Il poeta in bicicletta - QdS

Il poeta in bicicletta

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Il poeta in bicicletta

Giovanni Pizzo  |
lunedì 30 Gennaio 2023

E segnava Chimenti, segnava perché aveva il senso della porta e un piedino da ballerino che faceva male. Il ricordo di Giovanni Pizzo.

Nel calcio di oggi Vito Chimenti, che si è spento ieri in uno spogliatoio di periferia, non avrebbe cittadinanza. Tra atleti alti almeno un metro e novanta, che fanno i tempi di Marcel Jacobs, e alzano 120 kg di panca, Vituzzo nostro non avrebbe che dirgli.

Era sgraziato fisicamente anche allora, i suoi scatti raramente superavano i cinquanta metri, e aveva una pinguedine che me lo faceva diventare immediatamente simpatico come nessuno. Ma Vito aveva la poesia nei piedi, era come il ragazzo con la maglia numero sette di De Gregori.

Non c’è un ragazzino della mia età di Palermo che non abbia provato la sua immortale bicicletta, lo scavalcamento dell’avversario tramite la presa del pallone tra i due piedi che lo lancia oltre se stesso, e che lo mette in condizione di tirare o lanciare. Una mossa da Ginga brasileira, che a parte Chimenti forse poteva fare solo Pelé.

Passavamo ore da ragazzini in campi pietrosi a provare e riprovare la “Magnifica” bicicletta senza riuscirci. E a lui questo prodigio della tecnica, da Dio del calcio, riusciva contro campioni e non contro delle mezze calzette con cui giocavamo noi.

E segnava Chimenti, segnava perché aveva il senso della porta e un piedino da ballerino che faceva male. Se c’è un’ala che a Palermo si ricordano tutti, soprattutto Vierchowod, quello era Montesano, ma un solo attaccante ha illuminato il campo del Barbera degli anni settanta.

Ci fece sognare quella sera quando dopo un solo minuto segnò alla Juventus nella finale di Coppa Italia del 1979 al San Paolo di Napoli. Poteva essere quella sera la partita di una vita per lui, ma per tutta questa città disgraziata. Davide contro Golia, i poveri contro i ricchi piemontesi, ma Brio lungagnone dai piedi torti, ci punì, lui Vito era dovuto uscire per infortunio subito da Cabrini, chissà se non fosse uscito.

Il numero nove a Palermo per moltissimi anni era solamente Vito Chimenti. Abbiamo dovuto aspettare Miccoli e Cavani per trovare nuovi idoli. Ma loro erano di un altro calcio. Un calcio diverso. Lui era del calcio dei poeti. Addio Vito, fai una bicicletta a Pelé quando lo incontri lassù.

Così è se vi pare.

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