Cittadini e sindaci siciliani, c’eravamo tanto amati. Difficile il rapporto tra elettori ed eletti - QdS

Cittadini e sindaci siciliani, c’eravamo tanto amati. Difficile il rapporto tra elettori ed eletti

Irene Milisenda

Cittadini e sindaci siciliani, c’eravamo tanto amati. Difficile il rapporto tra elettori ed eletti

venerdì 14 Febbraio 2020

San Valentino diventa l’occasione per analizzare queste complesse relazioni nelle principali città dell’Isola. Un focus sui Comuni al voto fra molte sfide importanti. Lillo Firetto, “Il mio atto d’amore verso Agrigento e gli agrigentini”

PALERMO – Il dado non è ancora tratto per i 61 Comuni siciliani al voto quest’anno, ma c’è già la data di quando lo sarà: 24 maggio e, in caso di ballotaggio, 7 giugno.

La giornata “speciale” di oggi, in cui gran parte del mondo celebra l’amore, offre un’occasione ghiotta per analizzare il rapporto tra elettori ed eletti perché, a ben guardare, anch’esso è catalogabile come relazione amorosa. Che può durare – è il caso dei sindaci che vengono riconfermati dai cittadini – o può finire (quando l’amministratore uscente non viene confermato). Più o meno drasticamente, a seconda di come si è sviluppata la relazione.

Similitudini amorose a parte, la questione è complessa e riguarda il difficile equilibrio tra popolarità, necessità amministrative e strategie di sviluppo. Quella che dovranno prendere i circa 750.000 siciliani chiamati alle urne non è quindi una decisione facile e non potrà essere ridotta accordando la preferenza all’amico o al conoscente, perché da tale scelta dipenderà il futuro della propria città. I tempi di vacche magre in cui vivono i Comuni erano già noti cinque anni fa e lo sono tutt’ora: con le risorse statali e regionali sempre più striminzite e la lotta quotidiana contro l’atavico problema dell’evasione dei tributi locali, sostenere anche le sole spese ordinarie per garantire i servizi pubblici essenziali è sempre più complicato. Non è detto pertanto che, pur avendo come fine ultimo il bene della città, le scelte operate dagli attuali sindaci, a prescindere dal loro colore politico, siano state apprezzate dai cittadini.

Tra le big che a maggio rinnoveranno i propri vertici ci sono Agrigento ed Enna. In entrambe le città i primi cittadini hanno deciso di riproporre la propria candidatura.

Proprio per via del complesso rapporto tra elettori ed eletti, il fatto di aver già amministrato non è indice di vittoria assicurata: ma lo è stato per Leoluca Orlando che, da un recente sondaggio dell’Istituto Piepoli sulle amministrazioni delle più popolose città italiane, è risultato il sesto sindaco più amato d’Italia. Dal 2012 il suo amore con i palermitani non conosce crisi: superato quell’anno il primo turno con 105.000 preferenze (che tradotti in termini percentuali arrivano a un abbondante 47 per cento), ha vinto il ballottaggio con 150.000 voti, ottenendo il 72 per cento delle preferenze. Nel 2017 si è ripresentato ed è stato riconfermato al “primo giro” con 125.000 preferenze e superando di sei punti percentuali la nuova soglia (40 per cento) per evitare il ballottaggio stabilita dall’Ars nel 2016.

Quella di Orlando però è un’esperienza che va in controtendenza rispetto a quanto accaduto negli altri capoluoghi siciliani. Una sorte diversa è toccata, per esempio, a un altro pluri-primo cittadino: Enzo Bianco. Riuscì ad imporsi nel 2013 sull’uscente Raffaele Stancanelli diventando sindaco di Catania per la quarta volta (non consecutiva) con all’incirca il 51 per cento dei voti (44.500 preferenze) ma, ripresentatosi nel 2018, ha perso contro l’attuale sindaco Salvo Pogliese, lasciando per strada 10.000 sostenitori e quasi dimezzando la percentuale dei consensi.

Anche Renato Accorinti, eletto primo cittadino di Messina nel 2013, non è stato riconfermato: dai quasi 48.000 voti conquistati nel ballotaggio del 2013 (pari al 52 per cento dei consensi), è precipitato al 14 per cento nel 2018, fermandosi così al primo turno sfiorando appena 17.000 preferenze, e cedendo lo scettro all’attuale sindaco, Cateno De Luca.

Ricandidarsi non è una scelta necessariamente automatica. Hanno deciso di non farlo gli ormai ex sindaci di Ragusa, Federico Piccitto, e di Caltanissetta, Giovanni Ruvolo. Il primo era stato eletto nel 2013 tra le fila del Movimento 5 stelle al ballottaggio con quasi il 70 per cento dei consensi. Allo scadere del quinquennio ha deciso di non competere, passando il testimone ad Antonio Tringali che è riuscito a portare i pentastellati solo al 27 per cento al primo turno e al 47 per cento al ballotaggio (12.000 preferenze contro le 21.000 di Piccitto), lasciando la poltrona di primo cittadino al centro-destra Giuseppe Cassì. Il secondo nel 2014 aveva conquistato al ballotaggio il 64 per cento dei nisseni (14.471 per l’esattezza) ma alle successive elezioni, che si sono tenute lo scorso anno, ha deciso di non ripresentarsi.

Adesso, come detto, toccherà ai primi cittadini di Agrigento ed Enna, che dovranno confermare o meno l’amore nei confronti dei sindaci uscenti. Alle urne l’ardua sentenza.

Un focus sui Comuni al voto fra molte sfide importanti

PALERMO – Gli unici capoluoghi che andranno al voto nella prossima tornata elettorale sono Agrigento ed Enna.

Quest’ultima è stata amministrata negli ultimi cinque anni da Maurizio Dipietro, che ha già annunciato la sua ricandidatura. Eletto nel 2014 al ballottaggio con 7.400 voti, vale a dire il doppio delle preferenze ottenute al primo turno, ha conquistato in quella competizione elettorale la fiducia di quasi il 52 per cento dei suoi concittadini. La palla tornerà a breve proprio nelle mani degli ennesi, che dovranno decidere se quanto realizzato nel corso degli ultimi cinque anni dall’attuale amministrazione merita o no nuovamente il loro voto.

Oltre che nei Comuni il cui rinnovo degli organi amministrativi era già fissato per scadenza naturale (53 Enti), si voterà anticipatamente anche a Casteltermini (Ag), San Pietro Clarenza (Ct), Partinico e Termini Imerese (Pa) e Floridia (Sr), attualmente commissariati e a Camastra (Ag), Bompensiere (Cl) e Trecastagni (Ct), sciolti in precedenza per mafia dal Consiglio dei ministri.

Tra i Comuni più grandi coinvolti, oltre ai due capoluoghi, ci sono Ribera (Ag), Bronte, San Giovanni la Punta e Tremestieri etneo (Ct), Marsala (Tp), Barcellona e Milazzo (Me), Carini, Partinico, Misilmeri, Termini Imerese e Villabate (Pa), Ispica (Rg) e Augusta e Floridia (Sr). A essere eletti saranno in totale 860 consiglieri.

Lillo Firetto: “Il mio atto d’amore verso Agrigento e gli agrigentini”

AGRIGENTO – Lillo Firetto, ormai quasi cinque anni orsono, conquistò il 59% degli agrigentini che si presentarono alle urne. Adesso lo aspetta un’altra prova importante, con un nuovo e fondamentale passaggio davanti al giudizio dei cittadini.

In occasione delle Amministrative 2015 ha ricevuto un grande attestato di stima dagli elettori. Oggi, a quasi cinque anni di distanza, crede che questo affetto sia rimasto invariato?
“Fare rivoluzioni, a volte silenziose, altre un po’ meno, molto spesso ti porta dietro atti d’amore ma, per altri versi anche atti di disamore. Nelle cose che ho fatto ci sono tante occasioni in cui ho potuto testare da vicino il comportamento critico di qualche cittadino nei miei confronti, che poi si è trasformato in gratitudine. Questo mi ha fatto piacere”.

È sempre difficile bilanciare il consenso ottenuto con le necessarie azioni amministrative da mettere in atto per governare un Ente locale. A volte, scelte necessarie possono scontentare piccole o grandi parti della popolazione. Lei come ha affrontato questo percorso?
“Cambiare è sempre qualcosa che non piace. L’ho visto istituendo un breve tratto d’isola pedonale davanti al Palazzo di Città, per consentire alle persone di entrare in Teatro senza essere travolti dalle auto che sfrecciavano a settanta chilometri orari. Ricordo che quando ho adottato questo provvedimento, come per tutte le cose, le opinioni non sono state tutte positive. Ma siamo andati avanti per la nostra strada, difendendo le scelte compiute”.

Abbiamo visto, in particolare con quanto successo sia a livello locale che nazionale con il Movimento 5 stelle, come passare dalla “protesta alla proposta” sia un compito difficile. È possibile amministrare pur sapendo che certe decisioni possono essere controproducenti a livello di popolarità?
“Ovvio che ci sono delle decisioni difficili da prendere, basti pensare ai tanti che, viste le condizioni precarie dell’Ente, mi dicevano di prendere la strada del dissesto. Ma ho lavorato molto, e andare verso il Risanamento è stata una delle decisioni più complicate mai prese, ma che ha pagato. Alla fine del 2019 abbiamo allineato il bilancio e siamo riusciti a stabilizzare 187 Lsu. Un obiettivo raggiunto grazie al lavoro di squadra”.

Ha deciso di ricandidarsi alle prossime amministrative di maggio. Crede dunque in un nuovo “patto d’amore” tra lei e gli agrigentini?
“Non ho deciso di ricandidarmi, ma ho deciso di continuare quello che ho già iniziato cinque anni fa. Il mio atto d’amore verso Agrigento e gli agrigentini l’ho fatto perché è stata una sfida con me stesso. È merito dell’Amministrazione se la città è salita di qualche gradino dal punto di vista dei flussi turisti, non è più la città degli abusivi, ma è una città che ha fatto demolizioni, che ha iniziato a raccontarsi diversamente. Il futuro di Agrigento lo abbiamo scritto noi e dobbiamo portalo avanti. È questo il mio atto d’amore verso la città”.

Irene Milisenda

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