La Natura ha vinto contro Messina Denaro - QdS

La Natura ha vinto contro Messina Denaro

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La Natura ha vinto contro Messina Denaro

Giovanni Pizzo  |
lunedì 16 Gennaio 2023

In manette anche l'ultimo boss della vecchia Cupola di Cosa Nostra: è un giorno storico per la Sicilia, quello in cui Matteo Messina Denaro, ormai anziano e malato, si è arreso alle forze dell'ordine.

La verità che alla fine vince la natura. Il male del secolo, il tumore, non colpisce solo i poveri disgraziati, ma anche chi il male lo conosce bene. Lo Stato ha fatto, soprattutto negli ultimi anni diciamolo, un pressing forte sul territorio, colpendo la rete di protezione locale, in particolar modo parentale. Ma per far durare trent’anni una latitanza le reti locali non bastano, e saranno probabilmente annidate in altre latitudini. Di fatto Matteo Messina Denaro si è consegnato, malato e consumato, come si vede dalle immagini sul web, e le forze dell’ordine lo hanno raccolto in quel di San Lorenzo, territorio di un’altra ex primula.

Lo sono andati a prelevare in una struttura sanitaria di primissimo livello, per cui il casus sanitario è certo.

Uno con le potenzialità di Messina Denaro poteva scegliere di curarsi ovunque nel mondo, non gli mancano i soldi. Ha scelto di farsi trovare malato alla Maddalena di Palermo, immagine evocativa di altri peccati. Chi è senza peccato scagli la prima pietra, e nonostante il plauso pandemico alle forze dell’ordine, che molto hanno lavorato alla sua cattura, ci pare chiara l’immagine di una resa.

Puoi essere pure un Dio del Male, ma il momento, che non si augura a nessuno, di confrontarsi con il dolore della caducità umana arriva sempre. Sui retroscena ne sentiremo di tutti i tipi per giorni e settimane, giornali e televisioni sono già in fermento, probabile una serie Netflix a breve, ma ciò che da siciliani ci auguriamo è un’apertura alla speranza, alla liberazione di territori più condizionati culturalmente che fisicamente.

In alcune parti dell’isola c’è un particolare cancro, una patologia della “Cristianità” mal intesa. Al di là dei mafiosi c’è un sentore di atteggiamento che in gergo chiamiamo, bestemmiando il cattolicesimo, da “cristiani”, persone che sanno il fatto loro. Che condiziona anche i non appartenenti, i non “punciuti”, i non aderenti al fenomeno mafioso, che però per emulazione ne prendono le sembianze culturali. Le fasi sono tipiche, “tu non mi canusci, non sai cu sugnu io, lo sai a cu appartengo?”. Molte cose non si fanno perché potrebbero disturbare “chiddi ca’ su cristiani”, non si sa mai. Come per esempio fare fronte comune contro le sopraffazioni, commerciali o economiche, aggregarsi contro logiche distorte, che è il terreno culturale della Mafia.

Ma il vento era cambiato nel Belice, si annusava, l’odore della debolezza. Per Santa Lucia, da quelle parti, a Partanna, per esempio, è nato un consorzio di olivicoltori, per aggregarsi, fare fronte contro chi campa sulle loro spalle di produttori, creare una catena del valore aggiunto, che è l’unica vera, ineludibile, improcrastinabile lotta alle rendite di posizione della Mafia. In altri tempi una simile aggregazione a Castelvetrano e dintorni avrebbe avuto difficoltà culturali a nascere. Il favoreggiatore del Boss che lo accompagnava per le cure è un tale Luppino, commerciante di olive pare. Ma il vento in Chiesa, quella vera, stava arrivando. Si è arreso l’ultimo della vecchia cupola dei Riina e dei Provenzano. Oggi non è giorno di festa ma giorno di sospiri di liberazione. Ora ci vuole lo Stato. Investa subito in legalità su quei territori, scuola, formazione, sostegno alle aziende sane. Così come diceva Falcone si estirpa la cultura mafiosa che è un fenomeno umano, di conseguenza transeunte. Come Matteo Messina Denaro.

Così è se vi pare.

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