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L’ultimo Padrino

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L’ultimo Padrino

Giovanni Pizzo  |
martedì 17 Gennaio 2023

"L’ultimo Padrino, dalla faccia rosa e consunta, si è arreso, forse più al suo cancro che alla Stato. E Cosa Nostra di fatto non c’è più". Ora tocca ai siciliani eliminare i resti

Matteo Messina Denaro era l’ultimo Padrino. La mafia non è definitamente morta, soprattutto culturalmente, ma non ci saranno più padrini del suo calibro. La querelle sul fatto che abbia vinto lo Stato o si sia arreso lui sarà lunga. Lui era l’ultimo della Vecchia cupola, quella dei Greco, presidente della commissione di Cosa Nostra, di Binnu u’ Tratturi, di Totò Riina. Era il più giovane di quella generazione e il più furbo finanziariamente.

La domanda che si faranno tutti oggi è “la mafia è morta?”. La mafia come cultura non è morta, è ancora diffusa in maniera preoccupante, nonostante Falcone e Borsellino, nonostante Don Pino Puglisi. Lì lo Stato non ha ancora fatto la sua parte, sulla formazione, sulla cultura oggi in preda a scandali, sulla crescita economica di un territorio che se depresso finisce in mano a logiche di sopraffazione.

Sta morendo, forse, l’organizzazione criminale denominata Cosa Nostra, non solo perché era, al contrario di altre, gerarchico-verticistica, e oggi il Capo è fuori combattimento. Ma perché in un mondo sempre più globale è fuori mercato. Cosa Nostra dei cosiddetti corleonesi era cresciuta esponenzialmente, come il cancro che ha fatto catturare l’ultimo Padrino, con il commercio della droga, l’eroina, di cui era praticamente importatrice esclusiva dall’oriente. Anche a Cosa Nostra americana la fornivano da Palermo, come è ben descritto nel Padrino parte prima di Francis Ford Coppola. Era la droga dell’evasione dalla realtà in un mondo che alla fine degli anni Sessanta, quello della Beat generation, voleva sfuggire alle logiche del vivere moderno post bellico.

Poi il mood del mondo è cambiato, i consumatori non vogliono più evadere, non cercano più l’oblio, vogliono divertirsi in quel grande Circo Barnum che sono stati la fine degli anni settanta e soprattutto gli ottanta, a NY come a Milano. E per questa nuova visione della realtà aumentata, dell’eccitazione permanente, ci voleva altro che i derivati dell’oppio, soprattutto non si voleva più morire, anche se si risultava dipendenti dal consumo. Ed entra in gioco, sulle note di Eric Clapton, in maniera planetaria, la cocaina.

E qui entrano in campo i Calabresi, i parenti poveri mandati in Sudamerica. Sono loro oggi la più grande organizzazione occidentale, relegando la vecchia, lenta, gerarchica Cosa Nostra al ruolo di dettaglianti di un business saldamente nelle loro mani. Anzi ormai la Catena del valore aggiunto è la seguente: in testa gli importatori Calabresi che hanno l’esclusiva per l’Europa, seguono i grossisti napoletani, che hanno un animus commerciale innato, come si vede plasticamente in “Gomorra”, poi i piccoli dettaglianti locali siciliani. Praticamente putìari. Uno smacco apocalittico che ha tolto il grosso del flusso di denaro a Cosa Nostra, e che l’ha fatta impazzire su dinamiche stragiste, dopo l’innalzamento del pressing repressivo dello Stato.

In più si aggiunge che è diminuito massicciamente l’apporto di denaro dai lavori pubblici più facilmente controllabili, quelli sull’edilizia, e le nuove strategie sul digitale non vengono accaparrate dagli antiquati boss nostrani. Il mondo di Amazon e Google ha altri padroni ormai, e le Mafie emergenti al limite sono asiatiche.

L’ultimo Padrino, dalla faccia rosa e consunta, si è arreso, forse più al suo cancro che alla Stato. E Cosa Nostra di fatto non c’è più. Ora tocca a noi siciliani eliminare i tentacoli della piovra senza testa.
Così è se vi pare.

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