dipesa da una norma all’interno del decreto, che prevede il rilascio di somme maggiori ai Comuni con disavanzo corretto da debiti. Palermo ha crediti, perciò abbiamo ottenuto meno delle altre città meno virtuose, che hanno superato i quattro miliardi di spesa. Lo Stato, in realtà, cerca di evitare il dissesto, perché con questi meccanismi nessun Comune può uscirne. A Palermo sarebbero sufficienti quaranta milioni annui per tre anni per risolvere i problemi, mentre servirebbero 300 milioni per gli altri comuni”.
Le elezioni sono sempre più vicine e i candidati in questo momento sono davvero tanti. Quali sono le caratteristiche che dovrebbe avere il prossimo sindaco di Palermo?
“Vincerà il candidato che avrà una visione e i palermitani lo capiranno al ballottaggio. Personalmente, sosterrò Franco Miceli, che è stato assessore con me per due anni in passato. In realtà, ero per lo svolgimento delle primarie, che avrebbero rianimato il dibattito politico, poiché i partiti sono deboli. Hanno scelto diversamente, perché temevano che, in quel caso, il mio vice sindaco (Fabio Giambrone, ndr) avrebbe vinto. Lui sarebbe il futuro sindaco l’ideale per la città di Palermo, perché conosce la realtà del Comune”.
Ecco perché i Comuni siciliani non riescono a varare i bilanci
Qual è la situazione dei Comuni in Sicilia e in Italia?
“Il sistema delle Autonomie locali presenta due crisi. La prima nasce dalla disattenzione della politica nazionale verso di esse, poiché sono viste dal Governo, da chi governa senza essere stato eletto dai cittadini, come un concorrente. Al contrario, il sindaco è scelto dalla cittadinanza durante le lezioni e, in un sistema anemico di politica, il sindaco nelle città rappresenta un riferimento essenziale. La seconda crisi conseguente è che abbiamo i soldi per sognare, ma non abbiamo i soldi per sopravvivere. Abbiamo miliardi di euro a disposizione? In realtà, non abbiamo i soldi per pagare le bollette, perché questi miliardi sono fondi prevalentemente europei, non sono quelli correnti che servono per mantenere attivo un Comune. Poi, questi fondi correnti sono scadenti, vista la diminuzione effettuata dalla Stato centrale in questi decenni. Per mancanza di soldi, i Comuni hanno contratto debiti, mentre quello di Palermo non ne ha, ma ha un problema di sovraccreditamento, perché non riusciamo a riscuotere le somme che chiediamo ai contribuenti. A questo si aggiunge il Patto di stabilità europeo, poiché l’Europa ha posto un limite di spesa ai Governi. Con la pandemia di questi ultimi due anni, l’Europa ha sospeso questo patto, permettendo il discostamento di bilancio. Questo vale, però, per i Governi nazionali e non si estende ai Comuni, per cui se hai i soldi, non si possono spendere”.
Può spiegarci questo meccanismo entrando maggiormente nei dettagli?
“Esiste il Fondo crediti di dubbia esigibilità (Fcde), che prevede che il Comune debba stanziare un importo pari ai crediti non riscossi, se ha dei crediti che non può esigere, rendendo i nostri bilanci di semplice accantonamento. Nonostante abbia chiesto, ripetutamente, la cessione gratuita di questi crediti allo Stato, i ministeri si sono opposti, perché perderebbero il controllo degli Enti locali. Il risultato è che ci sono 150 Comuni siciliani che non possono preparare un bilancio, con l’aggravante che l’Autonomia speciale rende ancora più disinteressate le istituzioni regionali”.
Sessanta giorni di fuoco per pianificare il futuro
La gestione dei fondi del Pnrr si sta rivelando estremamente complessa. Come possono i Comuni evitare di perdere questa grandissima occasione?
“Abbiamo i soldi per costruire le infrastrutture, ma non abbiamo il personale per utilizzare le risorse economiche a disposizione. Per esempio, abbiamo pubblicato grazie ai fondi del Pnrr il bando per la costruzione di undici asili-nido, ma non ci sarà il personale per gestirli. La Città metropolitana di Palermo, per esempio, può contare su cinquanta milioni d’investimenti Pnrr per la costruzione di piste ciclabili, per la riqualificazione di via Messina Marine, per la riqualificazione della valle dell’Oreto e per altre opere. Questo porterà a una riqualificazione generale delle zone interessate, facendo aumentare il valore immobiliare di via Messina Marine. Ma senza i tecnici necessari a gestire tutto questo lavoro, rischiamo di perdere una straordinaria occasione”.
Che città lascerà al suo successore?
“Sto lavorando anche per il mio successore, tanto mi prendo critiche e insulti. Potrei anche lasciar perdere tutto, lasciando i problemi a chi verrà dopo di me. Ma non voglio farlo. Per questo sto lavorando, per regalare alla città e ai Comuni siciliani un decreto Salva Palermo che metta i conti a posto anche per le Amministrazioni future. La prossima Amministrazione, infatti, potrà fare cose meravigliose, purché si approvino le delibere. Il mio impegno è per salvare la città dal dissesto, ma mi aspettano sessanta giorni di fuoco. Una volta definito il percorso economico-finanziario la città potrà ricominciare a crescere. Penso per esempio allo sviluppo avuto sul fronte turistico, come testimoniato da tremila bed and breakfast attivi, ma anche a quello imprenditoriale e occupazionale, come dimostrano le aziende che ricevo quotidianamente e che vogliono investire su Palermo. Per esempio, due importanti realtà ad alta tecnologia americane trasferiranno le loro sedi qui da noi”.
Riscossione carente: la crisi strutturale degli Enti locali
La crisi economico-finanziaria dei Comuni sembra avere ormai assunto una dimensione nazionale, ma in Sicilia si ha l’impressione che le cose siano più gravi. Come si può intervenire per risolvere la questione a livello strutturale?
“Nel 2010, presso il Bilancio dello Stato di competenza del ministero degli Interni, erano stanziati undici miliardi per tutti i Comuni italiani, mentre altri 900 milioni provenivano dalla Regione per i Comuni siciliani. Oggi, questo bilancio prevede zero, mentre la Regione ha stanziato solo 240 milioni. Infine, la riscossione in Sicilia è stata affidata all’Agenzia di Riscossione Sicilia, per cui il Comune di Palermo ha ceduto i ruoli per un miliardo di euro da recuperare, senza ottenerli. A ottobre, finalmente, la riscossione è passata all’Agenzia delle Entrate, che ha pure creato un gruppo di lavoro per occuparsi di questa situazione. Il problema è che si utilizza la stessa struttura che ha creato le criticità appena descritte. Infine, nel 2021, il Parlamento ha disposto un intervento in favore dei Comuni siciliani che permette loro di poter preparare il bilancio 2021 consuntivo, ma resta il vincolo del bilancio pluriennale. Perciò, si è data la possibilità di chiudere il bilancio 2021, ma non si può realizzare quello pluriennale per i problemi di riscossione che abbiamo. Abbiamo chiesto di rendere strutturale questa possibilità, così da poter dare il tempo all’Agenzia delle Entrate di recuperare i crediti, ridandoci l’opportunità di redigere i bilanci”.
Nel frattempo, però, il numero dei Comuni in crisi aumenta. E la situazione sembra sempre più vicina a un punto di non ritorno…
“Finora, i Comuni siciliani in pre-dissesto o in dissesto sono un centinaio, ma gli Enti che non possono chiudere i bilanci sono di più. Paradossalmente, i Comuni in pre-dissesto non chiudono i bilanci perché hanno il Piano di riequilibrio. Chi ha difficoltà sono i Municipi che non possono presentare il bilancio”.
Sul fronte del personale, invece, cosa ci può dire?
“Tra i problemi maggiori c’è quello dei pensionamenti senza ricambio: basti pensare che a Palermo le ultime assunzioni sono state fatte da me negli anni Novanta. Al 31 gennaio, avevamo 4.500 dipendenti in tutto e saranno tremila fra tre anni. Il personale, ormai, è anziano e non faccio che firmare lettere di pensionamento”.
Su QdS Pausa Caffè trovate le nostre interviste ai candidati sindaco di Palermo: Fabrizio Ferrandelli, Francesca Donato, Franco Miceli, Totò Lentini e Francesco Scoma.