Lo studio: dal 2012 al 2018 la quota di irregolare nell’Isola è passata dal 19,5% al 21,2%. L’appello del segretario regionale, Mannino, al governo regionale: “Subito un confronto”
PALERMO – Negli anni della crisi diminuiscono in Sicilia gli occupati ma aumenta il lavoro nero e irregolare. È il dato fornito da Cgil Sicilia e dal suo segretario Alfio Mannino nel corso di una conferenza stampa nella sede regionale del sindacato, a Palermo.
Gli occupati nell’Isola sono passati da 1,4 milioni del 2012 a 1,3 del 2018 mentre la quota di lavoro irregolare nello stesso periodo è passata dal 19,5% al 21,2%. Un dato in controtendenza rispetto a quello nazionale che è rimasto quasi invariato passando dal 13,3% al 13,4%. La conseguenza è che con l’aumentare del lavoro irregolare crescono anche gli infortuni sul lavoro: quelli mortali sono stati 84 nel 2017 mentre erano 77 l’anno precedente. “Non tutti gli infortuni vengono dichiarati all’Inail”, si legge nel rapporto presentato ieri, “gli infortuni reali sono presumibilmente di più di quelli che risultano dai dati ufficiali. Per quel che riguarda il rapporto tra occupazione e infortuni il saldo è negativo dal 2013. In Italia si registra un calo dell’occupazione mentre gl infortuni calano anche se percentualmente di meno. In Sicilia, invece, la percentuale è in aumento. Tra il 2018 e il 2019 (I semestre) il dato è dello 0,5%”.
Nel 2018 tra i settori con un tasso di irregolarità maggiore nell’Isola si evidenzia l’agricoltura (38%), seguita dalle costruzioni (25%) dai servizi (21,5%) e dal manifatturiero (11,9%). Lavoro irregolare che ha anche delle ripercussioni sulle finanze pubblica: il mancato gettito da forme di lavoro dipendente non denunciato è di tre miliardi all’anno in Sicilia, secondo le elaborazioni del sindacato su dati dell’Istat.
A fronte del fenomeno le armi per combatterlo sono “spuntate” e il “sistema dei controlli è inadeguato”, lamenta il sindacato. In Sicilia, cha ha competenza specifica sul settore, sono attivi 103 ispettori dell’Inps, 20 del’Inail, 94 Ispettori del lavoro e 20 del Nucleo dei carabinieri che operano in convenzione con la Regione.
Questi ispettori devono controllare le 368 mila imprese attive nell’Isola. “Una media di 1.556 imprese all’anno. Controllandone una al giorno servirebbero sette anni per poterle controllare tutte”, sottolinea il segretario Alfio Mannino, nel corso della conferenza stampa.
“Al netto di casi eclatanti come Palermo dove sono attivi solamente quattro ispettori del lavoro – si legge nel rapporto della Cgil – occorrerebbero almeno il doppio di ispettori Inps ed Inail ed il triplo di ispettori del lavoro”.
Attualmente, sottolineano dal sindacato “l’Inl (Ispettorato nazionale del lavoro) esiste solo sulla carta mentre è decollato nel resto di Italia”. Da qui alcune delle proposte del sindacato di apertura di un confronto con l’amministrazione regionale “per emanare una norma che detti l’obbligo per le assunzioni in agricoltura di ricorrere alle regole del collocamento pubblico, avvalendosi dei centri per l’impiego; l’apertura di nove tavoli provinciali nelle prefetture per programmare controlli mirati; proporre una norma premiale per il lavoratore che autodenuncia la propria condizione di lavoratore in nero; agire sul versante contrattuale per la creazione di un fondo di premialità degli ispettori alimentati dagli introiti derivati dall’emersione”.
Nell’Isola la premialità media per un ispettore è di 800 euro all’anno, nel resto di Italia la cifra tocca i 4 mila euro. Ed infine “promuovere una azione coordinata con Cisl e Uil per rendere le rivendicazioni patrimonio dell’intero mondo del lavoro”.