Urge riforma per la qualità del servizio Ssn, pubblico o privato “per me pari sono” - QdS

Urge riforma per la qualità del servizio Ssn, pubblico o privato “per me pari sono”

Carlo Alberto Tregua

Urge riforma per la qualità del servizio Ssn, pubblico o privato “per me pari sono”

mercoledì 20 Maggio 2020

L’articolo 32 della Costituzione recita: “La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell’individuo e l’interesse della collettività. Garantisce cure gratuite agli indigenti”.
Intorno a questa norma di primo livello si è costruito il solito monumento pubblico, mediante l’approvazione della legge 833/1978 relativa al Servizio sanitario nazionale.
Esso presenta due anomalie: la prima riguarda il decentramento della gestione sanitaria alle Regioni e Province autonome di Trento e Bolzano, con la conseguenza che la qualità del servizio prestato ai malati è molto differente da Regione a Regione e da macroaree a macroaree (Nord, Sud).
Le differenze qualitative dei servizi sanitari hanno prodotto il cosiddetto “turismo sanitario” e cioé lo spostamento dei malati da una Regione all’altra, attratti dalla qualità di quest’ultima.
Non sarà un caso che le Regioni meridionali ogni anno risultino debitrici verso altre Regioni per centinaia e centinaia di milioni, com’è il caso della Sicilia.

La seconda anomalia riguarda l’impossibilità sostanziale da parte del ministero della Salute, che non si trova nelle condizioni di potere verificare, Regione per Regione e provincia per provincia, i cosiddetti livelli essenziali di assistenza (Lea). Inoltre non ha competenza per intervenire in quelle Regioni ove il servizio fosse qualitativamente scadente e/o l’amministrazione manchevole per eccesso di sprechi ed inefficienze.
Lo Stato spenderà quest’anno circa 116 miliardi cui si aggiungeranno alcune decine di miliardi per effetto del virus ‘Corona’.
A proposito dello stesso, va sottolineato come l’intero Ssn sia stato colto di sorpresa dall’epidemia, per cui ha reagito solo in quanto la prima linea di medici, infermieri ed operatori ha retto l’urto con grande spirito di sacrificio. Lo stesso non può dirsi della parte amministrativa che ha arrancato con lentezza e scarsa efficienza.
In ogni caso, la bufera è ormai passata, ma i nostri governanti non devono obliare l’esperienza negativa, prendendo tempestivi provvedimenti di riforma, in modo da eliminare le differenze di prestazioni fra Regioni e da istituire un sistema di controllo sulla qualità delle stesse.
Com’è noto, il sistema sanitario è gestito da strutture pubbliche e da strutture private, che sono convenzionate nel sistema pubblico, per effettuare prestazioni sanitarie necessarie agli ammalati, i quali così hanno possibilità di rivolgersi ai due forni di andreottiana memoria. Cioè, possono scegliere dove andare a farsi curare, avendo referenze sulla qualità dei servizi che offrono gli ospedali pubblici, ovvero i policlinici privati.
È noto che le Regioni si limitano a pagare, in via ordinaria, i cosiddetti Drg (Diagnosis-related group). Essi costituiscono una sorta di fattura per prestazione: un’operazione di appendicite, una cura chemioterapica, un intervento al cuore e via dicendo. Ciascuna di queste cure prevede una tariffa a prescindere da chi la effettui. Tali Drg vengono trasmessi alla Regione che, dopo gli opportuni controlli, provvede a liquidarne il saldo.
Questo in estrema sintesi è il meccanismo dei pagamenti dei servizi sanitari. Dal che ci sorge un interrogativo di fondo che vi illustriamo.

Se un cura sanitaria viene pagata con lo stesso importo, se l’ammalato può scegliere di andarsi a curare indifferentemente in una struttura pubblica o privata, qual è il motivo secondo il quale le varie Regioni mettono un tetto alle convenzioni private e un altro tetto all’ammontare annuale dei corrispettivi delle stesse prestazioni?
In altri termini, vi è una sorta di discriminazione del tutto ingiustificata, perché alle Regioni importa che ai propri cittadini venga fornito il miglior servizio sanitario, indipendentemente dal soggetto che lo presta.
Dunque, non vi dovrebbe essere alcuna preferenza per questo o per quello, mentre dovrebbe esservi un ferreo, effettivo e professionale controllo per eliminare prestazioni deficitarie mentre si dovrebbero assegnare punti alle migliori prestazioni, indipendentemente da quale soggetto le abbia effettuate.
Nel forum con l’ex ministro della Salute, Giulia Grillo, pubblicato il 15 dicembre 2018, la stessa mi disse che era in corso una riforma in questa direzione. Non c’è stata, mentre attendiamo che l’attuale titolare del Dicastero, Roberto Speranza, la metta in cantiere al più presto.

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