Inquinamento, conto salato per l’Italia, costa 56 mila vite e 61 miliardi l’anno - QdS

Inquinamento, conto salato per l’Italia, costa 56 mila vite e 61 miliardi l’anno

Rosario Battiato

Inquinamento, conto salato per l’Italia, costa 56 mila vite e 61 miliardi l’anno

venerdì 14 Febbraio 2020

“Aria tossica”: nell’ultimo rapporto di Greenpeace il peso dei combustibili fossili sul Paese. All’Ars è stata appena approvata una legge per potenziare il monitoraggio nelle zone industriali

PALERMO – Questioni di conti e soprattutto di vite umane che non hanno prezzo. L’inquinamento atmosferico causato dai combustibili fossili provoca annualmente, secondo una stima, circa 4,5 milioni di morti premature a livello mondiale, perché la combustione di carbone, petrolio e gas fa crescere il numero di malattie croniche, contribuendo a milioni di visite mediche e a miliardi di giorni di assenza dal lavoro per malattia. Danni collaterali che sono stati quantificati da Greenpeace Southeast Asia e Crea (Centre for research on energy and clean air) in circa 8 miliardi di dollari al giorno, pari alla cifra stratosferica di 2.900 miliardi di dollari all’anno, cioè il 3,3% del Pil mondiale.

In Italia il costo legato all’inquinamento è pari a 61 miliardi di dollari ogni anno, con circa 56 mila morti premature riconducibili alla stessa causa nel corso del 2018. Tutti i numeri della ricerca si trovano all’interno del rapporto “Aria tossica: il costo dei combustibili fossili”.

L’APPELLO
“L’inquinamento – si legge nel documento dell’associazione – è una minaccia globale sempre più grave, ma sono sempre di più le soluzioni disponibili e accessibili” che combinano la lotta all’inquinamento atmosferico e la riduzione dei cambiamenti climatici. Ad esempio, l’utilizzo di “energia rinnovabile e i sistemi di trasporto che fanno affidamento su energia pulita non solo riducono l’inquinamento atmosferico, ma hanno anche un ruolo centrale nel mantenere l’aumento della temperatura globale entro la soglia di 1,5 gradi centigradi rispetto ai livelli preindustriali, limite indicato dalla scienza per evitare le conseguenze peggiori dell’emergenza climatica”.

IL PERICOLO DEL PARTICOLATO
Il numero delle vittime da inquinamento, circa 4,5 milioni di morti premature all’anno, è addirittura il triplo del dato relativo ai decessi in seguito agli incidenti stradali. In particolare, l’esposizione a PM2.5 da combustibili fossili, cioè al particolato fine, determina ogni anno circa 600 mila morti per infarto. Nel mirino ci sono anche i più piccoli, considerando che circa “40 mila bambini al di sotto dei 5 anni muoiono ogni anno a causa dell’esposizione alle polveri sottili Pm2.5 derivato dalla combustione di combustibili fossili, soprattutto nei Paesi a più basso reddito”.

LE SOLUZIONI
“Un sistema di trasporti a basse emissioni e la diffusione delle energie rinnovabili – si legge nel rapporto – contribuiscono non solo a ridurre le sostanze inquinanti come PM2.5, NO2 e O3, ma anche a limitare le emissioni di gas climalteranti nell’atmosfera”.

L’IMPEGNO SICILIANO
Nei giorni scorsi è stata approvata una legge per potenziare e integrare il sistema con sensori e centraline per il monitoraggio ambientale nelle grandi aree industriali, come Priolo-Augusta-Melilli, Milazzo e Gela, e che inasprisce le sanzioni nei confronti delle aziende che inquinano di più. Lo ha comunicato il M5S, promotore della legge approvata all’Ars, tramite il deputato Giorgio Pasqua che ha fatto appunto riferimento al sistema Simage, da considerarsi “una conquista per i cittadini”.

La legge è stata accolta con “soddisfazione sui territori dove i cittadini scontano sulla propria pelle gli effetti dell’inquinamento”. A tal proposito Pasqua ha citato l’ultimo rapporto Sentieri che a Priolo, per esempio, “registra un eccesso di leucemie in età pediatrica, rispetto alla media nazionale, o di malformazioni congenite del sistema nervoso, o di malattie a carico dell’apparato respiratorio e del sistema cardiocircolatorio”. Contrari gli industriali. Per Diego Bivona, presidente di Confindustria Siracusa, “il Simage è uno strumento superato: non è questo il modo di approcciare il problema, le industrie sono già da anni impegnate per il miglioramento ambientale”.

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