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Scissione inevitabile

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Scissione inevitabile

Giovanni Pizzo  |
giovedì 27 Ottobre 2022

Il PD alle idi di marzo deve immolare il suo cesarismo di rappresentare il potere deve scegliere chi e cosa rappresentare.

Ieri nel dibattito al Senato si è reso plastico che il problema della sinistra è irrimandabile. La lotta al merito, le desinenze, l’ossessione del contante in favore del controllo da parte dei poteri elettronici forti, palesano un impotenza prepolitica che sta sfociando nell’antropologico.

Si è scritto e dichiarato come la sinistra, il PD in particolare, sia ormai una classe dirigente senza masse o almeno ceti di riferimento. Ma ormai dobbiamo interrogarci se sia classe dirigente.

Perché le parole chiave, quelle che dovrebbero rappresentare il senso di una competenza politica, sono disarmanti. Se gli ricordi Pasolini che stava dalla parte dei poliziotti, figli di contadini, è un attimo che ci si senta rispondere “Pasolini chi?”.

Il fulcro politico, a parte l’allure da maggio francese, e le derive italiane del movimento di liberazione culturale americano, delle rivendicazioni studentesche degli anni 60, erano la possibilità di accesso universale agli studi superiori.

Ossia premiare il merito, l’impegno di chi voleva elevare tramite lo studio, la sua condizione sociale. Si contestavano i Baroni del Sapere, che chiudevano le chiavi dell’accesso culturale nei loro cassetti.

Ora gli stessi contestatori sono diventati baroni nelle università italiane, e sono spaventati che il Merito gli impedisca le corsie preferenziali per figli, nipoti ed amanti. Il PD alle idi di marzo deve immolare il suo cesarismo di rappresentare il potere deve scegliere chi e cosa rappresentare.

E quindi non può più tenere Dio e Mammona nello stesso partito. Essere riformisti e liberali, giustizialisti e populisti non sarà più possibile. Perché le identità stanno riprendendosi, dopo un trentennio di maggioritario minestrone, il loro ruolo.

Se fosse per buona parte del ceto dirigente il percorso sarebbe obbligato, diventare compiutamente liberal-riformisti, e non lo fanno solo per un motivo. Che il leader di questa posizione già esiste e loro non lo sopportano.

Fondamentalmente perché capiscono poco di politica, ma anche di educazione. E ieri il senatore “semplice” Matteo Renzi non si è perso l’occasione per dirglielo. Il PD dovrà scegliere inevitabilmente, tenendo in conto nuove scissioni.

È stato bocciato già una volta 5 anni fa all’esame di maturità, e a settembre ha ripetuto l’esame da ripetente, come un allievo scarso del Cepu, senza passarlo. Prossima volta fa la fine di Hollande.

Il problema è che rinviando la scelta sono stretti tra due fuochi. Raggiungere alcuni, Orlando e Bettini, Conte Guevara, ricongiungersi a Renzi, Guerini e Lotti. Finora erano stati tenuti insieme dal bostik Franceschini, che per assicurarsi la sua rendita di posizione dorotea garantiva l’equilibrio statico. Oggi questo equilibrismo rischia il vuoto senza rete.

I 5 Stelle hanno già scelto una massa di riferimento, quella dei confusi e supponenti con la supposta in mano, ed il discorso di Scarpinato è stato esemplare. Penso che dopo averlo ascoltato Luciano Violante si sia messo il cilicio. “Ho costruito dei mostri” avrà pensato.

Voi pensate che Paolo Borsellino da lassù, ad di là dell’appropriazione meloniana, abbia apprezzato il discorso di Scarpinato? Permettetemi di dubitarne.

Così è se vi pare.

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