L’eterno disastro dei Comuni siciliani. Troppi dipendenti, scarse competenze professionali - QdS

L’eterno disastro dei Comuni siciliani. Troppi dipendenti, scarse competenze professionali

Paola Giordano

L’eterno disastro dei Comuni siciliani. Troppi dipendenti, scarse competenze professionali

giovedì 19 Novembre 2020

Le croniche difficoltà affrontate dai Municipi dell’Isola sono state messe a nudo dall’emergenza Coronavirus, sono oltre 43 mila le unità di personale in servizio, un numero superato soltanto dalla Lombardia (quasi 54 mila), che però ha il doppio della popolazione

Tanti dipendenti, poche professionalità: questo è, da decenni ormai, il paradosso dei nostri Enti locali.

Un’anomalia che anche gli ultimi dati disponibili sul personale comunale (relativi al 2018 e pubblicati dall’Ifel nel recente report “Personale comunale e formazione: competenze e scenari – Prima edizione 2020”) confermano: nei soli Comuni dell’Isola sono 43.405 le unità in servizio. Il 12 per cento cioè degli oltre 360.000 tra dirigenti e dipendenti comunali sparsi nella Penisola. Un “esercito”, quello siciliano, secondo solo a quello della Lombardia (53.726 unità), regione che – è giusto ricordare – conta il doppio degli abitanti dell’Isola.

Proprio in rapporto alla popolazione si registra, nel report dell’Istituto per la finanza e l’economia locale, un altro risultato negativo: in Sicilia vi sono ben 8,72 unità impiegate nei Comuni ogni 1.000 abitanti, contro una media nazionale ferma al 6,04 dipendenti ogni 1.000 cittadini. Un valore che “regala” all’Isola il terzo gradino del podio, dopo il 10,01 della Valle d’Aosta e il 8,95 del Trentino Alto Adige.

Una schiera così cospicua di personale dovrebbe garantire livelli di efficienza, nella Pubblica amministrazione nostrana, tra i più alti. Eppure non è così: lo dimostra l’ultimo European quality of government index (Eqi), il report finanziato dalla Commissione europea e sviluppato dal Quality of government institute dell’Università di Göteborg, che valuta il funzionamento dei servizi pubblici e i livelli di imparzialità e di corruzione delle istituzioni. In una sola parola: la qualità.

Nei risultati dell’ultima edizione di tale studio, che risale al 2017, l’Isola, piazzandosi in 186^ posizione tra le 202 regioni prese in esame, è l’ultima tra le ultime. Segno che l’efficienza nella Pubblica amministrazione si conferma un “lusso” che l’Isola non riesce ancora a permettersi.

Anche il segretario dell’Anci Sicilia, Mario Emanuele Alvano, ha rilevato recentemente, nel corso di un’intervista al QdS, “l’inadeguatezza dell’apparato della Pubblica amministrazione locale, un’assenza di professionalità e di capacità nella gestione che si porta dietro di per sé l’incapacità di programmare e progettare e la difficoltà sul fronte del monitoraggio, della spesa e della rendicontazione”.

Un esempio pratico della mancanza di personale qualificato ce lo ha fornito sempre il segretario generale dell’Anci Sicilia, quando gli è stato chiesto come i Comuni si stessero organizzando per gestire le risorse del Recovery fund: “Se dobbiamo rimetterci al passo occorre un rafforzamento della ordinaria capacità: se un Comune non ha il ragioniere, la prima cosa da fare è dotarsi di questa figura, a prescindere che la norma lo consenta o no. Le norme si cambiano: si prevede che un Comune senza ragioniere non potrà mai funzionare in maniera decente. Lo stesso dicasi per gli uffici tecnici, dove si può valutare se sia eccessivo che ogni Comune debba avere le figure professionali dell’ingegnere, dell’ architetto. Se lo si ritiene eccessivo bene: prendiamoli nelle Unioni o a beneficio di un gruppo di Comuni un po’ più ampio, però prendiamoli”.

“Tutto questo – ha aggiunto Alvano – non basta perché sarebbe l’essenziale: occorre, se dobbiamo puntare sui fondi comunitari, che su questo versante si metta su una squadra che venga concretamente a dare una mano per diversi anni nei Comuni e che li supporti in tutte le fasi. Non possiamo stupirci che ogni volta non abbiamo i progetti: consentiamo che è una parte delle risorse previste proprio per le regioni dell’Obiettivo Convergenza vengano destinino proprio a rafforzare questa capacità. Consentiamo che non ci sia il paradosso che gestire le risorse comunitarie sia una fonte di rallentamento dell’attività ordinaria: se io ho poche risorse e in più le devo destinare alla gestione dei progetti probabilmente faccio acqua da tutte le parti. Se invece ho una squadra che mi supporta concretamente da dentro il Comune la cosa cambia”.

Ma anche dotando i Comuni delle professionalità necessarie resterebbe, però, la spinosa questione dell’alto numero di personale in servizio. Anzi, potrebbe addirittura venirsi a creare un altro paradosso, perché all’attuale esercito andrebbero aggiunte le nuove leve. Competenti sì, ma pur sempre nuove unità che farebbero lievitare il già cospicuo numero di dipendenti. E con i bilanci ingessati e molti Municipi sull’orlo del dissesto finanziario, questa rappresenterebbe una bella gatta da pelare.

Sfruttare la risorsa della formazione per ampliare le competenze specifiche

Performance online da migliorare, ma la pandemia ha cambiato tutto

Sul fronte della formazione del personale, il rapporto dell’Ifel piazza la Sicilia tra le Regioni con la copertura territoriale più elevata in termini di Comuni raggiunti (58,7%), insieme a Toscana (59,7%), Liguria (58,1%) e Umbria (51,1%). Le “peggiori” performance sono invece registrate da Friuli Venezia Giulia (9,8%) e Trentino Alto Adige (1%).

Per quanto ci si sforzi di migliorare la qualità del personale, le criticità però restano: serve dunque uno sforzo maggiore nel campo della formazione, che può essere fatto puntando anche, per esempio, su strumenti alternativi agli incontri in presenza.

Nel settore della formazione online si osserva ancora, infatti, una copertura minore rispetto alla più tradizionale formazione vis-à-vis: mentre – come detto – la formazione di presenza raggiunge quasi il 59%, con i webinar siamo ancora fermi ad una copertura del 43,1%. Una percentuale nettamente inferiore rispetto a quelle registrate in Toscana (65,2%) ed Emilia-Romagna (64,6%).

L’emergenza sanitaria che da mesi ormai stiamo affrontando dovrebbe far registrare, per il 2020, un sensibile aumento delle frequentazioni di seminari e corsi online, viste le restrizioni imposte da Governo e Regione sulle attività in presenza della pubblica amministrazione.

Solo i numeri dei prossimi report però potranno confermare – o smentire – se ci sia stata effettivamente una crescita della formazione online.

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