In Sicilia più di tre addetti su cinque lavorano nella microimprenditoria - QdS

In Sicilia più di tre addetti su cinque lavorano nella microimprenditoria

Serena Giovanna Grasso

In Sicilia più di tre addetti su cinque lavorano nella microimprenditoria

venerdì 09 Agosto 2019

Nell’Isola in 463.392 sono impiegati in aziende con meno di 10 unità di personale (63,7%). Cgia di Mestre: “Al Sud la forte rappresentatività è dovuta all’assenza di grandi imprese”

PALERMO – Nelle regioni meridionali, il peso occupazionale delle microimprese raggiunge i valori massimi. Infatti, secondo i dati contenuti all’interno del report della Cgia di Mestre (Associazione artigiani e piccole imprese), elaborati a partire dalle analisi condotte dall’Istituto nazionale di statistica, le microimprese del Mezzogiorno assorbono ben il 59,9% degli addetti complessivi nelle imprese. In termini assoluti, si tratta di 2,1 milioni di addetti sui 3,5 milioni di addetti totali. Mentre al Centro l’incidenza è pari al 44,3% ed al Nord ammonta al 39,4%.

In Sicilia, le microaziende, vale a dire tutte le attività imprenditoriali con un numero di addetti inferiore a dieci, impiegano ben 463.392 unità, corrispondenti al 63,7% del totale addetti (727.829). Questa siciliana è la terza incidenza più sostenuta a livello nazionale. Valori maggiormente elevati si osservano solo in Calabria (182.505 addetti sui 264.630 complessivi, pari al 69% del totale) e nel Molise, regione con un’incidenza pari al 66,2%. A seguire, al quarto e quinto posto, troviamo rispettivamente Sardegna (63,4%) e Puglia (59,7%). In coda, invece, si piazzano l’Emilia Romagna (40,5%), il Lazio (37,1%) e, in ultima posizione, la Lombardia (34%). Secondo la Cgia di Mestre “la forte rappresentatività al Sud e nelle Isole delle microattività si deve al fatto che in questi territori la presenza delle medie e grandi imprese è perlopiù assente, al contrario ampiamente concentrata al Centro-Nord”.

Complessivamente, a livello nazionale le microimprese impiegano quasi 7,5 milioni di addetti (ovvero il 44,5% degli addetti totali, pari a 17 milioni di unità), un valore doppio rispetto a quello riferito alle grandi aziende (oltre i 250 addetti) che assorbono 3,8 milioni di addetti. Inoltre, se mettiamo a confronto gli addetti delle medie e grandi imprese (6 milioni) con i 7,5 milioni delle micro, notiamo che in queste ultime lavorano 1,5 milioni di persone in più. Altresì, le microaziende generano il 29% del valore aggiunto riconducibile alle imprese (220 miliardi di euro su un totale di 750 miliardi di euro) e il 25% del fatturato nazionale (746 miliardi di euro).

“Fino a quarant’anni fa le microaziende erano ritenute residuali – afferma Paolo Zabeo, il coordinatore dell’ufficio studi della Cgia – quasi un effetto collaterale del boom economico esploso negli anni ‘60. Molti esperti, addirittura, prevedevano che nel giro di qualche decennio sarebbero scomparse a causa della globalizzazione. Diversamente, le micro imprese si sono consolidate e oggi costituiscono uno degli assi portanti della nostra economia. E nonostante la crisi le abbia colpite duramente, mantengono ancora un peso occupazionale rilevante, sebbene la politica e in generale l’opinione pubblica non le tengano in grande considerazione”.

I settori economici dove il peso occupazionale dei piccolissimi imprenditori è maggiore sono le attività immobiliari (93,3% del totale addetti nell’ambito), altri servizi alla persona, come il settore benessere composto da parrucchieri, barbieri, estetiste, massaggiatori (78,7%), i liberi professionisti (76%) e le costruzioni (65,4%). In termini assoluti, invece, il comparto dove il numero di addetti nelle micro attività è maggiore è il commercio-autoriparazione, con quasi 2 milioni di addetti in Italia.

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