Lavoro nero, un "business" e un dramma in Sicilia - QdS

Lavoro nero, in Sicilia è un “business”: il 18,5% degli occupati è irregolare

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Lavoro nero, in Sicilia è un “business”: il 18,5% degli occupati è irregolare

Marianna Strano  |
domenica 31 Luglio 2022

L'illegalità e il lavoro irregolare non conoscono crisi in Italia. E soprattutto in Sicilia, terza regione a livello nazionale per tasso d'irregolarità. Una realtà drammatica senza fine.

Il lavoro “nero” in Sicilia e nel resto d’Italia non conosce crisi. Il lavoro forzato, senza contratto e – quasi sempre – senza tutele è diventato la norma. Una realtà drammatica e assolutamente triste quella fotografata dall’ultimo report della CGIA di Mestre.

I numeri parlano chiaro: nel 2020 in Italia c’erano 3,2 milioni di occupati irregolari. Secondo i dati dell’Ufficio Studi della CGIA, in termini assoluti la maggior parte dei lavori irregolari è al Nord ma i danni maggiori sono nel Mezzogiorno, dove il tasso di lavoro irregolare è del 17,5%.

I dati del lavoro nero in Italia

Al Nord il lavoro nero coinvolge più persone: sono circa 1.281.900, infatti, gli occupati irregolari nei territori settentrionali del Paese. Segue il Mezzogiorno, con 1.202.400 irregolari e, infine, chiude la classifica il Centro con 787.700 lavoratori non regolari.

Anche se i numeri più alti riguardano il Nord, la classifica cambia totalmente se si considera l’incidenza del fenomeno del lavoro nero nelle varie aree d’Italia. Guardando alle percentuali, infatti, è il Mezzogiorno a vivere un dramma senza fine sotto questo aspetto: il 17,5% dei lavoratori è irregolare (al Nord il tasso è del 10%, al Centro del 13,1%). Su 100 occupati, 17,5 non hanno contratto, tutele o contributi pensionistici. Tanti di questi lavoratori sono stranieri e a volte subiscono perfino vere e proprie forme di sfruttamento (un caso recente, in Sicilia, è quello delle cosiddette “schiave del pulito”). Ma tanti sono anche i cittadini italiani che accetterebbero volentieri un lavoro tutelato e sicuro, se ne trovassero uno. Sono cittadini che accettano l’irregolarità per guadagnare abbastanza e si assumono rischi importanti, a volte perfino fatali.

La situazione in Sicilia

Dal report sul lavoro nero appena reso noto da CGIA, un paragrafo è dedicato alla Sicilia. La situazione dell’isola appare infatti particolarmente preoccupante. Il tasso di lavoratori irregolari è altissimo e supera il 18%.

“A fronte di 280.200 lavoratori in nero, il tasso di irregolarità è al 18,5 per cento e il valore aggiunto prodotto dall’economia sommersa su quello ufficiale è del 7,4 per cento (5,9 miliardi di euro)”. Sono questi i dati di una Sicilia sempre più in crisi a causa dell’illegalità. Il tasso d’irregolarità sul lavoro regionale è tra i più alti d’Italia: va peggio soltanto in Campania (18,5%) e nella vicina Calabria (21,5%).

Lavoro irregolare in Italia, i dati CGIA

Mafia e lavoro irregolare, Covid e la strada verso il salario minimo

Il lavoro nero in Italia è un “business” che vale ben 76,8 miliardi di euro. L’economia sommersa è una piaga sociale ed economica, ma per la criminalità organizzata è una “gallina dalle uova d’oro”.

Non sembra un caso che, nei territori più “tormentati” dall’illegalità di matrice mafiosa, il tasso d’irregolarità nel lavoro sia più alto. Lo sfruttamento riguarda molti settori e in alcuni casi si tratta di quelli più redditizi per le mafie: l’agroalimentare, il settore dei trasporti e delle costruzioni, i servizi di cura, la logistica e così via.

In tutti questi ambiti l’illegalità trionfa ancora, con casi di sfruttamento e violenze indicibili. Le principali vittime – come conferma il report CGIA – sono cittadini stranieri presenti irregolarmente in Italia. Tuttavia, gli italiani non sono esclusi dal fenomeno. Le difficoltà di questi anni, alimentate dal Covid, dalla guerra e dai rincari, non hanno fatto altro che esporre sempre più cittadini del territorio nazionale a un dramma senza fine.

Per CGIA i settori più colpiti dal lavoro nero sono quelli in cui gli stipendi previsti dai contratti nazionali sono più bassi e solo sconfiggendo il “nero” si potrebbe aprire la strada verso un salario dignitoso.

“In agricoltura e nei servizi alla persona la presenza del ‘nero’ contribuisce a mantenere basse le retribuzioni previste dai contratti sottoscritti dalle parti sociali di questi settori, altrimenti molte aziende, che con il sommerso non vogliono avere nulla a che fare, innalzando troppo i minimi salariali sarebbero spinte fuori mercato. Infatti, la concorrenza sleale praticata dalle realtà che fanno un massiccio ricorso a lavoratori irregolari è fortissima”, si legge nel report.

“È chiaro che una cosa non esclude l’altra, ma riteniamo che l’aumento delle retribuzioni possa essere ottenuto non solo per legge, ma anche attraverso uno sradicamento dell’economia sommersa, premiando, anche fiscalmente, quegli imprenditori che vogliono operare nell’economia regolare”.

L’esercito dei lavoratori “invisibili”

Non tutti i lavoratori irregolari sono sfruttati. Esiste un esercito di lavoratori “intraprendenti” e “invisibili”, che non sono comandati da alcun aguzzino ma offrono prestazioni professionali spesso senza pagare le dovute tasse allo Stato. Notevolmente si tratta di badanti, parrucchieri ed estetiste, elettricisti e professionisti del mondo della manutenzione, ma anche autisti, massaggiatori e artigiani vari.

Tra loro ci sono anche pensionati o disoccupati che cercano di aumentare così – in maniera non lecita – le proprie entrate, spesso basse o inesistenti.

Il nodo della sicurezza

I lavoratori irregolari, sfruttati o meno, sono a rischio e non hanno alcuna tutela. Non hanno diritto a malattia, ferie, assicurazioni in caso di incidenti. Spesso, poi, non hanno neanche una formazione adeguata in termini di sicurezza sul lavoro.

E questo provoca incidenti e morti spesso evitabili. Il dramma degli infortuni e degli incidenti mortali sul lavoro ha colpito in maniera forte la Sicilia negli ultimi mesi. Anche in questo caso i dati parlano da sé: 20 morti e un incremento di incidenti del 65% da gennaio a maggio 2022. Questi numeri, in una delle regioni dove il tasso lavoro irregolare e non tutelato è molto elevato, fanno riflettere particolarmente e riaprono un dibattito sulla necessità di un’azione immediata dalle autorità per porre fine a una piaga che alimenta le tasche di chi non segue la legge e oscura il lavoro onesto.

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