Uno sguardo sulla creatività e il saper fare di Carolina Martinelli e Vittorio Venezia, un duo capace di coniugare artigianato e modernità coprendo l’intera traiettoria produttiva nazionale
Ebbene sì, sono fiero di presentarvi i miei amici Carolina Martinelli e Vittorio Venezia, duo di talento del design contemporaneo e coppia dai saldi principi coniugali nella vita, detentori del primo titolo effettivo di “Designer for 1300 Km of Italian Design”. Lui siciliano, anzi, palermitano, lei ‘nordica’, come siamo soliti dire alle nostre latitudini. Titolo parecchio invidiato da tanti attori che operano con la disciplina del Design nel nostro paese e che, a dirla tutta, non sono i soli a detenere, ma a far compagnia a loro, vi è una sempre più folta schiera di designer italiani (e non) che, con il loro sapiente gioco mosso mediante la cultura del progetto riescono a coprire l’arco intero della nostra penisola, isole comprese, generando preziose proposizioni con un numero sempre crescente di aziende di piccolo cabotaggio, dai profili d’esercizio propri della piccola impresa a conduzione familiare, come è nella migliore tradizione imprenditoriale italiana sin dal Rinascimento e che, non a caso, operano secondo l’utilizzo di pratiche e processi propri di un artigianato illuminato che riesce a governare i nuovi sistemi di comunicazione e le nuove tecnologie digitali con somma erudizione e naturalezza.
Venezia proviene dalla scuola palermitana del Design che ha origine nel lavoro di Ernesto Basile
E tali sono le origini della educazione formativa del nostro talentuoso duo, nella fattispecie, Vittorio Venezia proviene dalla Scuola Palermitana del Design, quella scuola che ha le sue origini nel sapiente lavoro messo in campo da Ernesto Basile con Ducrot tra la fine del ‘800 e gli inizi del secolo scorso, quella Scuola che è oggi universalmente riconosciuta come la sede ove sono venute a delinearsi quegli stilemi e quelle traiettorie di senso che hanno dato poi origine a quello che oggi siamo soliti chiamare “Made in Italy”.
Sì, noi designer siciliani lo abbiamo ripetuto sino allo sfinimento e, continueremo a farlo, fosse soltanto per questioni di orgoglio nativo e becero campanilismo che, il nume tutelare della Storia del design italiano, ovvero Renato de Fusco, nel suo inossidabile volume dal titolo “Storia del design”, opera editoriale irrinunciabile per chiunque voglia assurgere all’esercizio della professione del Designer, e su cui si sono formate intere generazioni di allievi negli ultimi cinque decenni a partire dalla sua pubblicazione, opera come è evidente che è stata numerose volte editata e, continua ad esserlo sino ad oggi, in cui il suo autore fa incominciare la Grande Avventura del Design Italiano proprio in Sicilia, con la già citata opera messa in atto da Ernesto Basile con l’azienda Ducrot e con Ceramica Florio e, con tutto un tessuto imprenditoriale effervescente che, a quel tempo, attirava da tutta l’Europa orde di giovani imprenditori di talento che, alle latitudini siciliane vi trovavano le migliori condizioni al contorno per un insediamento di attività atte a generare proficue economie in numerosi settori produttivi.
E Vittorio Venezia, come dicevo, sin da giovanissimo, frequenta la Facoltà di Architettura di Palermo, ove viene a confrontarsi con personaggi del rilievo di Ettore Sottsass ed Annamaria Fundarò e, nello stesso tempo, vive le dinamiche ostensive di una produzione artigianale che muove i suoi passi proprio nelle viscere della città vecchia, in quei vicoli del centro storico che oggi, come un tempo, divengono sede di attenzioni smisurate, in ragione della stessa titolazione tracciata nella toponomastica, dedicata ad ognuna delle corporazioni che in esse vi operano e vi continuano ad operare sempre con meno vigore. Ed il desiderio in lui diviene sempre più pregante, irresistibile, al punto tale da decidere, ad un certo punto, di voler rilevare una di queste botteghe in disarmo, per poter continuare con nuove ed attuali produzioni la lavorazione del metallo ‘a freddo’.
È dunque inevitabile l’onda sempre crescente di attenzioni da parte dei media del settore, in ragione della prurigine scatenata dalla adozione da parte di un ‘moderno’ designer, di un luogo che è sede di antiche lavorazioni operate con pratiche e processi che sembrano appartenere alle antiche romantiche vestigia di un tempo passato e non più alle dinamiche produttive proprie della nostra era dell’accesso, della nostra contemporaneità. Ma, tant’è, il nostro designer com’è oggi evidente, aveva fatto le giuste prefigurazioni. Ed infatti, nel giro di un decennio, tutte le colossali, ciclopiche aziende che hanno fatto la storia del Made in Italy, sembrano collassare una dietro l’altra, squassate dalla loro incapacità ad accogliere le visioni messe in campo da tutta una nuova generazione di progettisti e, cosa ancor più grave, dalle dinamiche feroci di un supercapitalismo sfrenato, un Minotauro Globale per dirla con Varoufakīs che, governato sempre più dalle redini di inesorabili predazioni operate da diversi fondi finanziari internazionali, sottrae l’esercizio della sperimentazione e dell’innovazione, quali insostituibili cardini del successo e della profilazione dell’opera mossa da sempre dal design italiano, all’interno di queste entità produttive, riducendo la loro opera di progetto e le loro proposizioni ad elementi sempre più prossimi ad un supermercato del preconfezionato.
Accade dunque che, le aziende di piccole dimensioni, ove ancora sopravvivono quelle pratiche e quei processi propri di un artigianato che, benché si mostri ancora fortemente ancorato agli stilemi provenienti da una eredità preziosa proveniente dal passato, opera oggigiorno in maniera illuminata e consapevole nell’adozione dell’utilizzo di parametri propri della nostra contemporaneità, parametri da dover accogliere innegabilmente all’interno dei propri processi produttivi. Tante sono oggi le aziende di piccole dimensioni che posseggono queste caratteristiche modali e che, nell’ultimo decennio sono balzate agli onori della cronaca per la proposizione di nuovi orizzonti di senso che passano innegabilmente attraverso quei ‘pezzi da camera’, come sono solito chiamarli, che divengono manifesto visibile di nuovi paradigmi esistenziali, che determinano la profilazione di nuovi ecosistemi abitativi.
Ed il nostro duo, sembra averle centrate tutte queste aziende di cui sto a raccontarvi. Una su tutte è quella che fa capo al brand Orografie, azienda nata dalla mente di Giorgia Bartolini che ne è la Producer e di Vincenzo Castellana che ne è l’Art Director. Brand che ha recentemente vinto la Menzione d’Onore al XVIII Premio del Compasso d’Oro ADI, con l’esercizio posto mediante l’opera dichiarata con le sue produzioni e promossa attraverso gli stilemi promulgati sin dagli esordi con il “Manifesto del Design Anfibio”. Manifesto teorico, quest’ultimo, che reca la firma di Castellana e di Domitilla Dardi, ed in cui i nostri due designer sono presenti nella prima collezione messa in moto dal brand, con la loro opera con i due tavolini bassi “T1” e “T2”, insieme ad uno stuolo di talentuosi giovani designer che stanno profilando le nuove traiettorie d’esercizio dell’odierno design italiano.
A far compagnia ai due designer, all’interno dello stesso brand, vi sono designer quali Giulio Iacchetti, Elena Salmistraro, Andrea Branciforti, Antonio Aricò, Gaetano Di Gregorio, Anna Polisano, Antonio iraci, ed altri ancora, insieme al sottoscritto e ad uno stuolo di giovani designer individuati mediante la preziosa opera messa in campo con la creazione della piattaforma denominata “Emersivi” che, da qualche tempo è stata protagonista di portentosi workshop all’interno di Edit Napoli, il Salone delle piccole edizioni provenienti da tutta quella fauna di aziende di piccole dimensioni che mettono in atto innegabilmente profili d’esercizio di unicità ed i eccellenza.
Martinelli&Venezia è oggi uno studio di design con sede a Milano e Palermo
Martinelli Venezia è oggi uno studio di design con sede a Milano e Palermo, apposta vi dicevo che si mostrano come designer che riescono a coprire la traiettoria produttiva nazionale, fondato nel 2015, si occupa di art direction, furniture design, exhibition design, architettura e interior design, esplorando temi riguardanti il rapporto tra tradizione e cultura locale, le proprietà dei materiali e le possibilità tecniche dei processi di fabbricazione. I loro lavori sono stati esposti in gallerie e musei come il Musée du Louvre a Parigi, il MAXXI Rom, il Museo del Design Italiano di Triennale a Milano, la Galleria Rossana Orlandi, Artopiagallery e The Aram Gallery a Londra. Alcuni dei loro lavori sono stati esposti nelle mostre internazionali di Manifesta Palermo 2018 e della Porto Design Biennale 2019. Collaborano con diversi brand italiani e internazionali, tra cui Abet Laminati, Alcantara, Colé Italian Design Label, De Castelli, Falper, Fenix Scenario, InternoItaliano, Jannelli & Volpi, Lispi, Lithea, Luce5, Martinelli Luce, Meritalia, Mingardo, Moleskine, One to One, Pulkra, Premax, Slide.
E, tornando al brand Orografie, azienda che ricade in quella preziosa compagine di cui accennavo prima e che, inesorabilmente, con somma tenacia e convinzione continua a tracciare sempre nuove traiettorie di ostensione e narrazione sui nuovi stilemi individuati con il parterre prezioso coinvolto con le sue collaborazioni, ad ogni livello d’esercizio ed in numerosi ambiti applicativi ove oggi viene a muoversi la disciplina del design, essa ha inteso mettere in campo un podcast dal titolo “Nuovi riti di abitare”, ovvero un ciclo di talk promosso dal brand Orografie, in collaborazione con Fondazione Ordine Architetti, Ordine Architetti PPC della Provincia di Catania, Accademia Abadir, ADI Sicilia e Piazza Scammacca, per esplorare alchimia e relazioni tra cose, spazi e persone, attraverso le visioni di autorevoli ospiti.
Ciclo di incontri che ha visto nelle recenti puntate quali ospiti, nel mese di gennaio il designer Giulio Iacchetti insieme ad Annalisa Spadola e ad Andrea Branciforti quale discussant e, nel mese di febbraio il nostro duo Martinelli Venezia, insieme a Lucia Giuliano Fondatrice e direttrice della prestigiosa Abadir, la tanto accreditata Scuola del Design che ha sede a S. A. li Battiati alle porte della città di Catania, Eleonora Bonanno in rappresentanza dell’Ordine degli Architetti di catania ed il sottoscritto in qualità di discussant.
In conclusione, cosa che considero una coincidenza inimmaginabile e certamente non trascurabile, è che questi eventi sono stati sviluppati in una sede, quale è quella di Palazzo Scammacca che, già nella sua configurazione fisionomica accoglie porzioni ed elementi di preziosità gastronomica provenienti da tutto un mosaico di geografie d’eccellenza culinarie proprie di alcuni territori del nostro paese, insieme ad una factory che si occupa di comunicazione in diversi ambiti ove si opera attraverso processi creativi. Dunque, non mi resta che invitarvi all’appuntamento previsto per la prossima Confidential talk, che vedrà quali ospiti eccellenti nel pomeriggio del 20 marzo alcuni dei protagonisti della piattaforma di “Emersivi”, con Paolo Stefano Gentile, Giorgio Pagani e Marta Marino.