Tumore ovaio, i primi sintomi da non sottovalutare - QdS

Tumore ovaio, i primi sintomi da non sottovalutare

redazione

Tumore ovaio, i primi sintomi da non sottovalutare

mercoledì 16 Dicembre 2020

Fattori di rischio e terapie al centro del quarto Quaderno della Fondazione Aiom: ogni anno oltre 5.000 nuove diagnosi. Nell’80% dei casi la malattia viene diagnostica tardi

in collaborazione con ITALPRESS

ROMA – Età in post-menopausa (50 e 69 anni), storia personale o familiarità per tumore del seno o dell’ovaio, niente figli, inizio precoce e fine tardiva del ciclo mestruale, assunzione di terapia ormonale sostitutiva (Tos), mutazione certa per i geni Brca1 e 2. In presenza di questo “identikit”, meglio tenere alta la guardia su dolori addominali subdoli che non passano con fermenti lattici o che assomigliano a attacchi “presunti” di colite. Al primo sintomo, è bene parlarne con il medico o lo specialista ginecologo per non arrivare tardi a scoprire un possibile tumore dell’ovaio: una neoplasia ‘silenziosa’ diagnosticata nell’80% dei casi in stadio avanzato, che rende più difficile la cura.

Mentre proprio in questi anni si sono aperti nuovi scenari, soprattutto sul controllo dell’evoluzione della malattia, grazie all’introduzione di farmaci a bersaglio molecolare (Parpinibitori) contro i geni Brca1 e 2 che, adottati come terapia di mantenimento dopo la chirurgia e la chemioterapia (anche di prima linea, cioè somministrata per la prima volta), aiutano a ‘bloccare’ il possibile sviluppo di recidive. Sintomi, fattori di rischio, diagnosi, terapie e test genetico sono al centro anche del quarto Quaderno di Fondazione Aiom, dedicato al tumore dell’ovaio.

“Il carcinoma dell’ovaio – dichiara Stefania Gori, presidente di Fondazione Aiom e direttore Dipartimento Oncologico Ircss Sacro Cuore Don Calabria, Negrar di Valpolicella – rappresenta la settima neoplasia più frequente nella popolazione femminile e la quarta causa di morte in donne tra 50 e 69 anni, con una incidenza di circa 5.300 nuove diagnosi all’anno, fra le più alte in Europa. Dati spiegabili dal fatto che il tumore all’ovaio è subdolo, con sintomi aspecifici come dolori addominali o difficoltà digestive, spesso scambiati per colite o diverticolite. Con due implicazioni importanti: l’inadeguatezza del trattamento iniziale e il ritardo diagnostico nell’80% dei casi. Mentre una ‘semplice’ ecografia, prescritta dal medico, può fare la differenza sulla prognosi e l’opportunità di cura di questa neoplasia. Fondamentale è dunque l’informazione, per ‘arrivare prima’ e consentire a ogni donna di dare a se stessa e alla malattia maggiori chance di curabilità”.

“La chirurgia, laddove perseguibile – precisa Domenica Lo Russo, professore associato ostetricia e ginecologia Università Cattolica del Sacro Cuore, responsabile programmazione ricerca clinica Fondazione Policlinico Gemelli IRCCS – seguita dalla chemioterapia, resta il trattamento d’élite, ovvero di maggiore efficacia, del tumore dell’ovaio cui oggi si aggiunge una ‘terza tappa’ terapeutica che può cambiare sensibilmente l’evoluzione della malattia. Si tratta di una terapia di mantenimento con dei farmaci innovativi, chiamati Parp-inibitori, che somministrati al termine della chemioterapia, svolgono una azione importante nel ridurre l’eventualità di future recidive, efficaci anche in terapia di prima linea, cioè assunti da donne mai sottoposte ad altri trattamenti. Inoltre ci sono di aiuto nuove informazioni sulla biologia del tumore dell’ovaio: abbiamo scoperto che solo il 25% è dipendente da mutazioni per geni Brca1 e 2 e che sulla restante quota impattano anomalie genetiche di altro tipo come ad esempio la Sindrome di Lynch”.

“Sono molte le ‘preoccupazioni’ di donne e uomini che si scoprono mutati per geni BRCA1 e 2 – aggiunge Ornella Campanella, presidente dell’Associazione Abracadabra – soprattutto riguardo la prevenzione e il percorso terapeutico che li attende, i rischi e l’impatto di questa alterazione genetica sulla salute futura e non ultimo, la possibilità di trasmissione ai figli. La nostra associazione nasce cinque anni fa proprio per dare risposta e ricevere consigli riguardo i nostri bisogni di salute da una comunità di esperti, ma anche per contribuire alla ricerca mettendo noi stessi e le nostre alterazioni a disposizione della scienza per nuovi studi di approfondimento”.

“Nella vita di una donna con tumore all’ovaio – continua Sandra Balboni, Presidente dell’associazione Loto Onlus – ‘dà salute’ anche l’attenzione agli aspetti ludici della quotidianità, dai viaggi, al tempo libero all’attività fisica, che supportano favorevolmente la dimensione psico-emotiva. Il nostro aiuto, come associazione, è offrire alle pazienti e alle loro famiglie, un po’ di leggerezza e momenti di evasione con l’organizzazione di eventi culturali o di intrattenimento, come sfilate di moda e crociere, in cui le donne possano sentirsi ‘protagoniste’ della vita, anche durante e dopo la malattia”.

“Il quaderno di Fondazione Aiom – conclude Lo Russo – scritto in modo fruibile e semplice, diffonde conoscenza riguardo il tumore dell’ovaio. E la conoscenza è potere: una donna ‘empowered’, consapevole di sé e di quello che la attende, reagisce meglio a cure e terapie, aiutando anche il medico a definire un programma terapeutico ancora più efficace e mirato alle sue esigenze di donna e paziente, facendo la differenza sulle malattie e sulla vita”.

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