Covid e criminalità organizzata. Le imprese in difficoltà sono le più esposte alle infiltrazioni - QdS

Covid e criminalità organizzata. Le imprese in difficoltà sono le più esposte alle infiltrazioni

Valeria Arena

Covid e criminalità organizzata. Le imprese in difficoltà sono le più esposte alle infiltrazioni

giovedì 21 Maggio 2020

Il comandante regionale per la Sicilia della Guardia di Finanza, generale Riccardo Rapanotti, esamina il difficile momento post emergenza Coronavirus. Imprenditoria e lavoro con i settori della pesca e dell’agricoltura sono quelli che più attraggono la mafia locale

Riguardo ai fondi Ue, si è pensato al loro utilizzo anche per fronteggiare l’emergenza Covid 19 (vedi articolo in basso). A tal proposito abbiamo chiesto al Gen. D. Riccardo Rapanotti, Comandante Regionale Sicilia della Guardia di Finanza, come la proposta dalla Commissione può adattarsi al contesto siciliano.

riccardo rapanotti

Le strategie avanzate da Bruxelles di impiegare i fondi europei inutilizzati dei programmi 2014-2020 per fronteggiare l’attuale crisi sanitaria ed economica, soprattutto al Sud, come si inserisce questo nell’attuale panorama siciliano e cosa si può fare per evitare e combattere ulteriori truffe ed illeciti?
“Ovviamente non si può escludere che le varie misure che le Autorità di Governo ad ogni livello stanno studiando o che sono state già adottate in risposta all’emergenza anche economico-finanziaria in corso possano attrarre chi, abitualmente, è dedito a sottrarre illecitamente ingenti flussi di risorse pubbliche alla loro effettiva destinazione al sostegno del sistema sanitario, delle imprese e del mercato del lavoro. Inoltre, è plausibile che le eventuali maggiori flessibilità e celerità nelle procedure di distribuzione di tali risorse possano indurre una più ampia diffusione dei tentativi di frode sui fondi pubblici volti a mitigare gli effetti dannosi dell’epidemia che sta attraversando il nostro Paese.
La particolare situazione di difficoltà finanziaria causata dal prolungato periodo di lockdown, come è già stato autorevolmente evidenziato, espone diversi settori dell’economia locale a un più alto rischio di infiltrazione delle organizzazioni criminali, le quali possono trovare nuove occasioni per rilevare imprese in crisi, sfruttando l’ampia disponibilità di capitali illeciti da riciclare anche per acquisire nuovi “presidi” proprio in quegli ambiti dell’economia locale che attraggono le rilevanti risorse finanziarie “anticrisi”.

In tale scenario, i Reparti della Guardia di Finanza in Sicilia, come nel resto d’Italia, di concerto con le Autorità giudiziarie e amministrative competenti e le altre forze di polizia, stanno orientando il proprio dispositivo operativo sia sulla tutela di tali interventi pubblici, vigilando affinché possano raggiungere gli obiettivi prefissati, ossia l’aiuto a persone e imprese effettivamente in difficoltà, sia per preservare l’integrità dell’economia legale da qualsiasi fenomeno distorsivo di natura criminale”.

I recenti dati da voi raccolti su illeciti e irregolarità su fondi Ue cosa ci dicono sulla Sicilia?
“In linea con quanto rilevato negli anni passati, la più recente attività di vigilanza della Guardia di Finanza sulle variegate misure agevolative di origine comunitaria di cui fruiscono, in Sicilia, l’imprenditoria e il lavoro, così come la pesca e l’agricoltura, evidenzia un’ancora costantemente diffusa pratica dell’aggressione illecita di tali risorse pubbliche. In particolare, come dimostrano anche alcune indagini sfociate alcuni mesi orsono in arresti e sequestri di beni, mi riferisco all’operazione “Nebrodi” a Messina o “Maglie larghe” ad Enna, appare sempre elevato l’interesse delle organizzazioni criminali locali verso la capillare distribuzione regionale degli aiuti destinati allo sviluppo rurale e al sostegno delle attività agricole e boschive.

Fondi Ue, da risorsa ad attrattore d’illegalità. Sicilia e Calabria al top per irregolarità registrate

PALERMO – Impiegare i Fondi strutturali inutilizzati per affrontare l’emergenza sanitaria causata dal Coronavirus. È questa la proposta avanzata dalla Commissione europea in riferimento alle risorse ancora inattive del Programma 2014-2020, la quale si è anche impegnata a rivedere il bilancio 2021-2017, non ancora definito, per adattarlo al nuovo contesto.

Il mancato utilizzo dei fondi Ue è infatti una delle spade di Damocle del nostro Paese. A fine 2018, per esempio, l’Italia, la seconda nazione dal 2014 per risorse ricevute dall’Unione, aveva speso solo il 20% del Programma 2014-2020, mentre la Sicilia, secondo quanto riferito dalla Commissione europea, aveva certificato, al 31 dicembre 2019, quasi 1,2 miliardi di euro in riferimento ai fondi FESR 2014/2020, a fronte dei 4 miliardi disponibili.

L’accusa del giornale tedesco Die Welt relativa al rapporto tra mafie e fondi Ue, inoltre, ha riaperto una vecchia ferita e rifocalizzato l’attenzione sull’annoso problema dell’uso inefficiente e/o illecito delle risorse comunitarie da parte del nostro Paese e del Sud in particolare.

La stessa Corte dei Conti, nella sua relazione annuale 2019, riprendendo i dati raccolti dalla Commissione europea e dal sistema IMS-OLAF per Fondi comunitari 2017 e 2018, ha evidenziato che, nell’ambito delle irregolarità individuate a livello regionale, il cui importo complessivo è di 72,3 milioni di euro, le Regioni meridionali incidono per l’83,1%, quelle del Centro per l’11,8% e quelle del Nord per il 6,1%.

I dati si riferiscono prevalentemente alle segnalazioni della Programmazione 2007-2013, anche se è possibile riscontrare la presenza di segnalazioni relative alla Programmazione 2000-2006, mentre rimangono ancora esigue quelle che riguardano la Programmazione 2014-2020.

Sono la Sicilia e la Calabria a presentare le quote più alte di illeciti e irregolarità in termini economici. In particolare, l’isola contava, a fine 2017, 25 milioni di euro ancora da recuperare, importo che si riferisce a fattispecie irregolari riguardanti violazioni della normative in materia di appalti, incongruenza tra le opere oggetto di agevolazioni e quelle verificate in loco, mancata comunicazione dello stato di avanzamento del Programma o di conclusione dei lavori, realizzazione delle opere in oggetto precedentemente all’approvazione del Programma, non mantenimento dei requisiti di azienda femminile e mancato invio della documentazione a supporto della richiesta di inserimento dei Progetti “a cavallo”; mentre la Calabria presentava un contenzioso pari a poco più di 28 milioni di euro, che nel primo semestre nell’anno era di 46 milioni.

Come sottolinea la Corte dei conti nella relazione annuale, “tra i casi specifici da segnalare vi è la decadenza dai requisiti previsti nell’atto di adesione e di obbligo a seguito della comunicazione dell’interdittiva antimafia”.

Se guardiamo invece alle irregolarità regionali relative al 2018, il cui importo complessivo è di 102,5 milioni, quindi maggiore rispetto all’anno precedente, l’incidenza percentuali delle regioni meridionali risulta più alta, 91,2%, mentre il Nord e il Centro scendono a 8,2% e 0,5%.

Anche in questo caso la Sicilia e la Calabria rimangono le regioni con il numero più alto di casi aperti in termini di milioni di euro. L’isola, in particolare, nell’ambito dei Programmi regionali Fesr, conta un contenzioso di 50 milioni di euro del primo semestre 2018, poi sceso a 4 milioni a fine anno, mentre la Calabria un importo da recuperare pari a 34 milioni di euro, sceso a 32 a fine 2018, “relativo ad irregolarità per le quali si è riscontrata la medesima modalità operativa: alcune Ditte, facenti parte di un’organizzazione di stampo mafioso, avrebbero presentato offerte fittizie per appalti di loro interesse”.

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