Quattro le date siciliane del noto cantante neomelodico, in tour con "I MIEI MERAVIGLIOSI ANNI ’80 - Estate 2025".
Nino D’Angelo arriva in Sicilia con “I MIEI MERAVIGLIOSI ANNI ’80 – Estate 2025“, il tour nazionale che partirà il 13 giugno da Palermo e si ultimerà con la doppia data nella sua città in Piazza del Plebiscito a Napoli.
Saranno quattro i concerti siciliani di Nino D’Angelo: il 13 giugno al Teatro Verdura di Palermo, il 14 giugno alla Villa Bellini di Catania, l’1 agosto al Live Arena di Agrigento e il 2 agosto alla Villa Dante di Messina. I quattro appuntamenti sono inseriti nel cartellone del Wave Summer Music, il Festival itinerante promosso da Giuseppe Rapisarda Management. L’evento di Agrigento, che fa parte del Festival “Il Mito”, è organizzato da Giuseppe Rapisarda Management e Fondazione Teatro Valle dei Templi. Il concerto di Messina, inserito nel progetto “Messina Città della Musica e degli Eventi”, è organizzato da Giuseppe Rapisarda Management e Il Botteghino, con la collaborazione del Comune di Messina.
Nino D’Angelo in Sicilia con “I meravigliosi anni ’80”
“I MIEI MERAVIGLIOSI ANNI ’80 – Estate 2025” è uno spettacolo che ripercorre la carriera cinematografica e i più grandi successi di Nino D’Angelo che vanta, in una carriera lunga 50 anni, sei partecipazioni al Festival di Sanremo, un David di Donatello, un Ciak d’Oro, un Nastro d’Argento e un Globo d’oro per le musiche del film musical “Tano da morire” di Roberta Torre.
Nell’attesa di vederlo sui palchi più prestigiosi d’Italia, QdS.it ha intervistato Nino D’Angelo, tornato dall’America del Nord da qualche giorno. “Per anni non ero più andato per la paura dell’aereo, però era un peccato non portare “I MIEI MERAVIGLIOSI ANNI ’80” anche in quelle zone. È stato bello, tanti italiani – ci racconta nelle prime battute della conversazione -. Siamo stati a Toronto e a New York. Mi sono veramente divertito. Ho conosciuto di più New York. È stata una bella esperienza”.
L’intervista
Il tour parte proprio dalla Sicilia, con due date già sold out da mesi. Come spiega questo amore viscerale tra Lei e la Sicilia?
“Ho messo sempre la Sicilia subito dopo la Campania perché è una terra che mi ha dato il grande successo. Il mio primo grande successo l’ho fatto alla ‘Calza’ di Palermo, quando sono stato lì a cantare per la prima volta. Come potrei non amare la Sicilia e i siciliani di tutto il mondo? Perché poi i siciliani stanno dappertutto: sono quelli che vengono quando vado in Germania, in Francia, in Svizzera. Come i napoletani, i pugliesi, i calabresi. Io sono figlio del Sud, amo tutto il Sud”.
C’è un aneddoto, un sentimento, un evento che può bene descrivere il rapporto con la Sicilia?
“Quando ho cantato a Piazza Calza di Palermo la prima volta. Io non sapevo di avere questo brano, ‘‘O scippo’, che aveva così tanto successo a Palermo. Mi avevano chiamato a una festa. Mammà per l’occasione mi aveva fatto fare un vestito bianco e mi aveva detto: ‘Stai attento al vestito che un altro non te lo posso fare’. Sono arrivato a Palermo, le ragazzine impazzivano per questo ragazzo col caschetto e mi hanno strappato la giacca. Io piangevo sulle scale dell’allora Hotel Jolly e Mario Abate, un cantante napoletano, mi ha detto: ‘Tu piangi? Devi ringraziare che ti hanno strappato la giacca perché la gente ti ama. Da oggi sei diventato un personaggio importante’. Lì ho capito che la mia vita stava cambiando”.
“I MIEI MERAVIGLIOSI ANNI ’80 Estate 2025” è il nome del tour che partirà il 13 giugno dalla Sicilia.
“Questo spettacolo è nato in occasione dell’evento allo Stadio Maradona di Napoli dello scorso anno. È stato un grandissimo successo, tutto esaurito. E così abbiamo deciso di portarlo un po’ dappertutto per un anno così da accontentare tutti quelli che amano il Nino D’Angelo degli anni ‘80 e che vogliono ascoltare quelle canzoni. Mi sono molto divertito. È stato un regalo che ho fatto a me, ma l’ho fatto anche al pubblico”.
Perché erano meravigliosi i suoi anni ‘80?
“Perché mi hanno cambiato la vita, mi hanno fatto diventare ricco, mi hanno dato il successo e poi sono meravigliosi gli anni ‘80 perché mi sono sposato, ho avuto dei figli. Sono stati gli anni più belli dal punto di vista artistico e dal punto di vista umano. Gli anni ‘80 sono gli anni della vita mia più belli. Ovviamente, ho saputo mantenere questo successo per anni. I figli di coloro che venivano negli anni ‘80 continuano a seguirmi. È questa la cosa più bella: che vengono i figli di quelli degli anni ‘80 ai concerti”.
Cosa le manca di Nino D’angelo, Caschetto d’oro?
“L’età! Quando hai vent’anni è un conto, quando ne hai più di 60 è un altro. Mi manca quella, però sono diventato più maturo. Oggi sono nonno. Prima ero figlio di tutti, oggi sono nonno per alcuni miei fan, per altri zio”.
E cos’è rimasto di quel ragazzo?
“L’anima è sempre quella. Un po’ come gli occhi: anche se abbiamo 90 anni, sono sempre quelli. Quel Nino D’Angelo là me lo porto sempre appresso, sta sempre con me. È alla base di tutto quello che ho fatto”.
Nel tour rivivranno i suoi più grandi successi che sono strettamente legati anche alla sua vita personale. Qual è il brano che la emoziona di più cantare?
“Due sono! Uno è ‘Un jeans e na maglietta’ perché mi ha dato il successo e l’altro è ‘Senza giacca e cravattaì, perché mi ha dato la consacrazione, un passaporto per dire che le mie canzoni non erano solo canzonette, ma anche importanti, pensate. Questi due brani hanno cambiato le mie due strade musicali. ‘Un jeans e na maglietta’ ha inventato tutto quello che i giovani di oggi fanno, ossia cantare in napoletano. Non ci dimentichiamo che con quella canzone ho sdoganato il dialetto napoletano in tutto il mondo quando il dialetto non lo voleva cantare nessuno. Oggi è diventata una moda. Tutti vogliono cantare in dialetto, ma quando lo cantavo io la gente non amava molto cantare in napoletano. A Sanremo era una follia. Adesso è tutto normale. Nino D’Angelo è stato rivoluzionario in quegli anni: ha rivoluzionato la canzone napoletana. Poi nel bene o nel male lo dirà la storia”.
Qual è, invece, il momento di ogni concerto che preferisce?
“Non c’è un momento. Dipende dalle serate. Non è sempre la stessa cosa. Questo è uno spettacolo di nostalgia pure. Gli anni ‘80 hanno rappresentato tanto, per me e per la gente che mi segue. Però poi c’è stato un lavoro, un’altra rivoluzione negli anni ‘90 con la musica etnica e che continuerà dopo questo grande tour e dopo questi 50 anni di successi”.
Una discografia ricca e intensa: c’è una canzone, una collaborazione o un disco di cui va meno fiero?
“Meno fiero? È la stessa domanda sui figli, se c’è un figlio più brutto dell’altro. I dischi sono come i figli: sono tutti amati, vengono difesi. In tutto quello che ho fatto ci ho messo tutto l’amore che potevo. Posso dire che ‘Terra nera’ è stato il disco della rivoluzione, quello che amo di più, ma non esiste il disco che amo meno”.
Le sue canzoni hanno in sé il dono dell’immortalità: sono senza tempo e per ogni tempo. Ad oggi, saprebbe dire qual è l’ingrediente segreto di ogni brano di Nino D’Angelo?
“La verità e i valori che danno i miei brani. Non sono tutti dei capolavori le canzoni che ho scritto, però sento che la gente mi vuole bene proprio al di là dell’artista. Sento questo amore viscerale perché mi ha cresciuto il popolo, come uomo e come artista. Sono un figlio vero del popolo. La gente ha imparato ad amarmi, al di là dell’essere cantante o della storia. Io vengo dalla povertà e credo alla gente piace sapere che uno non si è arreso dinanzi all’impossibile. La gente sa che sono una persona onesta, che nessuno mi ha regalato niente. E in questo mondo di disonesti, alla gente piace una persona come me. E poi ce l’ho fatta. Ho avvicinato i giovani alla musica napoletana. Negli anni ‘80 la musica napoletana era amata dalle persone anziane. Io ho scritto il pop napoletano in quegli anni”.
Il rapporto con la musica e il successo
Le piace la musica di oggi?
“La musica di oggi mi appartiene poco. Sono un melodico. La musica di oggi è basata più sul ritmo, io amo molto i cantautori. Penso che le parole sono importanti nelle canzoni. La musica di oggi è un po’ usa e getta. Non so se rimarranno nella storia queste canzoni. Una volta si faceva un disco ogni tre anni, adesso si fa un singolo al giorno. Non si può fare un paragone tra la musica di ieri e di oggi. Ci sono artisti che mi piacciono di tutti i generi, però io sono un melodico”.
Oggi il napoletano è sdoganato nella musica italiana. Lei, di sicuro, è stato fondamentale per far sì che ciò avvenisse.
“Penso che io sono stato quello che ha preso i cazzotti in faccia per tutti questi qua”.
Cosa pensa della nuova scena musicale napoletana?
“I napoletani cantano tutti bene. Spero ci siano sempre giovani che facciano canzoni in dialetto, che ormai è sdoganato; è molto più facile. Ho paura che diventi una moda cantare in dialetto. Una volta nessuno voleva cantare in napoletano, adesso sì. È pure un convenienza ad oggi”.
Cantare in napoletano aggiunge qualcosa alla canzone…
“È Napoli che si porta nel mondo. Tutti quelli che sono napoletani, devono essere fieri di esserlo perché Napoli è grande. I numeri che ho fatto in questi anni, non li ho mai fatti. E non mi sarei mai aspettato potesse accadere a quest’età di trovare i teatri esauriti. Io ringrazio Napoli per avermi fatto napoletano. Grazie ai social, è uscita fuori una Napoli che non è solo la Camorra come la Sicilia non è solo mafia”.
Napoli è sempre al centro di dibattiti e forti contraddizioni. Sta vivendo un periodo di gioia con il quarto scudetto vinto. Quali auspici riserva alla sua città?
“Le auguro di vincere lo scudetto ogni anno! Devo dire che noi siamo sempre i più grandi a fare le feste. Abbiamo fatto parlare tutto il mondo perché teniamo una vista sulla litoranea che non ha nessuno. Vedere quella lingua di gente con quel Vesuvio dietro è stata una delle più belle immagini della mia vita. Ci hanno visto 70 milioni di persone. Essere napoletani è troppo bello come è bello essere una della persone più amate della mia città”.
C’è un artista che vede come suo erede?
“Penso sia difficile possa esserci un altro Nino D’Angelo. Per me non esiste l’erede di Celentano, di De Gregori o di Baglioni. Ognuno di noi ha fatto una storia. Quello che verrà sarà un altro tipo di storia”.
“Popolo delle mie canzoni” è l’espressione scelta per comunicare con il suo pubblico. Ha un effetto molto sentimentale, come se si creasse una connessione proprio in virtù di cosa canta. Mi sbaglio?
“Amo il popolo perché io sono un seme del popolo, vengo dal popolo e senza il popolo io non sarei mai stato nessuno. Nessuno mi ha dato niente. Il mio successo è veramente pulito. Non mi hanno inventato le multinazionali. Il popolo ha comprato i miei dischi. Essere amato dal popolo che conosce bene la povertà è ancora più bello perché la gente faceva i sacrifici per comprarsi i miei dischi. Li chiamo ‘popolo delle mie canzoni’ perché io voglio essere l’artista del popolo”.
Ad oggi qual è il suo rapporto con il successo?
“Mi sono quasi abituato che la gente mi riconosce e mi chiede l’autografo. La cosa bella è quando un mio nipote mi chiede se ho fatto quella canzone. Oggi faccio il nonno, il mestiere più bello, e mia moglie dice che è quello che so fare di più. Dice che sono un bravo nonno”.
Il successo non ha scalfito la sua storia d’amore con Annamaria, ben 45 anni insieme…
“Mia moglie è la mia vita. Mia moglie è il mio sostegno. Mia moglie è la mia roccia. Mia moglie è la mia vera forza. Lei ha fatto tanti sacrifici perché vivere vicino a un artista non è facile per una donna. L’artista oscura un po’ tutto, invece mia moglie, oltre la sua bellezza, ha una bellezza interiore e poi è una grande mamma. La nostra è una bella storia. Non è di questi tempi. Oggi la gente si sposa per fare una bella festa. Noi ci siamo sposati per coronare l’amore di una vita. Abbiamo avuto due figli meravigliosi che ci hanno reso nonni”.
Che nonno è?
“I miei nipoti mi amano perché divento un bambino quando sono con loro. Per me i miei nipoti sono i giocattoli che non ho avuto da bambino. Io non sono mai stato un bambino, quindi adesso sono loro i miei veri giocattoli”.
Una carriera ricca e variegata, piena di premi e riconoscimenti. Cosa manca a livello artistico e personale?
“Artisticamente mi piacerebbe tornare a teatro, diventare un po’ come Gaber. Un cantante che fa canzoni – teatro. C’è già un progetto a cui sto lavorando da tanto tempo. Per quanto riguarda la mia vita, sono stato un uomo fortunato. Non ho avuto niente quando sono nato e poi ho avuto tutto dalla vita. È difficile per me chiedere qualcosa. Dovessi chiedere qualcosa al Signore – perché sono cattolico – gli chiederei di far smettere queste guerre assurde, male di questa terra in questo momento”.
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Foto di Virginia Bettoja