Il ricordo del procuratore Patronaggio: “Sfidò Cosa nostra con iniziative sociali” - QdS

Il ricordo del procuratore Patronaggio: “Sfidò Cosa nostra con iniziative sociali”

redazione

Il ricordo del procuratore Patronaggio: “Sfidò Cosa nostra con iniziative sociali”

Roberto Greco  |
venerdì 15 Settembre 2023

Intervista al magistrato che all’epoca giunse sul luogo dell’omicidio e fu pm nel processo

Luigi Patronaggio, attuale procuratore generale della repubblica a Cagliari, nel 1993 era sostituto procuratore della Repubblica a Palermo. Fu lui che giunse sul luogo dell’omicidio di don Pino Puglisi e, poi, si occupò del processo in qualità di pubblico ministero. Al QdS, parla dei suoi ricordi di quel 1993 e degli aspetti che hanno caratterizzato il processo.

Procuratore, inizierei proprio da quel 15 settembre 1993…
“In un primissimo momento dalle concitate notizie che pervenivano dall’Ospedale Buccheri La Ferla, dove don Pino arrivò già morto, s’ipotizzò una rapina, ma appena sentimmo i più stretti collaboratori del sacerdote le indagini s’indirizzarono con risolutezza verso l’omicidio di mafia. Ci fu pure qualche squallido tentativo di screditare la vittima, ma la figura di Don Pino che ci restituivano i suoi più stretti collaboratori, già allora, delineava la figura di un grande uomo. Grande fu l’emozione quando attorno alla salma si riunirono insieme al cardinale Pappalardo tutto il clero palermitano e tutti i collaboratori laici delle tante iniziative portate avanti da don Pino”.

Durante la fase d’indagini sulla morte di Padre Pino Puglisi, che hanno portato al processo che si aprì il 26 febbraio 1996 e di cui lei fu pm, che ricordi ha?
“Le indagini si avvalsero da subito del contributo del collaboratore di giustizia Salvatore Cancemi che indicò come mandanti dell’omicidio i fratelli Giuseppe e Filippo Graviano. L’indicazione del Cancemi trovò riscontro nelle testimonianze dei collaboratori di don Pino che riferirono come don Pino si fosse inimicato i f.lli Graviano a causa della sua attività sociale e pastorale nel quartiere di Brancaccio. Successivamente si aggiunsero le dichiarazioni di altri collaboratori di giustizia. E infine Salvatore Grigoli, appena dopo la sua cattura, confessò l’omicidio e chiamò in correità gli altri imputati, facendo i nomi sia dei mandanti che degli esecutori materiali del delitto. Tutti sono stati condannati con sentenza definitiva e sono in fase di espiazione. Anche Gaspare Spatuzza, anni dopo a seguito del suo pentimento, confessò l’omicidio e confermò le accuse di Grigoli”.

Parliamo dalla fase processuale. Padre Pino Puglisi è il primo sacerdote ucciso dalla mafia. Cosa è emerso dal dibattimento?
“In effetti don Pino è il primo sacerdote che viene ucciso a causa del suo ministero. Tale omicidio va inquadrato nel delirio di onnipotenza che aveva investito l’ala stragista di Cosa Nostra che riteneva, dopo le stragi del 92, di avere il potere assoluto su ogni parte del territorio palermitano e siciliano e che non tollerava l’ingerenza di nessuno nei propri loschi affari. Don Pino aveva osato sfidare la mafia con iniziative sociali quali l’organizzazione di una marcia antimafia per ricordare la strage di Capaci, la creazione di un centro sociale, l’attività di recupero per tossicodipendenti e giovani prostitute, iniziative anti racket e a favore della vivibilità del quartiere. Tutte attività invise a Cosa Nostra”.

Sempre a proposito della fase processuale. Quali sono state le motivazioni che decretarono la morte di Padre Pino Puglisi?
“Il movente dell’omicidio di don Pino è sicuramente da ricollegare alla sua missione pastorale e sociale nel quartiere Brancaccio che infastidiva il dominio assoluto dei fratelli Graviano, come icasticamente emerge da una intercettazione ambientale in carcere fra Totò Riina e altro detenuto. Ma accanto a questa causale ve n’è una più ‘alta’ ed è quella relativa all’attacco mosso da Cosa Nostra alla Chiesa cattolica dopo l’invettiva contro la mafia del Santo Padre alla Valle dei Templi di Agrigento del maggio 93. Va infatti ricordato che l’omicidio di don Pino è stato preceduto nel mese di luglio di quel 1993 dagli attentati alle basiliche di San Giovanni in Laterano e di San Giorgio al Velabro in Roma. Don Pino è da ritenere innanzitutto un eroe civile per l’attività sociale svolta nel difficilissimo quartiere di Brancaccio, roccaforte di Cosa Nostra, ed è un Santo a causa del suo impegno, fino al martirio, per la causa di Giustizia”.

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