“Ho ucciso un Santo”: a trent’anni dall’omicidio, il sorriso di Don Pino ancora più forte della mafia - QdS

“Ho ucciso un Santo”: a trent’anni dall’omicidio, il sorriso di Don Pino ancora più forte della mafia

redazione

“Ho ucciso un Santo”: a trent’anni dall’omicidio, il sorriso di Don Pino ancora più forte della mafia

Roberto Greco  |
venerdì 15 Settembre 2023

Oggi a Palermo le massime istituzioni civili e religiose per ricordare Padre Puglisi, il prete che si oppose nel quartiere di Brancaccio al potere di Cosa nostra

Trent’anni, un attimo. In realtà l’attimo è stato quello in cui don Pino Puglisi ha girato il capo e ha guardato negli occhi i suoi assassini. Un attimo è stato il tempo per il proiettile uscire dalla canna della pistola e conficcarsi nella sua nuca. Un attimo che durerà per sempre è il sorriso di don Pino Puglisi. Era il giorno del suo cinquantaseiesimo compleanno, quel giorno per don Pino. Oggi a Palermo, si celebra un triste anniversario, quello della morte del primo sacerdote che viene ucciso a causa del suo ministero. Alle iniziative partecipano i massimi esponenti delle istituzioni sia civili sia religiose e in prima fila ci sarà don Matteo Zuppi, arcivescovo di Bologna e presidente della Conferenza Episcopale Italiana. Le indagini relative all’omicidio di don Pino Puglisi, sin da subito, avvalendosi del contributo del collaboratore di giustizia Salvatore Cancemi, che indicò come mandanti dell’omicidio i fratelli Giuseppe e Filippo Graviano. Furono due i processi istruiti a Palermo per l’omicidio di don Padre Puglisi, entrambi già arrivati da tempo alla sentenza definitiva da parte della Corte di Cassazione.

Come mandanti sono stati condannati all’ergastolo i fratelli Giuseppe e Filippo Graviano, boss di Brancaccio. Come esecutori il carcere a vita è stato inflitto a Gaspare Spatuzza, Nino Mangano, Cosimo Lo Nigro, Luigi Giacalone, al tempo tutti detenuti. L’uomo che ha sparato a don Puglisi, Salvatore Grigoli, ha deciso di collaborare con la giustizia subito dopo l’arresto. Con gli sconti di pena, ha avuto una condanna a 18 anni. Nel luglio del 2004 ha ottenuto gli arresti domiciliari. Nel 2008 anche Gaspare Spatuzza ha iniziato a collaborare con i magistrati. “Gaspare Spatuzza lo affianca alla sua sinistra, Salvatore Grigoli alla destra. Padre Puglisi, con un sorriso, prima guarda Spatuzza, poi Grigoli. Allora Spatuzza, cercando la mano di padre Puglisi, per rubargli il borsello che teneva con la sinistra, gli intima: Padre, questa è una rapina. Puglisi, sorridendo dolcemente e con serenità, dice: Lo avevo capito. A quel punto Spatuzza prende il borsello di padre Puglisi e china la testa per far capire a Grigoli che può sparare. Salvatore Grigoli, che nel frattempo aveva puntato l’arma alla nuca di padre Puglisi, spara un solo colpo, come prestabilito, per farlo apparire un incidente nel corso di una rapina. Padre Puglisi cade a terra. Gli assassini, con passo regolare, si allontanano dal luogo del delitto, a bordo delle autovetture che li aspettavano”.

Questo è quanto lo stesso Gaspare Spatuzza scrisse nel suo memoriale, un memoriale in cui parla di sé in terza persona. La ricostruzione dell’efferato delitto da parte di Grigoli e Spatuzza entrò violentemente nell’aula del Tribunale di Caltanissetta in cui stava celebrando il processo “Capaci bis”. Lo ricorda al QdS il dottor Antonio Balsamo, oggi sostituto procuratore generale presso la Corte di Cassazione, che presiedeva la corte: “Quando, più di venti anni dopo, nel nuovo processo sulla strage di Capaci, abbiamo interrogato i due killer che lo hanno assassinato, Salvatore Grigoli e Gaspare Spatuzza, il primo ha detto, con una espressione impossibile da dimenticare sul volto, ‘ho ucciso un santo’ mentre il secondo ha spiegato che la sua scelta di collaborare con la giustizia nacque durante una messa celebrata in carcere, dove ‘c’erano proprio dei riferimenti di don Puglisi. Bellissimi perché nella sua preghiera diceva che quando Dio… non forza il cuore di nessuno, quando il cuore è pronto si aprirà tranquillamente’, ed ha aggiunto: ‘undici anni di 41 bis a me mi hanno dato la possibilità, l’opportunità di essere oggi la persona che sono. Personalmente dico che quegli undici anni di 41 bis sono stati benedetti’.

Antonio Balsamo aveva conosciuto personalmente don Pino Puglisi. “Facevo parte dell’Azione Cattolica che, al tempo, organizzava durante l’estate dei ritiri spirituali con un sacerdote che aveva il ruolo di guida, in realtà amico. Don Pino era responsabile della Pastorale Giovanile della Diocesi e in diverse occasioni ho avuto lui come guida. Aveva una grande cultura e, contemporaneamente era dotato di una semplicità e, nel tempo, continuai a incontrarlo perché il piacere di parlare con lui era enorme”.

“Don Pino Puglisi – prosegue il dottor Balsamo – si era messo a studiare con grandissimo interesse una serie di elaborazioni sulla psicologia umanistica di Carl Rogers, che facevano capire fino in fondo le persone con cui entra in contatto, ai fini di calarsi nella sua realtà. L’obiettivo era riuscire a permettere quindi di rapportarsi con loro non con la figura autoritaria del prete ma come amico, come persona che ti sta accanto nei momenti difficili, come persona cui potrai rivolgerti nel momento di un dubbio interiore o un bisogno di orientamento sul tuo comportamento. Questo voleva dire potersi rapportare con l’altro da pari a pari. L’ultima volta che ci vedemmo fu in occasione di un convegno all’Istituto delle Ancelle, in via Marchese Ugo. Lo andai a trovare e, alla fine del convegno, rimanemmo assieme e parlammo. Il 15 settembre 1993, quando arrivò questa tragica notizia, mi trovai a vivere un lungo momento di dispiacere terribile, accompagnato dalla consapevolezza che le nostre chiacchierate, da quel giorno, sarebbero diventate un evento irripetibile”.

LEGGI LE INTERVISTE

Corrado Lorefice, arcivescovo di Palermo

– Il ricordo del procuratore Luigi Patronaggio

– Parla la docente del Regina Margherita che fu sua allieva

– Don Maurizio Francofonte, l’attuale parroco di San Gaetano

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