I dati Istat: nell’Isola il 20,2% dei residenti non rinuncia alla nicotina. Peggio in Italia soltanto Campania e Umbria. A partire dal 2020, dopo una tendenza alla diminuzione, nel nostro Paese si è registrato un progressivo aumento
PALERMO – Ancora troppi fumatori in Sicilia, quasi totalmente di sigarette. Nonostante le campagne antifumo, i divieti di fumare nei luoghi pubblici, la grande attenzione posta all’educazione dei giovani perché capiscano quali siano i pericoli e quanto gravi possano essere i danni. Nel 2023, secondo i dati resi noti dall’Istat, in Sicilia i fumatori al di sopra degli 11 anni sono il 20,2% del totale, che ammontano a circa 874 mila persone su 4,3 milioni.
Fumo, peggio della Sicilia solo Campania e Umbria
Peggio fanno soltanto Campania e Umbria, che comunque non si discostano di molto dai risultati isolani. La Campania, infatti, arriva al 20,7%, mentre l’Umbria al 20,4%. I fumatori di sigarette siciliani sono il 96,7%, e ne fumano in media 11,8 al giorno. In particolare, il 22,6% dei fumatori si ferma a 5 al giorno, mentre il 38,6 sale ad un numero tra 6 e 10. Ancora, il 18,1% ne fuma tra 11 e 19, mentre il 20,7% supera le 20 al giorno. Anche in termini di consumo medio, quindi, la Sicilia si trova tra le prime regioni, al di sopra della media nazionale che si ferma a 11 sigarette al giorno. Peggio dell’Isola, solo la Basilicata e la Puglia, a 12,3 e 12,1.
Per macroterritori, sono proprio le Isole a segnare i risultati peggiori, sia in termini di percentuale di fumatori sia in termini consumo giornaliero. A seguire, il maggior numero di fumatori si trovano nel Nord Ovest e nel Centro, al 18,9% sul totale della popolazione al di sopra degli 11 anni, e appena sotto il Sud, al 18,8%. In ultimo, il Nord Est, al 17,6%. Il consumo giornaliero è abbastanza omogeneo sul territorio nazionale, Si va, infatti, da 10,2 sigarette nel Nord Est alle 11,6 delle Isole. In tutta la penisola, nel 2023 è pari al 18,7% la proporzione di fumatori tra la popolazione di 11 anni e più, quota che risulta in lieve calo rispetto a quanto registrato nel 2022, quando era arrivata al 19%.
Dati altalenanti negli ultimi 10 anni
Altalenante l’andamento degli ultimi 10 anni, durante i quali si evidenzia una tendenza alla diminuzione della quota di fumatori tra il 2013, quando si arrivò al 20,3%, fino al 2019, con un valore del 17,8%, mentre dal 2020 si è registrata un’inversione di tendenza con un nuovo e progressivo tendenziale aumento, protrattosi fino al 2022, con un ritorno al 19%. L’abitudine al fumo è più diffusa tra gli uomini che tra le donne, pari al 22,3% contro il 15,2%; nel tempo, la distanza di genere si è significativamente ridotta, da 10,2 punti percentuali nel 2013 a 7,1 nel 2023, per la contrazione dell’attitudine al fumo tra gli uomini, che è invece rimasta pressoché stabile tra le donne.
Il livello più elevato tra i 25 e i 34 anni
Quote più elevate di fumatori si osservano a partire dalla fascia di età dei giovani di 20-24 anni, fino a raggiungere il livello più elevato tra le persone di 25-34 anni, dove la percentuale registrata è del 26,9%. Le prevalenze diminuiscono leggermente nelle fasce di età successive, mantenendosi tuttavia abbastanza stabili fino a 60-64 anni e si riducono, invece, in maniera più marcata, tra la popolazione ultrasessantaquattrenne. La prevalenza di forti fumatori, da 20 sigarette o più al giorno, è pari al 3,5% della popolazione, quota che si è significativamente ridotta negli ultimi 10 anni, considerato che nel 2013 arriva al 4,8%, soprattutto tra gli uomini, categoria in cui è scesa dal 7,4% al 5,1%.
Numeri ancora troppo alti
Numeri che, secondo il Piano nazionale della prevenzione 2020-2025, sono ancora troppo alti e vanno ridimensionati, considerato che il fumo, insieme a obesità e uso eccessivo di alcool, sono i fattori di rischio ai quali si può ricondurre il 60% delle malattie croniche non trasmissibili, come malattie cardiovascolari, tumori, malattie respiratorie croniche, diabete, problemi di salute mentale, disturbi muscolo scheletrici, in Europa e in Italia, malattie che rappresentano le principali cause di morte a livello mondiale.