Il dato allarmante è messo nero su bianco dal Fondo monetario internazionale in uno dei capitoli del World economic outlook. “Il Pil pro capite della provincia di Trento è circa due volte quello siciliano”
ROMA – “Il Pil pro capite della provincia di Trento è circa due volte quello della Sicilia”.
Il dato allarmante è stato diffuso dal Fondo monetario internazionale (Fmi) in uno dei capitoli del World economic outlook, nel quale si evidenziano le differenze tra le regioni dei circa 90 Paesi analizzati.
“Uno dei modi per misurare le disuguaglianze regionali – sottolinea l’Fmi – è dividere il Pil reale pro capite del top 10% di regioni con quello del 10% delle aree più in difficoltà di uno stesso paese. In Giappone il rapporto è basso, a 1,35”. Tra le grandi economie mondiali, l’Italia risulta essere il Paese con il gap più elevato in termini di distribuzione della ricchezza. Il risultato di questo desolante primato è che aumenta la disuguaglianza complessiva all’interno del Paese. Infatti, l’analisi, ha evidenziato che nelle Regioni più povere si registrano, oltre a tassi di disoccupazione più elevati, anche una partecipazione alla forza lavoro più bassa, una minore qualità della vita, un livello di educazione più basso, una maggiore mortalità infantile e un’aspettativa di vita minore. Conseguenza diretta è la diminuzione della produttività di quelle determinate regioni, che può andare da circa il 5% in meno nei servizi pubblici, a circa il 15% in meno nelle aziende manifatturiere e nei servizi finanziari e professionali. Infatti, l’Fmi, sottolinea come “le regioni più povere tendono a specializzarsi nelle industrie agricole e manifatturiere piuttosto che nei settori dei servizi ad alta produttività come le tecnologie dell’informazione, le comunicazioni e la finanza”.
In questo scenario si inseriscono anche i cambiamenti climatici che incidono nelle disparità “in quanto l’aumento delle temperature riduce la produttività del lavoro” sia in agricoltura che nelle industrie esposte al clima, colpendo maggiormente proprio le regioni in ritardo di sviluppo. Nel complesso, comunque, il gap interregionale, ha subito un graduale aumento a partire dagli anni 80’ nei paesi in via di sviluppo e nell’analisi dell’Fmi, viene sottolineato che il rapporto, in questi Paesi, è di circa 1,7.
Infatti, gli indicatori sviluppati nel World economic out look, mostrano che dopo l’ondata di riforme che ha caratterizzato gli ultimi due decenni del 1900, a partire dal 2000, il processo ha subito un rallentamento nelle economie in via di sviluppo e nei mercati emergenti, soprattutto nei Paesi a basso reddito. “Ai tassi di crescita attuali – sottolinea il rapporto dell’Fmi – alle regioni più povere occorrerebbero più di 50 anni per colmare la metà dell’attuale divario di reddito negli standard di vita”.