Ristoranti aperti in Sicilia ma senza clienti, "Serve subito un decreto 'Ristori ter' " - QdS

Ristoranti aperti in Sicilia ma senza clienti, “Serve subito un decreto ‘Ristori ter’ “

Ristoranti aperti in Sicilia ma senza clienti, “Serve subito un decreto ‘Ristori ter’ “

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mercoledì 26 Gennaio 2022

Il settore dell'Ho.re.ca in grave crisi anche in Sicilia. L'intervista a Paolo Bianchini (Movimento Imprese Ospitalità), Dario Pistorio e Antonio Cottone (Fipe Confcommercio).

Il primo anno di pandemia lo ha tramortito.  Le riaperture del 2021 non sono bastate a sollevarlo. E, con la nuova esplosione dei contagi Omicron delle ultime settimane, l’Ho.re.ca, è tornato prono a pancia in giù anche in Sicilia. Alla Spada di Damocle del fallimento, che sfiora e che in numerosi casi è già finita per cadere sul collo dei piccoli e micro imprenditori del comparto che riunisce i ristoratori e, in generale, i somministratori di cibi e bevande, si aggiungono adesso anche le conseguenze della progressiva chiusura dei rubinetti da parte delle banche.

Un “lockdown mascherato”

Come se non bastasse, ad aggravare la mestizia dello scenario, c’è poi quello che viene adesso definito un lockdown ‘mascherato’. Perché a prescindere dalla questione green pass, la gente nei locali esita e alla fine evita di entrarci. Cosicché la mancanza di clienti spinge adesso molti ristoratori a cessare temporaneamente l’attività; facendo pronosticare molte altre chiusure definitive.

Sin dall’inizio dei contagi il Centro Studi di Mio Italia (Movimento Imprese Ospitalità) monitora questo stato di angoscia commerciale: “Dalle ultime festività natalizie la situazione va peggiorando – lamenta Paolo Bianchini, presidente di questa associazione di categoria nata due anni fa, nel periodo del primo isolamento forzato. E le banche, dal canto loro, oltre a negare il credito alla ristorazione, stanno segnalando alla Centrale dei rischi le piccole aziende in sofferenza”. 

Il calo di fatturato

Parlano i numeri. I riscontri del biennio 2019 – 2021 mostrano una perdita media di fatturato del – 49%, mentre il giro d’affari delle festività natalizie (dall’8 dicembre al 6 gennaio) quest’anno è crollato del -54% rispetto allo stesso periodo a cavallo tra il 2019 e il 2020, epoca in cui il Covid veniva percepito come un problema geograficamente molto distante. Dati di un’indagine a campione, quelli offerti da M.I.O.: “senz’altro scomodi per qualcuno al Governo, ma che – aggiunge Bianchini – fotografano la condizione di migliaia di imprenditori del mondo della ristorazione, delle loro famiglie e di tutta la filiera legata all’attività di somministrazione e di manipolazione degli alimenti.

I titolari di ristoranti, pizzerie, bar, pub e cocktail bar, subiscono il terrore diffuso dai provvedimenti restrittivi introdotti da una classe politica interessata solo ad arrivare a fine legislatura piuttosto che a occuparsi anche degli aumenti dei costi e dei rincari delle bollette energetiche che ci stanno letteralmente massacrando”.  

“Le differenze rispetto a un anno fa? Non ci sono più aiuti”

Quasi una fotocopia dello tsunami di un anno e mezzo fa. Con la differenza che non partono aiuti di Stato al settore. Mentre sullo sfondo si profila la restituzione di quelli già ricevuti. “Le rate cominceranno a decorrere da giugno, ma come pagarle, visti i risultati grami dello scorso capodanno e con flussi di clientela adesso così scarsi ? – dice Dario Pistorio, presidente regionale di Fipe-Confcommercio. Tutte le bollette sono aumentate pesantemente.

Un esempio? In una delle mie aziende di somministrazione, prima della pandemia pagavo una media di 250-300 euro al mese; adesso i costi hanno toccato i 700 euro. Senza considerare i rincari delle materie prime, dallo zucchero alla farina ai prodotti monouso. E, soprattutto, senza ritoccare minimamente i prezzi nei menu, ipotesi che si tradurrebbe in ulteriori perdite di clientela. Insomma i margini di guadagno si sono assottigliati ancora di più e urge almeno un calmiere della spesa per elettricità e gas”. Inoltre, il rapporto con le banche – sottolinea Pistorio – oscura ancora di più il quadro se si considera il rischio soprattutto per le aziende economicamente più fragili di ricorrere a canali di credito alternativi tutt’altro che puliti”.

L’esigenza di un decreto “Ristori Ter”

Per gli imprenditori siciliani dell’Ho.re.ca un decreto ‘Ristori Ter’ è ormai d’estrema urgenza. Le associazioni di categoria concordano su 5 strumenti: il prolungamento nel 2022 delle moratorie sui prestiti alle Pmi; la reintroduzione del credito d’imposta sugli affitti dei locali; indennizzi rapidi e a fondo perduto a copertura delle perdite relative allo scorso mese di dicembre 2021 e a quelle che si assommeranno nel primo trimestre del 2022; l’abbassamento dell’Iva dal 10 al 5%; e, di nuovo, la Cassa integrazione in deroga. “Strumento, quest’ultimo che andrebbe applicato anche a aziende con meno di 15 dipendenti”, aggiunge Pistorio.

“Basterebbero almeno due di questi interventi per aiutarci molto – sottolinea Antonio Cottone, che sempre per Fipe Confcommefcio è il presidente per la provincia di Palermo. Del resto ormai l’Agenzia delle Entrate può controllare con un semplice clic la situazione languente delle nostre casse. Un danno elevato e aggravato anche dalla tardiva comunicazione dei divieti, a ridosso di capodanno”. 

I numeri – aggiunge Cottone – parlano chiaro: le perdite d fatturato si valutano nell’ordine del -70/-80% rispetto al periodo Natale/Capodanno del 2019: un dato medio”. Al quale si somma quello delle attività commerciali che hanno chiuso definitivamente, di cui non si ha ancora un conteggio preciso in Sicilia. Ma il cui numero – considera Salvo Longo, referente di M.i.o. Sicilia. – incide di certo nel dato nazionale delle circa 10mila attività commerciali che hanno serrato i battenti a partire dalla primavera del 2020”. 

Altre 50mila attività in procinto di chiusura

Senza liquidità fresca, immessa da nuovi ristori economici, “la previsione di chiusura di altre 50mila attività sul territorio nazionale – secondo le stime del nostro Ufficio Studi – verrebbe abbondantemente superata” – sottolinea. A novembre, nonostante l’emergenza sanitaria, la mannaia del fisco si è abbattuta senza pietà sui locali della ristorazione.  Anche Longo è titolare di uno di questi, nel centro storico di Palermo. E come tanti altri ha deciso, per ora, di chiudere. “Ho registrato un calo del volume d’affari del 38% sul biennio 2019-2021, ma per tanti altri colleghi del comparto è andata molto peggio. Ormai sostenevamo solo costi altissimi, con spese triplicate e affitti rimasti alti a fronte di strade semideserte”. 

Se non vengono minimizzati rischi e incognite dei contagi, le attuali declinazioni del green pass alimentano il malcontento degli imprenditori dell’ho.re.ca. “Stanno solo aggravando i danni per un settore centrale come il nostro – rimarca Longo- Dovrebbe essere prioritario condurre l’Italia verso una fase di fiducia socioeconomica, ma Governo e mondo politico, adesso assorbiti dalla votazioni per il Capo dello Stato, non ci danno segnali”.

La questione green pass

Ma c’è chi da questo tsunami si sta, per così dire, salvando, traendone addirittura un vantaggio: ovvero i locali adibiti al drink che intercettano fasce di clientela incuranti delle regole, adeguandovisi. Ciò conferma che il sistema dei controlli naviga, ma fa anche acqua. “A detta di diversi ristoratori – riprende Longo –  il fatto che le forze dell’ordine li eseguano, tra l’altro con tatto e discrezione, nei locali in cui è scontato non incontrare clienti sforniti di green pass, non rende meno dannoso che in altri locali diversamente frequentati non si avvicinino neanche”.

Una ‘variante’ della situazione. Favorita da un discutibile sistema sanzionatorio. “Succede di vedere sui social foto di persone che si dichiarano no vax mentre brindano dentro i locali con l’aperitivo – riprende Cottone. Una presa in giro, penalizzante per quanti invece le regole le rispettano. Di sicuro mandare via un cliente senza green pass è spiacevole specie se la sua, chiamiamola così, ‘percentuale di ostinazione’ lo induce a cercarsi un altro locale disposto a accoglierlo.

Ma il ruolo di noi ristoratori non è certo quello di controllare le persone al pari delle forze dell’ordine. Così come è certo che una multa di poche centinaia di euro serve a poco o nulla. Mentre sanzioni più drastiche, come una temporanea chiusura, indurrebbero molto di più a adeguarsi alle regole di sicurezza sanitaria”. Situazione che si va giocoforza a collocare in un piano di etica e civismo, diventato scivoloso. Lasciando comunque aperta la domanda di come possa davvero agire da deterrente una sanzione pecuniaria che scatta per violazione dell’obbligo di possedere un Green Pass rafforzato, se, d’altro canto, per le strade guidano persone sprovviste di assicurazione, infischiandosene di rischiare multe dall’importo almeno doppio (oltre al sequestro del mezzo). 

Ultimo ma non ultimo tra i problemi rispetto all’attuale scenario dei controlli sulla conformità alle regole di sicurezza nelle città, quello dell’incremento dei furti, nei ritrovi della movida. Smartphone, tablet e sedie di pertinenza fatte sparire dai dehors: “anche a decine, come è successo di recente in un noto bar-pasticceria palermitano – dice Longo. – Le telecamere hanno mostrato un ladro munito di moto ape che ha potuto agire con tutta calma”. O come quanto accaduto una settimana fa nella caffetteria più grande di Santa Flavia, a 15 chilometri da Palermo: svuotata nella notte di 16 tavoli e 70 sedie, oltre a un mini frigo, lampadari, stereo e casse. 

                                                                        Antonio Schembri

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