San Bartolo dei pescatori e il chiostro della Cattedrale - QdS

San Bartolo dei pescatori e il chiostro della Cattedrale

Salvatore Santagati

San Bartolo dei pescatori e il chiostro della Cattedrale

mercoledì 01 Maggio 2019

Seconda puntata alla scoperta del volto sconosciuto di Lipari. Tra bellezze commoventi e faide

Avevo cominciato a narrarvi, nella scorsa puntata, della malinconia tutta eoliana della Lipari d’inverno, che assume un volto decisamente meno solare dell’Isola come la si conosce quando viene presa d’assalto dai turisti nel periodo estivo.

Vi ho raccontato dei funerali accompagnati dalla banda musicale e della struggente bellezza del mare irrequieto, dei mandorli fioriti e delle colorate barche abbandonate nei prati, degli anziani intabbarrati sul corso anche nelle giornate di sole e dei racconti degli emigrati.

Vi ho detto del mio gironzolare a lungo, a piedi, per la Lipari d’inverno, alture comprese. E questo mi ha condotto a scoprire piccoli e grandi orrori architettonici, ma anche bellezze commoventi capaci di scuotere l’anima.

Ricordo che un giorno, mentre mi inerpicavo sul monte Chirica, fui colto da un improvviso temporale e mi rifugiai in un casolare abbandonato, circondato da un prato verde intenso punteggiato da fiori gialli. Pioveva a dirotto con tuoni e lampi ed era bellissimo, come essere all’alba del mondo.

Tutto passò in pochi minuti e quando smise di piovere uscii all’aperto, respirando a pieni polmoni l’aria fresca e profumatissima. Gli alberi erano ancora tutti grondanti di pioggia, la tormenta si muoveva verso Filicudi e Alicudi e il cielo sopra Lipari si era aperto svelando un panorama emozionante.

Salina era proprio lì davanti ai miei occhi. La sensazione era quella che potessi prenderla tra le mani.

E a rendere tutto più magico, le due isole erano unite da un splendido arcobaleno.

Ripresi la mia passeggiata per le campagne e m’imbattei in un anziano contadino che mi raccontò la sua storia: aveva 78 anni ed appena uscito dal carcere.

Aveva sparato al fratello con un fucile quando questo, tornato dall’Australia dopo la morte del padre, aveva deciso di vendere la sua parte del vigneto, amorevolmente coltivato a malvasia, e della casa di famiglia. E poiché lui si opponeva alla spartizione e vendita sbrigativa aveva fatto distruggere la sua metà del vigneto.

“Allora – raccontava, con voce tremante – non ci ho visto più, caro signore: ho preso il fucile e gli ho sparato”. Si era passato la mano sugli occhi, come a voler cancellare quell’immagine, poi aveva proseguito: “è caduto ferito proprio lì, sotto quel cedro” aveva detto, puntando l’indice della mano verso l’albero.

Il cedro era magnifico, curato e potato amorevolmente, con una semplicità toccante. Ostentava quei suoi frutti giganteschi e pieni di bitorzoli, color giallo-oro e profumatissimi.

I cedri maturi appesantivano talmente i rami dell’albero che in certi punti questi sfioravano l’erba verde.
La vicenda dell’ergastolano era stata solo la più eclatante tra le tante storie di feroci liti familiari liparote che mi furono narrate quell’inverno, a volte autentiche guerre che vanno avanti per generazioni, di solito per motivi di eredità.

Una mattina presto assistetti allo scontro tra due anziani fratelli che, incrociandosi sul Corso, prima si sputarono addosso, poi si presero a pugni e calci, e infine, avvinghiandosi con tutto il vigore consentito dall’età, caddero in terra, schiacciando le arance sanguinelle che uno dei due aveva con sé.

Tutti però fanno pace – o quasi – per una delle quattro feste di San Bartolomeo che si svolgono nell’Isola. Quasi tutti qui si chiamano Bartolo o Bartola e quella del 13 febbraio è la festa dei pescatori, la più intima: sentita, genuina, paesana.

Dopo una messa solenne il simulacro argenteo, con le gambe nude, e il reliquiario a forma di nave detto vascidduzzu, vengono portati a spalla dagli adepti delle confraternite e la processione attraversa le lucide e strette stradine di Lipari fino a una chiesetta rustica in cui, si dice, furono conservate le prime reliquie dell’apostolo.

C’era sempre la stessa banda in color vermiglio, un gruppetto di anziane suore, piccolissime di statura, le autorità locali, la gente. Che dalla chiesetta segue poi il Santo, tra stretti vicoli, fino a Marina Corta per degli spettacolari fuochi d’artificio sul mare.

È stato durante la grande messa per San Bartolo che ho scoperto, per puro caso, quello che considero il posto più bello di Lipari. Imbruniva e, irrequieto e infreddolito, gironzolavo dentro la Cattedrale. Aprii una porta scura, entrai e, come in un sogno, mi ritrovai solo in un antico chiostro Normanno.

Fu come entrare in un’incisione di Giovanni Battista Piranesi: tutto era in bianco e nero, tra penombre e chiaroscuri. Il chiostro – con archi bassi, scuri e massicci – era trascurato ma fitto di fascino, di atmosfere. Le pietre, lucide e antiche, se potessero parlare narrerebbero mille storie. Invece tra gli archi regnano ombre, misteri: silenzi spettrali.

Aprii un cancelletto e mi si aprì davanti una vista incantevole su Marina Corta e Vulcano. Tra i colori rosso-arancio perlato dell’imbrunire distinguevo i vapori del cratere, le luci tenue di Marina Corta, le barche bianche dei pescatori, gli aliscafi con la loro scia candida.

E una grande nave era ferma all’orizzonte.

6 commenti

  1. Epifanio D'ovidio ha detto:

    Strepitoso racconto, a tratti commovente.

  2. Francesco ha detto:

    Bravissimo lo scrittore come sia riuscito a scoprire queste isole e raccontarli con i suoi racconti a volte anche commoventi

  3. Giusy Culoso ha detto:

    Affascinante pennellata di colori , emozioni , profumi , sapori , luoghi , persone ! Un porpouri fi rara bellezza !

  4. Giuseppe scannella ha detto:

    Suggestiva descrizione che racconta una realtà in modo da darle l’aura di un romanzo. Eppure le atmosfere e i personaggi sono vivi.

  5. Karina ha detto:

    Beautifully written piece. Always thoughtful, always with passion
    Bravissimo))

  6. damien ha detto:

    Toujours un plaisir de lire vos articles

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