Povertà, Gian Maria Fara, "nel Sud è colpa del furto del Nord" - QdS

Povertà, Gian Maria Fara, “nel Sud è colpa del furto del Nord”

Giuseppe Lazzaro Danzuso

Povertà, Gian Maria Fara, “nel Sud è colpa del furto del Nord”

martedì 16 Giugno 2020

Secondo il presidente di Eurispes la “rapina” da 840 miliardi “è uno dei principali fattori scatenanti”. "L'asservimento al Settentrione dell'intellighenzia meridionale” e il consiglio alla classe politica, “fare squadra”

Il prof. Gian Maria Fara, presidente di Eurispes, presentando il trenta gennaio scorso il rapporto 2020 dell’Istituto, ha parlato diffusamente della “rapina” da 840 miliardi di euro perpetrata in diciassette anni dal Nord nei confronti del Sud.

Proprio a lui, alla luce del Report 2019 dell’Istat sulla povertà in Italia diffuso oggi, abbiamo chiesto quanto abbia inciso la “rapina” sul fatto che il numero di poveri sia doppio nel Mezzogiorno rispetto al Settentrione.

“Ovviamente – ha affermato Fara rispondendo alle nostre domande – la ‘rapina’ ha contato moltissimo. Possiamo considerarlo uno dei principali fattori scatenanti della povertà del Meridione. L’enorme quantità di risorse sottratte è stato assolutamente determinante non soltanto nell’impedire lo sviluppo del Sud, la cui economia, grazie a quelle somme, sarebbe potuta decollare, ma anche nel rendere sempre più povero il Mezzogiorno”.

– Estrapolando i dati per la Sicilia risulta che il 25% della popolazione è in stato di povertà relativa…

“La Sicilia non sta messa bene, ma ci sono zone altrettanto povere nel Paese, anche al Nord. Quel che mi preoccupa, però, a proposito di povertà, è la progressiva debolezza economica dei ceti medi. Noi lo segnaliamo da qualche decennio e veniamo spesso additati come pessimisti o disfattisti. Ma la verità è che il ceto medio, assottigliandosi fin quasi a sparire, mette a rischio la democrazia. Napoleone diceva che i sottufficiali sono la spina dorsale di un esercito. Lo stesso vale per il ceto medio, che è la spina dorsale della democrazia. Il progressivo impoverimento del ceto medio ha prodotto fenomeni come il populismo. Forse non ci rendiamo conto dei pericoli che corriamo”.

– Il rapporto attribuisce al reddito di cittadinanza la riduzione della povertà in particolare nel Meridione…

“Non sono mai stato favorevole al reddito di cittadinanza: avrei destinato le stesse risorse a finanziare i consumi pubblici piuttosto che quelli privati. Circa dieci miliardi di euro. La realizzazione di opere pubbliche avrebbe attivato posti di lavoro e fatto crescere il Pil. Ma in questo Paese, dal dopoguerra, si è sempre privilegiata la distribuzione a pioggia, piuttosto che destinare le risorse ad attività e progetti mirati. Così il reddito di cittadinanza ha lenito qualche ferita, ma il Paese è rimasto indietro. Capisco che le famiglie del Sud ne abbiano tratto un qualche beneficio. Il ritardo infrastrutturale del Mezzogiorno è sempre stato attribuito alla presenza e all’ipoteca delle varie mafie. Ma uno Stato serio non può farsi condizionare dalla presenza di organizzazioni criminali, che vanno combattute. Ormai da decenni, poi, la mafia ha trasferito gran parte dei propri interessi e della propria attività verso il Nord più ricco e per certi aspetti anche più accogliente. Infine, lo Stato deve decidere quale dev’essere il suo rapporto con l’Economia. Io sono convinto che la Politica e le Istituzioni, in Italia come altrove, devono affermare un proprio ruolo di regolazione tra le attese e i bisogni della società e le pretese, spesso voraci, della cosiddetta razionalità capitalistica. Lo Stato, cioè, dev’essere il garante della correttezza dei processi economici, il tutore di una equa redistribuzione e indirizzare i processi economici a vantaggio della società e combattere quella Finanza che ha finalità esclusivamente speculative”.

– Il flop della “meravigliosa” Sanità lombarda durante l’emergenza coronavirus come lo giudica?

“Il fallimento di un modello per il quale sono stati spesi miliardi con le ricadute sul territorio che sono sotto gli occhi di tutti. Il modello don Verzé ha mostrato tutti i suoi limiti. E per fortuna adesso si è avviata una fase di riflessione sui limiti del sistema costruito. Il covid-19 ci ha richiamati tutti alla realtà e ci ha fatto capire quanto sia stato sbagliato indebolire il welfare, a cominciare dalla Sanità”. 

– Torniamo alla “rapina” del Nord nei confronti del Sud: perché grandi agenzie di stampa e giornali non hanno riportato con il giusto rilievo la notizia? E perché la politica e gli intellettuali del Sud non si sono ribellati?

“L’asservimento dell’intellighenzia meridionale al Nord è un fatto antico. La borghesia meridionale è sempre stata servente rispetto agli interessi del Settentrione. Ma così non può più andare avanti. La classe politica meridionale dovrebbe avere maggior contezza di sé e rivendicare il ruolo del Mezzogiorno. Rimboccarsi le maniche e lottare per i propri territori. A prescindere dall’appartenenza politica occorre fare squadra, facendosi carico seriamente dei problemi del Mezzogiorno, che poi sarebbero i problemi dell’intero Paese, per recuperare i ritardi storici che tutti conosciamo. Il problema è che l’Italia è un Paese di battitori liberi, contrassegnato da un’invidia diffusa che porta a veti incrociati e all’immobilismo”.

– Ricorda il titolone di “Libero” che recitava “Comandano i meridionali”?

“Probabilmente molti confondono l’incarico pubblico con il reale potere, che oggi non è più della politica, bensì è della Finanza e, in parte, della Magistratura”.

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