Insularità, il nodo irrisolto - QdS

Insularità, il nodo irrisolto

Dario Immordino

Insularità, il nodo irrisolto

venerdì 07 Maggio 2021

È ormai indubbio che l’insularità costituisca un freno allo sviluppo economico

È ormai indubbio che l’insularità costituisca un freno allo sviluppo economico e comporti un deficit di servizi ed opportunità.

Una recente risoluzione del Parlamento europeo riconosce la “condizione di svantaggio strutturale permanente” delle isole ed evidenzia la necessità di politiche pubbliche in grado di attrarre investimenti, creare nuovi posti di lavoro, ridurre i costi del trasporto di persone e merci, sostenere l’innovazione e la competitività del sistema produttivo locale, promuovere lo sviluppo territoriale attraverso investimenti nelle infrastrutture, riduzione della burocrazia, aiuti finanziari e regimi speciali di bassa tassazione. Ciò vale a maggior ragione per le isole situate alle frontiere esterne dell’Ue, particolarmente vulnerabili rispetto ai problemi concernenti l’evoluzione demografica, il cambiamento climatico, l’approvvigionamento energetico e l’esposizione ai crescenti flussi migratori.

Non a caso anche la normativa nazionale, che a lungo ha ignorato e ostacolato le rivendicazioni regionali, adesso riconosce che la condizione insulare incide sui costi e sui tempi di realizzazione delle infrastrutture, ostacola la crescita economica ed aggrava il divario di sviluppo con il resto del Paese, e che gli svantaggi dell’insularità rientrano, pertanto, tra gli squilibri economici e sociali che la Costituzione impone allo Stato di rimuovere, per garantire il soddisfacimento dei bisogni fondamentali e l’effettivo esercizio dei diritti.

Questi riconoscimenti dovrebbero preludere all’adozione di adeguate misure compensative: abbattimento dei costi delle tratte marittime, ferroviarie e aeree, realizzazione di infrastrutture essenziali, attribuzione di risorse per il finanziamento di servizi e prestazioni pubbliche, agevolazioni a valere sulla programmazione europea 2020-2027 e adozione di misure di fiscalità agevolata, come quelle utilizzate per sostenere lo sviluppo economico e il tenore di vita degli abitanti di alcune aree dell’Unione europea caratterizzate da analoghi svantaggi naturali e demografici.

Ad oggi, però, il gap siciliano resta praticamente inalterato, la spesa pubblica per investimenti in Sicilia non è aumentata, ed anzi negli ultimi anni si è ridotta di circa il 56 per cento, più che nel resto del Paese, mentre alla Regione sono state richieste sempre più risorse per contribuire al risanamento della finanza pubblica nazionale.

Un recente studio commissionato dalla Regione quantifica in circa 6,5 miliardi il “costo” dell’insularità, ma gli accordi finanziari tra Stato e Regione non fanno cenno ad interventi per compensare questo handicap.

Le iniziative recentemente assunte in Parlamento riguardano principalmente il costo delle tratte aeree e l’inserimento nell’ambito dello Statuto siciliano del diritto alla compensazione degli svantaggi derivanti dalla insularità. Tuttavia la penalizzazione nei collegamenti aerei costituisce soltanto uno degli svantaggi dell’insularità, e nemmeno il più rilevante, e la modifica dello Statuto richiede un percorso lungo, complesso ed articolato, che passa attraverso l’approvazione di una legge regionale e di una legge costituzionale da parte del Parlamento, e non può quindi prescindere da un’ampia maggioranza e da un largo e trasversale consenso politico.

Risulterebbe pertanto molto più proficuo attivare le prerogative e le garanzie riconosciute dalla normativa sul federalismo fiscale, che attribuisce alle regioni a statuto speciale il diritto di ricevere risorse adeguate a compensare gli svantaggi strutturali permanenti, i costi dell’insularità e i livelli di reddito pro capite inferiori alla media nazionale e a garantire un adeguato standard di prestazioni pubbliche, e prevede la realizzazione di interventi riguardanti le strutture sanitarie, assistenziali, scolastiche, la rete stradale, autostradale e ferroviaria, fognaria, idrica, elettrica, di trasporto e distribuzione del gas, le strutture portuali ed aeroportuali, i servizi di trasporto pubblico locale.

A causa delle note difficoltà della finanza pubblica queste norme non sono state attuate e la Corte costituzionale ne ha demandato l’attuazione a specifici accordi con lo Stato: la Sardegna, ad esempio, ha ottenuto, nell’ambito della legge di bilancio 2018, una norma che prevede “la definizione dei sistemi di aiuto applicati per le regioni ultra periferiche di altri Stati membri dell’Unione Europea”.

Per ottenere gli interventi e le misure necessarie a compensare la condizione di svantaggio della Sicilia sarà necessario fornire precise garanzie riguardo la razionalizzazione della spesa, la puntualità nella esecuzione delle infrastrutture, la realizzazione di riforme in grado di rendere più efficiente il sistema istituzionale, e probabilmente acquisire alcune delle funzioni che lo Statuto assegna alla Regione ma che attualmente vengono esercitate dalla burocrazia statale (sanità, istruzione ed Università, “regime degli enti locali”).
Si tratta, comunque, di contropartite che non intaccherebbero la specialità siciliana, ma la consoliderebbero, fornendo alla Regione gli strumenti per utilizzare al meglio i poteri e le risorse di cui dispone.

Dario Immordino
Componente del gruppo di lavoro sulla riforma della contabilità regionale istituito presso la Regione siciliana

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