L’impegno di lavoratrici coraggiose per la tutela dei propri diritti nel testo di Santi La Rosa e Venera Tomarchio
PALERMO – In Sicilia, le gelsominaie della piana milazzese insieme a quelle calabresi, furono protagoniste tra la fine dell’800 e gli anni ’70 del ‘900, nella lotta per i diritti agricoli. La loro storia è stata riscoperta e raccontata nel libro “Gelsominaie” di Santi La Rosa e Venera Tomarchio. Si tratta di una toccante narrazione di emancipazione femminile nel contesto della raccolta del gelsomino, un fiore delicato che emana un profumo intenso. Le donne, con le loro mani piccole e abili, erano sfruttate in un lavoro considerato minore e sottopagato, costrette a lunghe ore di fatica con pochi diritti. La narrazione ci porta nelle storie personali di queste lavoratrici, rivelando il loro coraggio e la loro capacità di organizzarsi e ribellarsi contro lo sfruttamento. Il libro esplora le dure condizioni di lavoro delle donne e delle bambine impiegate nella raccolta notturna dei petali di gelsomino, essenziali per la produzione di profumi pregiati. Il testo è stato presentato, nei giorni scorsi, presso la sede della Cgil Sicilia.
Un evento che ha assunto particolare importanza anche in virtù dellla vicinanza ad una data fondamentale, quella del Primo Maggio, Festa del lavoro. A margine della presentazione è intervenuta sui temi del libro – guardando anche alle attuali criticità che affrontano le donne nel mondo del lavoro – con Gabriella Messina, segretaria confederale della sigla sindacale. “Parliamo di una storia emblematica per la Sicilia – ha sottolineato – perché riguarda la lotta per cambiare la condizione femminile non solo relativamente ai gap salariali ma anche riguardo alle malattie professionali e relativamente alla conciliazione vita/lavoro anche in relazione al fatto che le gelsominaie lavoravano di notte portando i bimbi con sé. Tanti sono gli spunti di riflessione in una regione in cui i gap salariali, rispetto non solo all’Italia ma anche all’Europa, possono andare dal 16% al 30%, dove lavora una sola donna su tre e più del 50% delle donne ha un contratto precario. Altri problemi riguardano la mancanza di asili nido che, là dove sono presenti all’interno della regione, sono dislocati in modo disomogeneo”.
Un importante spunto di riflessione è anche quello relativo alle analogie tra le condizioni lavorative delle gelsominaie e quelle delle lavoratrici precarie contemporanee. “Intanto le gelsominaie – ha risposto Messina – erano delle raccoglitrici, lavoratrici agricole e ancora oggi in Sicilia riscontriamo che queste ultime sono tra le più sottopagate se non addirittura, quando si tratta di migranti, si ritrovano a vivere una condizione di sostegno vicendevole con una paga veramente irrisoria. Le difficolta riguardano il fatto che nei campi queste donne vengono minacciate o si ritrovano in una modalità lavorativa dove si registra il patriarcato. Oltre a ciò, come le gelsominaie rivendicavano gli stivali, essendo costrette a lavorare a piedi nudi in acquitrini, noi rivendichiamo la salute e la sicurezza per lavoratrici e per lavoratori”. E proprio il tema della rivendicazione dei diritti e delle battaglie delle gelsominaie, ha un ruolo centrale nell’opera, soprattutto in riferimento ad una svolta cruciale, che avvenne nel 1946.
Guidate dal sindacalista Tindaro La Rosa, le gelsominaie di Milazzo scioperarono con successo per ottenere un aumento dei salari. Il dirigente sindacale, iscritto al Partito comunista italiano, iniziò a raccontare le storie di queste donne già dal 1943 sul giornale “La voce della Sicilia”, dando loro voce e visibilità. Durante lo sciopero di agosto del 1946, che durò 9 giorni, emerse la figura carismatica di Grazia Saporita, detta la Bersagliera, che dimostrò straordinarie doti di leadership. Queste lotte non solo migliorarono le condizioni di lavoro, ma contribuirono anche a riforme legislative importanti. Tra queste l’abolizione del Coefficiente Serpieri nel 1964, che equiparava il lavoro delle donne al 60% di quello degli uomini, e la riforma del Diritto di Famiglia del 1975, che sancì la parità tra i coniugi e introdusse diritti importanti per le donne nell’ambito delle imprese familiari agricole.
In conclusione una riflessione sulla consapevolezza, da parte delle giovani donne siciliane, del valore storico delle lotte come quelle delle gelsominaie. “La maggior parte delle giovani donne siciliane – ha osservato Messina – sono istruite, la Sicilia è una regione che esprime tante potenzialità e in base a questo noi cerchiamo di portare avanti la memoria di ogni donna che ha dato un contributo importante allo sviluppo culturale e sociale siciliano. Gli autori stanno portando il libro in giro per le scuole dove le nuove generazioni approfondiscono la conoscenza di queste donne così caparbie”.
Come figlia di Tindaro La Rosa ed Eliana Giorli posso dire ‘Io c’ero’, seppur piccola. Ringrazio quindi mio fratello Santì e Venera Tomarchio per aver ‘rinverdito’ quei momenti di lotta