Il turismo siciliano senza lavoratori, colpa del reddito di cittadinanza e...

Il turismo siciliano senza lavoratori, stritolato dal reddito di cittadinanza e non solo

Antonino Lo Re

Il turismo siciliano senza lavoratori, stritolato dal reddito di cittadinanza e non solo

Michele Giuliano  |
sabato 16 Luglio 2022

L’ultimo dato allarmante di Unioncamere: il 34% delle nuove assunzioni previste è di difficile reperimento

La stagione turistica è ormai per entrata nel pieno, le belle giornate, il caldo estivo portano molti a spostarsi in giro per l’Isola, gli operatori si preparano a mesi di intenso lavoro, eppure i problemi di reperimento del personale nel settore della ristorazione e dei servizi di alloggio sono non indifferenti. I dati raccolti dal sistema informativo Excelsior, di Unioncamere-Anpal, dicono che, nel settore dell’area produzione di beni ed erogazione del servizio ben il 35,3% del personale richiesto è di difficile reperimento.

Le difficoltà di reperimento

Nel solo mese di maggio erano state 26.650 le entrate complessive previste, di cui 6.260 i posti di lavoro messi a disposizione nel settore dei servizi, numero che saliva a 24.340 se si allargava lo sguardo fino al mese di luglio; in totale, quindi, 94.990 le entrate nel trimestre. Si tratta di contratti per lo più stagionali, a tempo determinato (59%), mentre solo nel 22% dei casi il rapporto di lavoro proposto è a tempo indeterminato. Le difficoltà di reperimento non sembrano essere legate ad un problema di mancanza di requisiti, perché in ben il 38% dei casi non viene richiesto alcun titolo di studio. Le assunzioni, per almeno un terzo, interessano giovani con meno di 30 anni, e solo il 13% delle proposte di lavoro è destinato a personale laureato. C’è da dire, però, che per una quota pari al 72% delle entrate viene richiesta esperienza professionale specifica o nello stesso settore, per cui la scrematura esiste e si fa più stretta.

Le cause

Le motivazioni che portano molti a scegliere di non lavorare come stagionali nel settore turistico sono tante: “Da una parte – ha avuto modo di sostenere Pietro Agen, ex presidente della Camera di commercio del Sud Est – c’è il reddito di cittadinanza che permette a chi vuole frodare lo Stato di avere un’entrata comunque sicura protratta nel tempo e contemporaneamente di lavorare in nero. C’è poi un secondo fattore, che è quello per cui i giovani sono richiesti prevalentemente in aziende medio piccole, da 1 a 9 dipendenti, e quindi con una maggiore incertezza di lavoro. Il terzo, per i più specializzati, è quello di avere il sogno di andare a lavorare all’estero in grandi catene”.

Le criticità del contratto intermittente

La difficoltà di reperimento non riguarda soltanto la Sicilia, ma in generale l’intera penisola. Nel trimestre maggio-luglio 2022 sono previste entrate per un milione e mezzo di lavoratori, di cui 1,2 milioni nei servizi. La difficoltà di reperimento rimane molto alta, fino al 38%.  Il contratto di lavoro a chiamata, noto anche con il nome di contratto intermittente o a intermittenza, introdotto da non molto tempo proprio per risolvere e snellire le problematiche legate ai lavori stagionali, è uno strumento agile che però non ha risolto in toto i problemi legati a queste forme di contrattualizzazione precaria. Si tratta di un tipo di contratto che permette di inquadrare i lavoratori occasionali e viene quindi stipulato in tutti quei casi in cui ci sia bisogno di un numero extra di personale per un periodo limitato di tempo: per questo, i lavoratori con questo tipo di contratto potrebbero essere chiamati per lavorare anche durante le festività, come Pasqua o Natale, o durante i fine settimana.

La soluzione di Agen

Il problema fondamentale sta nel fatto che non copre lo straordinario, e in una realtà come quella siciliana e soprattutto turistica questo rappresenta una limitazione non da poco: per esempio, in un ristorante con orari non sempre precisi o ancora peggio in un locale notturno. “La proposta potrebbe essere quella – prosegue Agen – di introdurre il contratto all’americana che prevede che una percentuale del profitto vada al lavoratore. Una motivazione in più a fare meglio”.

Michele Giuliano

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