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Spesa pubblica, politica balla sul filo del rasoio

redazione

Spesa pubblica, politica balla sul filo del rasoio

venerdì 04 Giugno 2021

Le grandi città sono in bolletta e che credo ci sia bisogno di un reset

di Gianluigi Paragone
Senatore e leader del Partito “ItalExit”

“Il Comune presenta una situazione economica e organizzativa drammatica. Le passività superano abbondantemente i cinque miliardi di euro, tra debiti e crediti inesigibili. Le partecipate sono in piena crisi e si prospettano difficoltà a erogare servizi. (…) Siamo di fatto in dissesto. (..) La conseguenza è che in queste condizioni il sindaco diventa un commissario liquidatore”. Con queste parole, l’ex ministro Gaetano Manfredi aveva gettato il sasso nello stagno prima di ufficializzare la propria disponibilità a candidarsi come sindaco di Napoli. Un sasso che diventa un macigno se lo si infila nelle tasche di uno Stato che va spesso col cappello in mano a mendicare qualche soldo per fare fronte a sfide che dovrebbero essere pubbliche (in primis Sanità e Infrastrutture); ovvero di un Comune che è costretto ad accordi con soggetti privati per ottenere un miglioramento della città sul piano dei servizi.

In poche parole, pare che le grandi città siano in bolletta e che ci sia bisogno di un reset. Vale per Napoli come per Roma. O per regioni strategiche qual è la Sicilia, fulcro di un Mediterraneo che non ha mai perso la sua centralità nonostante le “disattenzioni” del nord Europa. E dire che la Sicilia dovrebbe beneficiare di una autonomia fiscale che però il governo centrale (a torto!) gli continua a negare. Insomma si balla sul filo del rasoio, tra il galleggiamento e l’apnea. Il tema c’è e riguarda un po’ tutti. A questo punto la domanda è: cos’è la politica senza possibilità di spesa? La spesa pubblica è solo sprechi, inefficienza, mala gestione? Prima o poi occorrerà rivedere alcuni concetti della nostra narrazione politica perché altrimenti non ne usciamo. Io per esempio non ho affatto paura della spesa pubblica, soprattutto di questi tempi: la spesa pubblica è declinazione delle scelte politiche.

Napoli non può essere governata in regime di commissariamento, cioè senza una lettura politica, altrimenti il suo vulcano sociale esploderà in faccia alla politica. Lo stesso, ripeto, vale per altre metropoli come la Capitale. E così vale per le città siciliane o per la Regione. Che nella spesa pubblica ci siano sprechi è fuori di dubbio (l’aumento delle prebende per i politici per esempio lo è), ma attenzione a pensare che dall’altra parte del cielo ci siano le virtù: tutt’altro, la finanza è persino peggiore perché all’avidità di chi mal amministra la spesa pubblica si aggiunge la spietatezza dei killer finanziari.

In questo giro di amministrative ho annunciato la mia candidatura a sindaco nella città di Milano proprio perché voglio mettere a nudo la narrazione del re. Milano viene spesso raccontata nella sua veste di città a vocazione internazionale, una città veloce moderna e ricca. No, il tema che Manfredi pone su Napoli (“Siamo senza soldi”) vale anche per Milano, che però ha trovato un protettore che garantisce: la finanza, le multinazionali, il riciclaggio. Se a Napoli si batte cassa e non c’è risposta, a Milano si batte cassa e si ottengono i soldi del monopoli globalista. È giusto? No. Perché chi ne fa le spese sono i cittadini.

Allora urge porsi una domanda: davvero si può pensare di fare a meno delle famiglie, degli imprenditori, dei lavoratori? Davvero si può pensare che basti vendersi al miglior offerente o portare i libri in tribunale per costruire il futuro? Io penso di no e la spesa pubblica deve tornare ad essere degna di una classe politica che ha visione, coraggio e responsabilità.

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