In Sicilia si tiene invece un conclave altrettanto criptico ed astruso, con regole non scritte in un partito a parole aperto ed inclusivo
A Roma c’è il Conclave importante, quello che deciderà il prossimo Papa è la direzione di marcia della più influente, anche se non più estesa, religione del mondo. In Sicilia si tiene invece un conclave altrettanto criptico ed astruso, con regole non scritte in un partito a parole aperto ed inclusivo, una volta si diceva contendibile. È quella strana forma assembleare che è il congresso del partito democratico siciliano.
Dopo moltissimi mal di pancia, riunioni urticanti, contestazioni aperte alla leadership regionale, interviste a colon aperto, alla fine non si trova nessuno che si candidi contro l’attuale, poco sopportato dal partito dei deputati regionali, il cosiddetto territorio, segretario regionale Anthony Barbagallo, riferimento della segreteria nazionale nell’isola. Il pluridecennale deputato Antonello Cracolici, the Red, non solo per il colore dei capelli ma per l’appartenenza ai Folena boss, si è tirato fuori, forse non volendo diventare il Cuperlo siciliano, non ne ha né la vena malinconica né il gentile sentimento del predestinato alla sconfitta onorevole.
Forse l’unico sfidante outsider è il giovane sindaco di Troina Fabio Venezia, proveniente dall’ex feudo del Barone rosso, il mitologico Vladimiro “Mirello” Crisafulli, un uomo mirabilmente radicato consensualmente più di Cuffaro in una provincia che ha eletto l’unico Presidente provinciale della sinistra, con netto voto trasversale, o forse nemmeno. Che non si inneschi una dimensione di leale e aperta contrapposizione congressuale denota asfittismo culturale e consociativismo inutile, tutti sono protesi a non dispiacere i manovratore di turno del PD nazionale, coloro che detengono il potere di cooptare i deputati nazionali, spesso sganciati dai territori. Nessuno si vuole precludere la candidabilità, per sé o per compagni di gruppo, perché teme, il maggioritario porta a questo, la vendetta del segretario di partito. L’uomo che ha dimostrato, con le preferenze, più consenso è Peppino Lupo, eletto al Parlamento europeo dopo essere proditoriamente escluso dalle liste regionali, ma proprio per questo ha già dato e vinto la buona battaglia, ed il suo spirito cislino gli impone misura e buon senso, cristianamente detta prudenza. Teoricamente lo sfidante in pectore dovrebbe essere il capogruppo all’Ars, l’ex giovane enfant prodige Michele Catanzaro, mai tenero verso Barbagallo, ma li la temperanza più che cristiana è girgentana, avrà consultato qualche oracolo al tempio della Concordia.
Tutto sembra già scritto dagli aruspici di greca ascendenza, niente Akragas contro Katanè ma pasta, temporanea, con le sarde, che a Sciacca si pescano abbondantemente. Certo un congresso va fatto, per dimostrare appunto la democraticità apparente del partito, per ammansire il popolo sul suo potere. Ricordiamo che la norma elettorale che ha drasticamente ridotto la capacità rappresentativa fu portata avanti con la gioiosa macchina da guerra ai tempi di Occhetto. Da allora tutto si è appiattito, niente più pluralismo ma solo contrordine compagni.