Ripopolare il Sud, con il South working si può - QdS

Ripopolare il Sud, con il South working si può

Liliana Rosano

Ripopolare il Sud, con il South working si può

sabato 14 Novembre 2020

L'omonima associazione vuole riportare i lavoratori nelle regioni meridionali attraverso lo strumento del lavoro agile. L’idea di un gruppo di giovani professionisti, manager e accademici. Al via la campagna operativa

CATANIA – Entra nella fase operativa l’Associazione “South Working – Lavorare dal SUD”, nata lo scorso luglio dalla collaborazione di un gruppo di giovani professionisti, manager, accademici, con l’obiettivo di studiare lo smart working, localizzato in una sede diversa da quella del datore di lavoro.

South Working vuole privilegiare in particolare chi proviene dalle regioni del Sud ed è costretto ad abbandonare la terra di origine per motivi professionali.

Il progetto è ambizioso: riportare i giovani al Sud mantenendo il proprio lavoro altrove.

Molto di più di un semplice “smart working”. Sul tavolo, la formulazione delle proposte di policy finalizzate alla riduzione del divario economico, sociale e territoriale nel Paese.

“Fin da subito, il progetto ha catalizzato una forte attenzione – ha affermato Elena Militello, presidente e fondatrice dell’Associazione. Credo sia il segnale di una necessità diffusa e della convinzione condivisa che poter lavorare da dove si desidera, in particolare dalle regioni del Sud e dalle aree interne, possa aiutare i lavoratori ma anche i territori. Lo dimostra la nostra rete di volontari, che ogni giorno diventa più capillare.

Il sostegno della Fondazione con il Sud, che ringraziamo per la fiducia, ci permetterà di strutturarci come associazione, di poter assumere delle risorse e, allo stesso tempo di creare una piattaforma online che possa mettere in rete i lavoratori dalle loro sedi di destinazione. Siamo in tanti. Il prossimo passo sarà ‘contarci’. È questo il senso della campagna di adesioni e sostegno rivolta ai lavoratori già South Worker, a coloro che sono interessati a diventarlo e a chiunque desideri sostenere il movimento, con l’attivazione di un contatore sul sito web southworking.org”.

L’associazione, che conta già 7.500 persone iscritte sulla pagina Facebook, con un pubblico raggiunto di più di 30.000 persone ogni mese, ha appena presentato l’inizio della fase operativa.

Si tratta dell’avvio della campagna di adesioni e della rete di sostegno ai lavoratori e un Osservatorio sul tema per delineare l’identikit del south worker e il potenziale interesse.

Avviata anche la classificazione degli spazi per il lavoro agile presenti sul territorio italiano come coworking, bar attrezzati, biblioteche, o librerie, per permettere ai South Worker di lavorare da un luogo adeguato e di socialità.

Qual è l’identikit del south worker? Sono giovani tra i 25 e i 39 anni, con un alto grado di istruzione, occupati nel settore terziario come ingegneria, economia, giurisprudenza e settore bancario.

Tra i lavoratori, i datori di lavoro sono per la maggior parte privati (80,4%) e i contratti sono a tempo indeterminato per il 70,5%. Ben l’85,3% degli intervistati ha sostenuto che andrebbe a vivere al Sud se potesse mantenere il suo posto di lavoro e lavorare a distanza.

Interessante è anche il dato sui salari: il 25,7% degli intervistati sostiene che sarebbe disposto a rinunciare a una percentuale del 20% dello stipendio attuale in cambio della possibilità di lavorare a distanza dal Sud, con un ulteriore 38,2% che accetterebbe di rinunciare a una percentuale dello stipendio non superiore al 10%.

“Al netto degli indubbi vantaggi per i lavoratori interessati, South Working rappresenta, dal nostro punto di vista una straordinaria opportunità per lo sviluppo del nostro Sud”, ha sottolineato Carlo Borgomeo, presidente della Fondazione con il Sud.

“Da sempre sosteniamo che lo sviluppo del Mezzogiorno ha una precondizione irrinunciabile: un forte capitale sociale. Il rientro al Sud di giovani talenti, con le loro competenze e la voglia di disegnare il proprio futuro in quei territori, costituisce una formidabile leva di sviluppo. Per questo motivo la Fondazione con il Sud ha deciso di accompagnare e sostenere questa esperienza: pensiamo che una soluzione imposta dall’emergenza, possa diventare una modalità strutturale di lavoro a distanza. E possa in un futuro diventare un elemento di attrazione anche per giovani talenti non meridionali”.

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