Un nuovo Pd anche in Sicilia? I siciliani in direzione: "Dalla parte dei più deboli, no a questa Autonomia" - QdS

Un nuovo Pd anche in Sicilia? I siciliani in direzione: “Dalla parte dei più deboli, no a questa Autonomia”

redazione

Un nuovo Pd anche in Sicilia? I siciliani in direzione: “Dalla parte dei più deboli, no a questa Autonomia”

Salvo Catalano  |
lunedì 13 Marzo 2023

Dieci gli eletti provenienti dall'Isola nell'organo nazionale Dem che affiancherà Elly Schlein. “Basta operazioni alla Sammartino e mettiamo fine ai vecchi potentati”.

I dieci siciliani eletti ieri nella nuova direzione nazionale del Pd possono essere raccontati in molti modi: cinque uomini e cinque donne; un eletto per la mozione Cuperlo (Valentina Chinnici), uno per la mozione De Micheli (Peppe Di Cristina), due per Bonaccini (Antonio Rubino e Teresa Piccione), sei in quota nuova segretaria Elly Schlein (Erasmo Palazzotto, Sergio Lima, Marika Cirone, Giovanna Iacono, Stefania Marino e Peppe Provenzano) O ancora: un ex ministro, quattro deputati, due ex deputati, una consigliera comunale. Insomma, facce nuove ma fino a un certo punto. Quella che sicuramente vuole essere nuova è la visione del Partito Democratico. A Roma, ma anche in Sicilia. «Partiamo da un dato positivo – sottolinea Sergio Lima, confluito per la prima volta nel Pd come coordinatore della campagna elettorale di Schlein in Sicilia – nella nuova direzione nazionale la Sicilia è nettamente più rappresentata che in quella uscente».

Le priorità in Sicilia

Parlando con la delegazione siciliana nel più importante organo nazionale del Pd, la prima battaglia del partito deve essere – anche in Sicilia e per la Sicilia – quella contro il progetto di autonomia differenziata portato avanti dal governo Meloni (e votato anche dal presidente della Regione Schifani). «È la priorità – sottolinea l’ex deputata siracusana Marika Cirone – perché condannerebbe l’isola a essere la ruota di scorta d’Italia, cristallizzando le attuali diseguaglianze territoriali». «Le speranze di vita di un siciliano sono molto inferiori di chi nasce in Lombardia o in Emilia – le fa eco Lima – e questo deriva da tanti fattori: sanità, ambiente, un buono stipendio. Questo è il tema centrale».
La scommessa è riuscire a declinare sui territori dell’isola il mantra del programma di Schlein: la lotta alle diseguaglianze. «Tornare a stare dalla parte dei più deboli – riflette Peppe Di Cristina, gelese – in Sicilia significa contrasto a ogni forma di mafia e criminalità. La questione morale è aperta e più viva che mai, si vede da una serie di indagini in tante città; lotta alle diseguaglianze significa difendere il diritto allo studio, visto l’alto tasso di dispersione scolastica, difendere le imprese sane, ma anche una garantire forma di reddito per i più deboli che non è il reddito di cittadinanza, ma magari il salario minimo». Diseguaglianza nell’isola sono anche gli spostamenti. «Ieri il biglietto per Roma costava 500 euro – ricorda Lima – quello dell’insularità è un tema che dobbiamo avere la forza di portare al centro dell’agenda del Pd nazionale». E ancora: l’emigrazione. «Si parla tanto di immigrazione per qualche migliaio di disperati , e pochissimo del più alto tasso di emigrazione d’Europa che ha la Sicilia», ricordano sia Lima che Di Cristina.

Gli errori del passato

C’è un’immagine che può riflettere meglio di altri gli errori commessi dal Pd nel recente passato. Quella che nel 2015 fotografava sul palco delle Ciminiere di Catania gli allora dirigenti dem insieme ai deputati Luca Sammartino, Valeria Sudano, Pippo Nicotra, Paolo Ruggirello. I primi due approdati alla Lega, gli ultimi due accusati di legami con la mafia. Un drappello entrato nel Pd sull’onda della stagione renziana. «Qualcuno – ricorda Cirone – propose addirittura Sammartino come capogruppo del Pd all’Ars, io mi opposi. L’insegnamento da ricavare è che serve esercitare azioni di filtro. Quando una forza, come era allora il Pd, ha il vento in poppa , è ambita e richiesta. Una cosa positiva , il problema è l’autenticità di queste opzioni». Oggi quella stagione è finita, ma il Pd non è riuscito a svoltare. «Oggi il Pd non è più un contenitore elettorale – spiega il palermitano Antonio Rubino – ma serve più cambiamento. Nel partito siciliano ci sono ancora potentati, un istinto alla conservazione. E c’è un meccanismo di tesseramento e di adesioni un po’ anomalo che va rivsito. Basterebbe intanto rispettare le regole che ci siamo dati: il limite di tre mandati ad esempio». Poi una stoccata anche alle scelte recenti. «A Palermo alla fine si è scelto di valorizzare chi già aveva un ruolo, questo non ha consentito un ricambio profondo».

“Ora dobbiamo parlare chiaro”

«Il cambiamento più urgente – ragione Cirone – è mettere a frutto il potenziale politico, culturale e sociale che c’è nel partito a cui se n’è aggiunto molto altro nelle Primarie. Dobbiamo mettere a proprio agio i nuovi iscritti, gli elettori venuti a cercarci per la forza del messaggio di Schlein. Adesso devono trovare cittadinanza piena, confrontarsi ed esprimersi nei circoli».
Per farlo serve «parlare chiaro, parlare semplice e riconnettersi con le corde emozionali della nostra gente». Esattamente gli ingredienti che hanno portato Elly Schlein alla guida del Pd. La palla adesso passa ai dirigenti siciliani.

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