Le carceri della provincia “scoppiano” ma è bloccata la nuova struttura di Bicocca - QdS

Le carceri della provincia “scoppiano” ma è bloccata la nuova struttura di Bicocca

Desiree Miranda

Le carceri della provincia “scoppiano” ma è bloccata la nuova struttura di Bicocca

giovedì 16 Maggio 2019

Il sindacalista Di Giacomo: “Uno scandalo perché ci sono 27 milioni di euro accantonati”

CATANIA – “Le carceri siciliane sono le peggiori d’Italia perché caratterizzate da un sovraffollamento del 200% e da una carenza organica talemente marcata da mettere a rischio la sicurezza dei colleghi e quella dei detenuti. Le condizioni sono poco dignitose perché le strutture sono fatiscenti e con il nuovo sistema carcerario che pone al centro la vigilanza dinamica, ossia ‘tutti aperti’, i detenuti che hanno più forza fisica, economica e mentale riescono a sopraffare gli altri detenuti evitando che venga messo in moto il processo educativo del carcere”. È questa la denuncia di Aldo Di Giacomo, segretario generale Sindacato polizia penitenziaria S.PP.

Anche le statistiche pubblicate sul sito del ministero della Giustizia fotografano una situazione da sempre delicata nelle carceri siciliane. Ci sono sempre stati alti e bassi, ma in generale il sovraffollamento la fa da padrone. Secondo i dati aggiornati al 30 aprile scorso, in Sicilia ci sono 23 carceri con una capienza regolamentare di 6.480 posti, ma con 6.509 detenuti.

Guardando i dati relativi a Catania, nelle carceri di Caltagirone, Bicocca, Piazza Lanza e Giarre si contano 1067 detenuti a fronte di una capienza totale di 1004. Solo Caltagirone ha un numero di internati inferiore rispetto al limite, gli altri lo superano e lo hanno sempre superato. Piazza Lanza, inoltre, è l’unica casa circondariale che ha anche un settore femminile. Sono 46 le donne detenute.

Spesso si è invocata la costruzione di nuove carceri, ma, sebbene nel 2013 si sia deciso di concretizzare un nuovo progetto per 450 detenuti a Bicocca, accanto la struttura esistente, e all’uopo siano stati stanziati 27 milioni di euro, tutto è bloccato.

“Uno scadalo di proporzioni bibliche perché ci sono 27 milioni di euro accantonati e il ministro e il mondo della politica non vogliono farsene carico”, denuncia ancora Di Giacomo. “Nonostante abbiano perso tutti i gradi di giudizio – continua – hanno detto che non verrà costruito. Sono disposti a pagare milioni di euro di penale pur di non realizzarlo sebbene per l’economia penitenziaria di Catania e della Regione sarebbe molto importante”.

Di Giacomo, inoltre, sottolinea il paradosso che accompagna questa scelta. Il progetto infatti, prevede un nuovo tipo di cercere, con ampia autonomia dei carcerati e pochi uomini di polizia a controllarli. Una scelta che penalizza il ruolo riabilitante del carcere, secondo il segretario generale del sindacato della polizia penitenziaria, “perché vengono sopraffatti da chi non vuole essere rieducato, oltre a mettere a rischio sia la tutela di chi ci lavora”.

A completare il quadro, poi, la mancanza di posti sufficienti in Sicilia che pregiudica uno dei diritti del detenuto colpevole di reati comuni: la possibilità di scontare la propria pena non troppo lontano dai propri affetti. “Si lede inoltre un diritto importante che è stato l’attuale governo a volere: giustamente dicono la pena va scontata dove hai gli affetti, ma i dati ci dicono che il 20% dei detenuti comuni sono da altre parti d’Italia. Allora delle due una: l’amministrazione e il ministro non sanno da che parte andare, conclude Di Giacomo.

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