Sicilia in economia di guerra: "Rischio che manchino benzina e beni primari" - QdS

Sicilia in economia di guerra: “Rischio che manchino benzina e beni primari”

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Sicilia in economia di guerra: “Rischio che manchino benzina e beni primari”

Ivana Zimbone  |
sabato 21 Maggio 2022

Ma qual è lo stato di salute del comparto agroalimentare nell'Isola dopo lo scoppio del conflitto in Ucraina? A spiegarlo al QdS è Flora Mondello, delegata all'agroalimentare di Sicindustria

La Sicilia è famosa non solo per il suo immenso patrimonio artistico, culturale e paesaggistico. Anche per tutte le prelibatezze che produce, per i sapori indimenticabili che lascia sui palati di chi la visita.

Ma qual è lo stato di salute del comparto agroalimentare in Sicilia dopo il Covid e dopo lo scoppio del conflitto in Ucraina? A spiegarlo in un’intervista al QdS è Flora Mondello, delegata all’agroalimentare di Sicindustria.

Dottoressa Mondello, com’è cambiato il settore agroalimentare in Sicilia dal Covid a oggi?

“Nonostante abbiamo delle realtà peculiari di alto livello, il Covid ha modificato la capacità produttiva delle aziende e stravolto i mercati. Il tessuto imprenditoriale siciliano è variegato e comprende piccole e medie imprese a gestione familiare, nonché realtà più grandi che prima della pandemia avevano già mercati floridi. Al primo gruppo appartengono le aziende che hanno subìto le batoste maggiori a causa del virus. Al secondo, invece, la maggior parte di quelle che, grazie a digitalizzazione e vendite online, è riuscita a trovare nuovi slanci e nuovi sbocchi per sopravvivere. E poi, dopo il Covid, c’è chi ha ampliato il proprio ventaglio di prodotti/servizi. Io, per esempio, sono riuscita a immettere la mia azienda vinicola nella grande distribuzione, a offrire nuovi prodotti di fascia alta e a dedicarmi con più attenzione all’organizzazione di cerimonie ed eventi. Apprezzate sono soprattutto le linee di produzione ‘customizzate’, con etichette personalizzate per le occasioni speciali”.

Quali sono i prodotti su cui il comparto è più forte?

“Si potrebbe dire che vino, olio, arance, limoni e formaggi siano i prodotti maggiormente esportati. Ma la verità è che la bandiera della Sicilia, che rende unico e forte il comparto agroalimentare, è proprio la biodiversità: ogni provincia ha le proprie peculiarità agroalimentari. Dal pesce ai dolci, dai salumi ai formaggi, dagli ortaggi alla frutta…la Sicilia accontenta anche i palati più esigenti e si fa ricordare. La qualità dei suoi prodotti è quella che ci fa ben sperare, pure per il futuro”.

Nei supermercati siciliani spesso frutta e verdura provengono da Paesi esteri. Perché questo accade? Quali sono le difficoltà incontrate dalle imprese?

“Le dinamiche economiche della Gdo il prezzo dei prodotti è determinante. E non tutte le aziende siciliane riuscirebbero a vendere a prezzi bassi frutta, verdura e vino di qualità. Perché non sono abbastanza strutturate e perché il gap infrastrutturale rende complesso e costoso il trasporto della merce. Per entrare in Gdo, oltre al prezzo competitivo, le aziende devono riuscire ad assicurare: ottima organizzazione logistica, continuità del rifornimento, utile nel bilancio. Non è affatto semplice. La soluzione? Comprare sulle piccole insegne che non fanno parte della grande distribuzione: lì è possibile acquistare prodotti freschi, di stagione, di qualità, a km zero e a prezzi convenienti.
Al tempo stesso le istituzioni dovrebbero spingere il brand Sicilia prevedendo infrastrutture e servizi adeguati, oltre che spiegando l’importanza di comprare siciliano”.

Il conflitto in Ucraina e le sanzioni nei confronti della Russia hanno comportato un aumento dei prezzi anche tra i beni di prima necessità. La Sicilia ha gli strumenti per fare da sé?

“La Sicilia è sicuramente più avvantaggiata rispetto ad altre regioni. Non solo per il clima che agevola il settore agroalimentare, anche per la resilienza di chi la abita. Gli imprenditori siciliani, così come il resto dei cittadini, sono abituati a darsi da fare, ad affrontare e superare le difficoltà con soluzioni creative”.

Inflazione ed economia di guerra. C’è davvero la possibilità che la produzione venga rallentata e che gli scaffali dei supermercati siciliani possano restare vuoti?

“Mancano al momento gli elementi per valutare la possibilità concreta di una simile evenienza. Il problema di fondo è che siamo davanti a uno scenario ancora non chiaro, né nei suoi contorni, né nella sua evoluzione. Non sappiamo dove ci porterà il conflitto, né quanto durerà. Ciò che sappiamo, invece, è che il problema dell’incremento dei prezzi – soprattutto del carburante e dei beni di prima necessità – è già enorme e crea disagi a catena anche al settore produttivo. La durata del conflitto sarà determinante sull’opportunità di risolverli nel breve e medio termine”.

Tra i prodotti che scarseggiano, l’olio di girasole e di mais e la farina. La Sicilia può incrementare la loro produzione e creare nuovi flussi di export? “Indubbiamente la riconversione agricola in Sicilia è possibile. Ma non è un processo immediato, necessita di tempo. Al momento nella nostra corporazione non ho notizia di qualcuno che l’abbia iniziata”.

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